Amnesty International: rapporto annuale 2013

Pubblicato il 28 Mag 2013 - 11:58pm di Redazione

Secondo Amnesty International le mancate azioni a livello globale rendono il mondo sempre più pericoloso per rifugiati e migranti

Amnesty

Mercoledì 22 maggio si è tenuta a Roma la conferenza sul rapporto annuale di Amnesty International, un’indagine sulla situazione dei diritti umani in 159 paesi, svolta nel corso del 2012.

Il rapporto denuncia un gravissimo disinteresse nei confronti della situazione soprattutto dei rifugiati e dei migranti, a cui la comunità internazionale si è interessata solo a livello formale, continuando “a invocare questioni d’interesse nazionale, preoccupazioni in materia di sicurezza e ordine pubblico, per giustificare le violazioni dei diritti”. Lo studio, che analizza la situazione in 159 paesi del mondo, prende in esame anche l’Italia, paese che secondo l’Organizzazione non governativa si sta distinguendo in Europa in maniera preoccupante per quanto riguarda la violazione dei diritti umani. Amnesty ha commentato la situazione italiana in questo modo: “Una progressiva erosione dei diritti umani, ritardi e vuoti legislativi non colmati, violazioni costanti e forse in aumento. Una situazione con molte ombre”.

In particolare per il nostro paese l’accordo Italia-Libia firmato il 3 aprile del 2012 dall’allora Ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri, e da quello libico, Fawzi Al-Taher Abdulali, “rischia di mettere a repentaglio” secondo il Presidente di Amnesty “la vita e l’incolumità di migranti e richiedenti asilo”.

La condizione dei rom in Italia ha continuato ad essere per tutto il 2012 fortemente discriminante. I residenti dei quartieri rom di Roma e di tutta Italia hanno continuato ad essere segregati nei campi, a volte sgomberati con la forza e lasciati senza una residenza adeguata. Non hanno ricevuto alcuna protezione da parte dello stato e non hanno visto riconosciuti i loro diritti di rifugiati e migranti o richiedenti asilo. Non si è riusciti inoltre ad adottare misure per impedire la violazione dei diritti umani da parte della polizia né a garantire l’accertamento delle responsabilità in tali casi di violenza. Le donne rom hanno continuato a subire violenze e in particolare sono rimasti diffusi per tutto il 2012 gli omicidi nei loro confronti.

Il rapporto spiega come nel corso dello scorso anno i diritti dei rifugiati e dei migranti in fuga dai conflitti, ma anche quelli di coloro in fuga dal proprio paese in cerca di condizioni migliori di vita per loro e per le loro famiglie, sono state violate dai governi che hanno dimostrato più interesse verso la protezione delle frontiere nazionali che a quella dei cittadini o di coloro che oltrepassavano le frontiere in cerca di un riparo o di migliori opportunità di vita.

Carlotta Sami, direttrice generale di Amnesty International Italia, che ha presentato a Roma l’edizione italiana del “Rapporto annuale 2013” pubblicata da Fandango Libri, ha dichiarato che  sono milioni i migranti che cadono nel ciclo dello sfruttamento, dei lavori forzati e degli abusi sessuali. Emigrando in paesi in cui chiedono rifugio, ma incappano spesso in realtà completamente contrastanti alle politiche dell’immigrazione. “Questa situazione chiama in larga parte in causa la retorica populista, secondo la quale rifugiati e migranti sono responsabili delle difficoltà in cui s’imbattono i governi nazionali”, ha commentato la Sami.

Medio Oriente e Nord Africa

La Siria è sicuramente al centro dell’attenzione del rapporto di Amnesty. Il conflitto armato tra le forze governative e quelle di opposizione è entrato nel suo terzo anno e continua a dilaniare il paese con le gravissime violazioni dei diritti umani e con i crimini di guerra. Crimini contro l’umanità commessi dal governo siriano (attacchi sulle zone abitate, torture ecc…) sono all’ordine del giorno in Siria. Gravissima è anche la situazione degli sfollati interni le cui abitazioni sono state distrutte dal conflitto dilagante e si ritrovano a vivere in condizioni spaventose sotto il profilo umanitario. Oltre ad essi, 600.000 persone sono fuggite nei paesi vicini nei quali continuano a vivere in condizioni inumane. “Con un’economia a pezzi, infrastrutture distrutte e nessuna prospettiva per la fine dei combattimenti, il futuro della Siria appare davvero tetro”, commenta il rapporto.

Nei paesi che hanno vissuto negli ultimi due anni la fine dei regimi dittatoriali la situazione è in molti casi migliorata. Egitto, Libia, Tunisia e Yemen grazie alla larga diffusione dei mezzi di informazione hanno ottenuto maggiori libertà. Non sono mancate però violazioni dei diritti umani in tutta la regione, in particolare nei confronti di attivisti per i diritti umani e dei politici che hanno continuato a subire una forte repressione a causa delle loro opinioni politiche.

Negli stati del Golfo la violazione delle libertà fondamentali dell’uomo è continuata senza sosta. In particolare in Bahrein, nonostante le riforme annunciate dal governo, sono continuati gli arresti dei dissidenti e di coloro che esprimevano le proprie idee,  compresi molti attivisti per i diritti umani.

In alcuni paesi come l’Arabia Saudita, le discriminazioni contro le donne continuano a rimanere impunite e molte donne sono state vittime di abusi domestici e di genere che hanno leso la loro dignità e che sono ben lontani dall’assicurare un’adeguata protezione contro tali violazioni.

La realtà di Israele e Palestina è rimasta invariata. Lo stato ebraico ha mantenuto il blocco militare sulla Striscia di Gaza e ampliato l’occupazione illegale nella Cisgiordania palestinese. Ad oggi ancora 1,6 milioni di palestinesi vivono a Gaza in condizioni di gravissima crisi umanitaria, subendo pesanti limitazioni di movimento. La campagna militare dello scorso novembre (Pilastro di Difesa) ha ucciso 160 palestinesi e sei israeliani.

Africa Subsahariana

I diritti umani in questa regione continuano ad essere fortemente ostacolati dai conflitti armati. La crisi del Mali è senza dubbio una delle realtà più preoccupanti per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani. All’inizio dell’anno 2012, tuareg e gruppi armati islamisti hanno iniziato una rivolta causata principalmente dal grande malcontento diffuso in tutta la regione. La povertà, la discriminazione e la mancanze di prospettive di vita soddisfacenti hanno fatto sì che queste rivolte innescassero un colpo di stato militare nella capitale del Mali, Bamako, che ha portato alla successiva divisione del Mali nell’aprile 2012. Il nord del paese è rimasto in mano ai gruppi armati. Gravissime torture e abusi di ogni tipo sono stati effettuati da parte dei gruppi armati tuareg nei confronti della popolazione e dei soldati catturati. Anche da parte delle forze di sicurezza del Mali le violazioni dei diritti non sono mancate. Sono state infatti compiute numerose esecuzioni extragiudiziali e bombardamenti sulle zone occupate dai tuareg. Sono stati 400.000 i maliani costretti a fuggire dalle loro abitazioni per tentare di mettersi in salvo.

In generale in tutta l’Africa, la corruzione e i conflitti dilaganti continuano a rappresentare una realtà spaventosa per gli africani. La pena di morte è stata comminata nel corso del 2012 da numerosi stati, nonostante siano pochi quelli che effettivamente l’hanno applicata. Il Gambia ha ripreso le esecuzioni dopo 30 anni.

 Americhe

Non si conosce una stima esatta delle violazioni contro l’umanità in alcuni paesi del continente, ma importanti passi avanti sono stati fatti nella richiesta di giustizia per le violazioni militari commesse nel passato. Tutto il continente sembra aver intrapreso nel corso del 2012 la giusta direzione verso il rispetto dei diritti. Negli Stati Uniti, unico paese che ancora la mette in atto, sono stati fatti grandi progressi per l’abolizione della pena di morte, il Connecticut è divenuto il 17° stato abolizionista.

In America Latina sono continuate le lotte contro le forme di discriminazione e violenza nei confronti delle donne, consolidate ormai nella società di alcuni paesi. Tuttavia a molte donne non è ancora garantito il diritto di scegliere in piena libertà, senza coercizione o discriminazione, se avere dei figli e quanti averne.

Asia e Pacifico

Continua in quest’area la repressione di molti governi nei confronti di coloro che decidono di esprimere pubblicamente la propria opinione. Sono state praticate, in molti paesi, vessazioni, aggressioni, incarcerazioni e spesso omicidi. In Vietnam sono stati incarcercati oltre 20 dissidenti non violenti (tra cui alcuni blogger e cantautori) con accuse relative alla sicurezza nazionale. In altri paesi si sono fatti passi avanti per eliminare dai loro codici la pena di morte. Tuttavia Afghanistan, Giappone, India, Pakistan e Taiwan hanno ripreso le esecuzioni dopo lunghe interruzioni.

Europa e Asia Centrale

L’Unione europea ha vinto nel 2012 il premio Nobel per la Pace, ma non è stata in grado di garantire protezione e sicurezza ai rifugiati degli stati membri né ai cittadini rom, arrivati a circa sei milioni. La Corte europea dei diritti umani ha subito più volte il rifiuto di molti stati di attuare le sue sentenze che hanno ridotto in questo modo il suo ambito di competenza.

La Turchia continua ad essere un paese in crescita, tuttavia non ha compiuto nel corso del 2012 importanti passi avanti per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani. Sono ancora moltissimi, infatti, gli incarcerati a cui non sono state garantite le libertà personali e di espressione.

La Bielorussia continua ad essere ai primi posti per quanto riguarda le violazioni dei diritti fondamentali dell’uomo, è continuato infatti il giro di vite a seguito degli eventi del 2011. La Bielorussia continua ad essere l’unico paese dell’Europa continentale ad esercitare ancora la pena di morte.

La realtà dei migranti e dei richiedenti asilo nei paesi europei si è fatta nel 2012 sempre più allarmante. Molti stati come la Grecia hanno limitalo l’afflusso dei migranti rafforzando controlli alla frontiera e ostacolando spesso i richiedenti asilo che in molte occasioni hanno rischiato la detenzione in condizioni denigranti e la violenza per mano di ronde di vigilantes xenofobi.

L’Ungheria si è distinta per la violenza contro i rom che continuano a subire vessazioni e discriminazioni in tutta la regione. Il governo, infatti, non ha ostacolato i gruppi di estrema destra che hanno continuato a inveire contro i residenti dei quartieri rom nella regione, intonando slogan razzisti e lanciando sassi ai residenti. Fenomeni questi alimentati spesso dall’inerzia della politica che produce vuoti legislativi in materia di diritti umani.

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