A Bolzaneto accantonato lo Stato di diritto

Pubblicato il 23 Set 2013 - 12:00pm di Redazione

La Suprema corte diffonde le motivazioni della sentenza su Bolzaneto dello scorso 14 giugno

Bolzaneto

Durante la riunione dei capi di governo dei maggiori paesi industrializzati, svoltasi nel capoluogo ligure nel luglio del 2001, i movimenti no-global e le associazioni pacifiste diedero vita a manifestazioni di dissenso seguite da gravi tumulti di piazza, con scontri tra forze dell’ordine e manifestanti.

Solo recentemente, ossia dopo ben dodici anni, la Cassazione ha finalmente chiuso l’ultimo dei processi riguardanti il G8 di Genova. Il giorno 10 settembre 2013 sono infatti state depositate dalla Suprema corte 110 pagine dove si spiega perché, lo scorso 14 giugno, siano state rese definitive sette condanne e quattro assoluzioni per gli abusi avvenuti contro i manifestanti. Ma i prescritti sono ben 37. Più di 300, invece, le persone che a Bolzaneto furono maltrattate, umiliate, picchiate e minacciate.

Sono stati giudicati definitivamente colpevoli l’assistente capo di Pubblica sicurezza Luigi Pigozzi (3 anni e 2 mesi, la pena più alta) – che allargò le dita della mano di un recluso fino a strappargli la carne – gli agenti di polizia penitenziaria Marcello Mulas e Michele Colucci Sabia (1 anno) e il medico Sonia Sciandra. Per quest’ultima la Cassazione ha ridotto la pena, assolvendola solo dal reato di minaccia. Pene confermate a un anno anche per gli ispettori della polizia Matilde Arecco, Mario Turco e Paolo Ubaldi che avevano rinunciato alla prescrizione. La pene sono quasi integralmente coperte da indulto.

Per quanto riguarda invece i reati contestati a 37 imputati, questi sono stati dichiarati prescritti ma comunque responsabili sul fronte dei risarcimenti. Risarcimenti che però non sarà facile ottenere dal momento che si è stabilito che dovranno essere rideterminati da un giudice civile per “assenza di prova”. Non dimentichiamo che la prescrizione è arrivata nonostante il ricorso della Procura di Genova che chiedeva di contestare agli imputati il reato di tortura, cosa che avrebbe scongiurato l’estinzione del reato. Reato che non è contemplato dal nostro ordinamento, infatti la lesione di “diritti umani” non è prevista dal nostro codice penale.

Quello sulle brutalità di Bolzaneto era l’unico grande processo relativo al G8 di Genova ancora aperto, e proprio sulla sua chiusura la Suprema corte si è espressa in vario modo nelle già citate 110 pagine. Si è palesemente trattato di un “clima di completo accantonamento dei principi-cardine dello Stato di diritto”. “Violenze senza soluzione di continuità” in condizioni di “assoluta percettibilità visiva e auditiva da parte di chiunque non fosse sordo e cieco”. I giudici di piazza Cavour denunciano come il “compimento dei gravi abusi in danno dei detenuti si fosse reso evidente per tutto il tempo, data l’imponenza delle risonanze vocali, sonore, olfattive e delle tracce visibili sul corpo e sul vestiario delle vittime”. Ecco perché, osserva la Quinta sezione penale, è “inaccoglibile la linea difensiva basata sulla pretesa inconsapevolezza di quanto si perpetrava all’interno delle celle, e anche nel corridoio durante gli spostamenti, ai danni di quei detenuti sui quali i sottogruppi avrebbero dovuto esercitare la vigilanza, anche in termini di protezione della loro incolumità”. Erano poi “ingiustificatii soprusi ai danni dei fermatinon necessitati dai comportamenti di costoro e riferibili piuttosto alle condizioni e alle caratteristiche delle persone arrestate, tutte appartenenti all’area dei no global”, si legge nelle motivazioni. Insomma, conclude la Suprema corte, le violenze commesse alla caserma di Bolzaneto sono state un “mero pretesto, un’occasione per dare sfogo all’impulso criminale”.

Un “trattamento” dei detenuti “gravemente lesivo della dignità delle persone” costrette a non mangiare e bere, a inneggiare al fascismo, a cui fu vietato anche di andare in bagno. “Un’atmosfera di soverchiante ostilità e di vessazioni continue“. “Furono negati cibo e acqua” ai giovani fermati. “Fu vietato loro anche di andare in bagno e dovettero urinarsi addosso“. “Vessazioni continue e diffuse in tutta la struttura” quelle a cui vennero sottoposti i no global reclusi. Non si trattò di “momenti di violenza che si alternavano a periodi di tranquillità, ma dell’esatto contrario“. Un clima violento che sfociò nella costrizione rivolta ai fermati di inneggiare al fascismo. “Non c’erano celle dove non volassero calci e pugni e schiaffi” al minimo tentativo di protesta.

BolzanetoSe da un lato gli abusi sono stati ammessi, dall’altro sono quasi tutti coperti da prescrizione e indulti. La cara vecchia “giustizia” all’italiana non fa sentire la sua mancanza. Durante quei giorni a Genova è mancata l’umanità. Il senso di umanità è venuto meno quando furono sparati lacrimogeni ad altezza d’uomo (molti dei quali contenenti un certo gas messo al bando denominato CS), quando anche la frangia più pacifica dei manifestanti fu colpita dalle cariche della polizia, quando un ragazzo di 23 anni trovò la morte in Piazza Alimonda, quando gli occupanti della scuola Diaz furono picchiati selvaggiamente, quando furono perpetrate violenze fisiche e psicologiche nei confronti delle persone fermate ed arrestate presso la caserma di Bolzaneto.

Se da un lato gli abusi sono stati ammessi, dall’altro sono quasi tutti coperti da prescrizione e indulti. La cara vecchia “giustizia” all’italiana non fa sentire la sua mancanza. Durante quei giorni a Genova è mancata l’umanità. Il senso di umanità è venuto meno quando furono sparati lacrimogeni ad altezza d’uomo (molti dei quali contenenti un certo gas messo al bando denominato CS), quando anche la frangia più pacifica dei manifestanti fu colpita dalle cariche della polizia, quando un ragazzo di 23 anni trovò la morte in Piazza Alimonda, quando gli occupanti della scuola Diaz furono picchiati selvaggiamente, quando furono perpetrate violenze fisiche e psicologiche nei confronti delle persone fermate ed arrestate presso la caserma di Bolzaneto.

«La più grave sospensione dei diritti democratici in un Paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale»: così Amnesty International ha definito e descritto l’operato delle forze dell’ordine durante il vertice italiano, rimproverandone l’eccessiva violenza.

A mio modo di vedere la cronaca ci fornisce fin troppi esempi di abuso di potere. I fatti di Genova, oltre a essere un esempio di eccessi, sono anche dimostrazione di come fin troppo spesso si cerchi di manomettere i fatti. In questa nostra società consumistica dove si tende a confondere la scala dei valori, dove un’auto bruciata sembra valere più della vita di una persona, abbiamo il compito di volere giustizia e di non permettere l’oblio.

Genova, dodici anni dopo. Abbiamo il dovere di ricordare. Perché dimenticare sarebbe come assolvere o lasciar cadere in prescrizione. Cosa che non dovrebbe succedere, almeno nelle nostre memorie.

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