La targa dell’INRI

Pubblicato il 31 Mar 2013 - 10:04pm di Redazione

In occasione delle feste pasquali un articolo sulla targa dell’INRI. Buone Feste a tutti!

INRI

Il padre Caelestis Eichenseer, nella rivista «Vox Latina» (tomo 36, anno 2000, fasc. 140, pp. 175/202), pubblica una sua vasta ricerca sulla targa di legno “INRI” che era stata affissa alla croce di Gesù, e che i Vangeli dicono recasse le parole «Gesù Nazareno re dei Giudei» scritta in Ebraico, in Greco, in Latino. La targa dell’INRI è conservata a Roma, nella basilica di Santa Croce in Gerusalemme, non lontano dalla basilica di San Giovanni in Laterano.

La targa dell’INRI – cm 25x14x2,6 – è stata portata in Occidente (prima a Bisanzio poi a Roma) da Elena, madre di Costantino; la quale si era recata in Palestina col figlio, quando questi decise di farvi edificare una basilica grandiosa, degna della nuova Fede. Dopo varie vicende la targa dell’INRI è stata sistemata nella basilica romana sopra ricordata. Esaminando il relitto si constata che le parole scritte in ebraico sono, quasi tutte, scomparse, tuttavia alcune lettere sono ben visibili; nella riproduzione, qui allegata, si possono vedere bene. Meglio conservate le parole della riga seconda, in caratteri e in lingua greca. Qui occorre leggere da destra a sinistra; l’ebraico si scrive così; il greco lo si scrive invece alla maniera nostra, da sinistra a destra. L’Eichenseer dice che probabilmente incaricato di eseguire la scrittura era un ebreo, il quale scrisse alla maniera ebraica anche il Greco e il Latino. Ben visibile, dunque, è la parola NAZARENUS. Quella I forse era l’inizio della parola IESOS o IESUS. Nella terza riga si legge bene NAZARINUS RE(X).

Come sempre, si potrebbe sospettare la presenza di un falso. Ma troppi elementi stanno a favore della autenticità. Il legno è molto antico, deteriorato dal tempo. Il modo della scrittura da destra a sinistra è tipico di un esecutore ebraico; sarebbe stato eccezionalmente astuto un falsario che avesse escogitato un dettaglio così sottile. Invece, non si può prestare fede a nessuno dei molti altri cimeli della passione sparsi nel mondo intero; sì, scale sante ce ne sono almeno tre, e tutte ancora con macchie di sangue…; di chiodi ce ne sono tanti che bastano a crocifiggere un reggimento di disertori; le spine abbondano anche nei rovai moderni: perché portarne tante dalla Palestina? Difficoltà irrisolte permangono per la Sindone conservata a Torino.

Giovanni Giraldi

Fonte:  Gesù, in Sistematica NN. 156-157, 2012, pp. 176-177


Altre notizie si possono leggere nel libro di Michael Hesemann, tradotto dal tedesco: Titulus crucis. La scoperta dll’iscrizione posta sulla croce (Ed. S. Paolo, 2000). Lo Hesemann nel testo greco legge Nazarenous anziché Nazarenos. Nella parte mancante della targa doveva essere scritto anche rex Iudaeorum e Iesus, o Iesos, o Iesoa.

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