Oscar Wilde e il suo essere onesto

Pubblicato il 24 Apr 2014 - 7:49pm di Emilia Abbo

Il teatro Quirino ha rappresentato L’importanza di chiamarsi Ernesto di Oscar Wilde, specchio di quella perbenista società vittoriana che determinò la sua rovina

Oscar Wilde

Al Teatro Quirino di Roma, la cui stagione 2013-14 si concluderà il 18 maggio, è stato rappresentato il classico di Oscar Wilde L’importanza di chiamarsi Ernesto, interpretato da Lucia Poli (Lady Bracknell), Geppy Gleijeses (Jack) e l’ex-gieffina Marianella Bargilli (Algernon), che nel suo androgino look ha vagamente ricordato Alfred Douglas, il giovane aristocratico che ebbe un peso fatale nella vita di Oscar Wilde.

La trama di questa commedia si può così semplificare. Algernon e Jack sono due amici tanto altolocati quanto bugiardi: Algernon si è inventato di avere un amico malato di nome Bunbury, che va ad ‘assistere‘ ogni qualvolta non ha voglia di partecipare ad eventi mondani, laddove Jack, tutore della giovane Cecily, fa finta di avere uno scapestrato fratello di nome Ernest, che puo’ andare a ‘tirare fuori dai guai‘ ogni qual volta vuole allontanarsi dalla sua esistenza in campagna. Ma non solo. Quando è in città, Jack afferma di chiamarsi Ernest, come il suo fratello immaginario. Catturerà il cuore di Gwendalyn, che adora questo nome,  ma incontra anche l’ostilità della madre della ragazza (Lady Bracknell) che lo rifiuta come possibile genero poiché le sue origini sono ignote. Algernon, nel frattempo, giunge nella residenza in campagna di Jack, presentandosi come Ernest (il fratello immaginario dell’amico), facendo cosi innamorare Cecily, a sua volta estasiata dall’idea di avere un fidanzato dal nome Ernest. I vari equivoci si scioglieranno soltanto quando si scoprirà la vera origine di Jack, che si rivelerà davvero fratello di Algernon, e davvero battezzato col nome di Ernest.

Oscar WildeIn questa commedia, che per le sue battute e situazioni paradossali prelude al teatro dell’assurdo, Oscar Wilde attacca le perbeniste convenzioni dell’alta società vittoriana (magistralmente rappresentate da Lady Bracknell) e la scarsa profondità delle ragazze da marito dell’ epoca. Gwendalyn e Cecily identificano, per assonanza, il nome ‘Ernest‘ alla parola ‘earnest‘ (che significa ‘franco, onesto‘) e ingenuamente pensano che l”affidabilità‘ di questo nome rifletta ed equivalga alle qualità interiori di chi lo porta. Di conseguenza, diventano l’antitesi della tragica Giulietta shakesperiana, che superava col sentimento ogni apparenza formale, e che affermava: ‘Quella che chiamiamo rosa con qualsiasi altro nome emanerebbe lo stesso dolce profumo‘.

L’importanza di chiamarsi Ernesto‘ fu l’ultimo lavoro teatrale dell’autore, e anche per questo viene definita ‘la commedia perfetta‘. Il debutto avvenne al St. James Theatre di Londra il 14 febbraio 1895. Tuttavia, nonostante lo strepitoso successo, venne presto sospesa, a causa di un processo che si stava svolgendo in quello stesso periodo, e che si concluse con la condanna di Oscar Wilde a due anni di carcere.  Il nome e l’immagine del drammaturgo, che aveva già raggiunto una notevole celebrità, venne tolta dai cartelloni pubblicitari, e nessun suo lavoro teatrale tornò in scena durante la sua vita, tranne la Salomé, allestita a Parigi nel 1896.

La sorte di Oscar Wilde, in un certo senso, richiama quella del suo stesso padre, un famoso ofalmologo irlandese (che divenne perfino l’oculista personale della regina Vittoria d’ Inghilterra) che venne accusato di avere usato violenza nei riguardi di una ragazza diciannovenne, che si chiamava Mary Travers. La questione si concluse col pagamento di un risarcimento, ma la fama del padre di Wilde fu per sempre distrutta. La madre dello scrittore era invece una poetessa irlandese d’ispirazione byroniana, che amava i salotti culturali e che appoggiava le ambizioni secessioniste dell’Irlanda dal regno britannico.

Dotato di una grandissima ironia, fin da ragazzo Oscar Wilde festeggiava il suo compleanno in gramaglie, per commemorare l’anno appena trascorso. Il Trinity College di Dublino  gli offrì una borsa di studio per proseguire i suoi studi ad Oxford, che lo mise anche, soprattutto per le sue doti poetiche, nell’albo d’oro della scuola. Appassionato di classici greci, nel 1876 (quando era ancora studente) Oscar Wilde giunse a Roma, dove venne ricevuto dal Papa Pio IX, al quale dedicò un sonetto. Oscar Wilde, da vero irlandese, si sentì sempre attratto dal cattolicesimo (che riteneva più autentico e meno formale dell’anglicanesimo) che però, allo stesso tempo, trovava troppo impegnativo per una natura ‘dandy‘ come la sua, dedita al piacere, e per la quale aveva sacrificato ‘la perla della sua anima‘.

Dopo la laurea, Oscar Wilde andò a vivere a Londra, stupendo la gente con piccole stravaganze, come quella di portare, assieme ai suoi ‘seguaci‘, un garofano verde all’occhiello (che non aveva alcun preciso significato ideologico, anche se lo scrittore, in quanto contrario ad ogni forma di autoritarismo, si definiva ‘socialista‘). Nel 1881, al ritorno da un viaggio negli Stati Uniti (dove aveva tenuto un ciclo di conferenze) conobbe Constance Lloyd, figlia di amici della madre, che lo colpì soprattutto per la sua natura intellettuale (pare che la ragazza leggesse anche Dante in italiano). Oscar Wilde si sposò nella chiesa di Saint James Paddington il 29 maggio 1884, e  dal matrimonio nacquero due figli, Cyril e Vyvyan, ai quali lo scrittore dedicò la raccolta di fiabe Il principe felice ed altri racconti (1888). Purtuttavia, durante il matrimonio, Oscar Wilde intraprese diverse relazioni omosessuali. Furono sicuramente questi incontri ‘clandestini‘ che ispirarono il suo romanzo capolavoro del 1890, Il ritratto di Dorian Gray, dove l’autore pone a confronto la statica immortalità della creazione artistica con la vitale ma corruttibile natura del corpo e dell’anima.

Nei salotti parigini, dove era al centro dell’attenzione per le sue argute conversazioni, il drammaturgo venne a contatto di importanti personalità, come ad esempio Emile Zola ed André Gide. Nel 1892 fu rappresentato Il ventaglio di Lady Windermere, e pare che sia stato proprio dopo questo applaudito spettacolo che Oscar Wilde vide per la prima volta Alfred Douglas. Quest’ultimo, a quanto pare, si rivolse al già celebre autore poiché aveva delle grane con un tale che voleva consegnare delle lettere compromettenti al padre. I due iniziarono una burrascosa relazione, fatta di reciproci abbandoni e ‘tradimenti‘, ed anche di uno spudorato sfruttamento economico da parte di Alfred. La relazione con Douglas (che Oscar Wilde chiamava affettuosamente ‘Bosie‘) mal si conciliava con la produttività letteraria dell’autore, e infatti fu soltanto in sua assenza che venne ultimato il romanzo Il fantasma di Canterville (1887) e l’opera teatrale Un marito ideale (1895).

Oscar WildeLa convivenza fra i due non sfuggì certamente ai benpensanti, anche perché Oscar Wilde stava ignorando il Criminal Law Amendment Act del 1885, che puniva severamente gli uomini che avevano rapporti sessuali fra di loro. Solo nel 1967 queste relazioni sono diventate legali in Inghilterra, e proprio il mese scorso, esattamente il 29 marzo 2014, sono state celebrate le prime nozze gay, approvate dal conservatore David Cameron (convinto che questa legge renderà ‘più forte la nazione‘), ed accolte di buon grado perfino dall’arcivescovo di Canterbury, il quale non esclude ‘una possibile apertura da parte delle istituzioni religiose‘ (La Stampa.it , 29 marzo 2014)

Nel 1895, sotto forte incoraggiamento di ‘Bosie‘ (che riteneva il tirannico padre responsabile per il recente suicidio del fratello) Oscar Wilde fece causa a Lord Queensbury, che gli aveva recapitato un bigliettino autografo un cui lo definiva ‘sodomita‘. Se il marchese venne assolto (nonostante vennero trovate testimonianze e prove inconfutabili delle sue affermazioni), lo scrittore venne invece trascinato sul banco degli imputati. Oscar Wilde affrontò questo secondo processo, che si aprì nell‘aprile 1895, con grande coraggio, e senza ascoltare chi gli suggeriva di fuggire all’estero. Il suo avvocato difensore, Edward Clarke, era un suo vecchio amico dei tempi di Oxford, e non pretese alcun compenso. Alfred venne indotto a non testimoniare contro il padre, pero’ durante il processo fu preso spunto da una sua poesia, che parlava dell”amore che non osa dire il suo nome‘. Interrogato a riguardo, Oscar Wilde paragonò questo sentimento a quello che esisteva tra Davide e Gionata, a quello che Platone mise alla base della sua filosofia, e che si può anche trovare nei sonetti di Michelangelo e di Shakespeare. Concluse poi affermando: ‘Non vi é nulla di innaturale in ciò‘.

Oscar WildeIl giudice Sir Alfred Wills fu colui che emise la sentenza definitiva, dichiarando le persone come Oscar Wildechiaramente sorde ad ogni sentimento di vergogna‘.  Subito dopo, gli stessi ‘filistei‘ che applaudivano lo scrittore nei teatri lo ricoprirono di ingiurie e di sputi. Oscar Wilde venne condannato a due anni di reclusione, e i giornali commentarono tale decisione come ‘la fine dell’estetismo‘, ovvero di quella ricerca ed esaltazione della bellezza che lo scrittore metteva a fondamento delle sue teorie letterarie.

Nel carcere di Reading, dove fu trasferito dopo un periodo di detenzione a Londra, Oscar Wilde lavorava ad un mulino a ruota e senza particolari impegni intellettuali, il che lo condusse a quella conoscenza del dolore che è alla base dell’opera intitolata De Profundis, ovvero una lettera datata 29 aprile 1895, il cui originale fu portato dal suo fedele collaboratore Robert Ross alla British Library di Londra, che inizialmente interdì questo documento al pubblico. Una copia venne invece consegnata al destinatario, Alfred Douglas. Oscar Wilde riallacciò i contatti con Alfred anche dopo la detenzione, giungendo con lui a Napoli, dove regalerà ad Eleonora Duse una copia di  Salomé, ma da dove sarà anche costretto a ripartire sia per mancanza di denaro che a causa dei pregiudizi della gente.

La moglie di Oscar Wilde, che nel frattempo aveva dovuto cambiare il suo cognome in nome della rispettabilità sociale ma che aveva sempre sperato di ricondurre il marito fra le mura domestiche, morì nel 1898, in seguito a un’operazione chirurgica. Oscar Wilde scomparve invece due anni dopo, povero e malato, in un piccolo albergo parigino. Prima di morire ricevette i sacramenti cattolici, ed espresse anche un ultimo desiderio, quello di bere una coppa di champagne. Nel 1909 le sue spoglie vennero trasferite da Bagneaux al cimitero di Père Lanchaise dove sulla sua tomba a forma di sfinge, che accoglie anche le ceneri del fedele amico Robert Ross, i visitatori lasciano l’ impronta di un bacio.

 

Citazioni ed aforismi di Oscar Wilde

– Talvolta si puo’ vivere per anni senza vivere affatto, e poi tutta la vita s’affolla in un’ora soltanto. (Vera, o i nichilisti, 1880)

-L’uomo puo’ credere nell’ impossibile, ma non crederà mai nell’ improbabile. (La decadenza della menzogna 1889)

 

Il critico come artista, 1889:

-La società spesso perdona il criminale, ma non perdona mai il sognatore. 

– L’ uomo è meno se stesso quando parla in prima persona. Dategli una maschera, e vi dirà la verità. 

– La bellezza ha tanti significati quanti umori ha l’uomo. La bellezza è simbolo dei simboli. La bellezza rivela tutto perché non esprime niente. 

– Niente che sia degno di essere appreso può essere insegnato. 

– Chiunque può fare la storia. Solo un grande uomo può scriverla.

– La persona che vede entrambi i lati di una questione non vede assolutamente niente.

– L’egoismo non consiste nel vivere come ci pare ma nell’esigere che gli altri vivano come pare a noi.

 

Il ritratto di Dorian Gray,  1891:

– Non esistono libri morali o immorali. Il libri sono scritti bene o scritti male. Questo è tutto. 

– Quando i critici dissentono tra loro, l’artista è d’accordo con sé stesso. 

– Ridere non è un brutto modo per iniziare un’amicizia, ed è senz’altro il migliore per terminarla. 

– Se uno è un gentiluomo, ne sa abbastanza;  se non è un gentiluomo, qualsiasi cosa sappia è per lui un male. 

– È sempre facile essere gentili con la gente di cui non ci importa nulla.

-Coloro che scorgono brutti significati nelle cose belle sono corrotti senza essere affascinanti. Questo è un errore. Coloro che scorgono bei significati nelle cose belle sono le persone colte. Per loro c’è speranza. Essi sono gli eletti: per loro le cose belle significano solo bellezza. (Prefazione)

– L’unica scusa per aver fatto una cosa inutile è di ammirarla intensamente. (Prefazione)

 

L’anima del uomo sotto il socialismo, 1891:

– Vivere è la cosa più rara del mondo. La maggior parte della gente esiste, e nulla più. 

– I peggiori sostenitori della schiavitù sono coloro che trattano bene gli schiavi.

– Chiunque può simpatizzare col dolore di un amico, ma solo chi ha un animo nobile può simpatizzare col successo di un amico.

 

Il ventaglio di Lady Windermere, 1892

– Lo scandalo è un pettegolezzo reso noioso dalla morale. 

– Un cinico è un uomo che conosce il prezzo di tutto ed il valore di nulla.

– Vivere è una cosa troppo importante per poterne parlare seriamente.

– È sciocco dividere la gente in buona o cattiva. La gente è o incantevole o noiosa.

 

Una donna senza importanza, 1893

– Lo scontento è il primo passo nel progresso di un uomo o di una nazione.  

– Non ci si dovrebbe mai fidare di una donna che dice la sua vera età. Una donna che dice una cosa simile, è capace di dire qualunque cosa.

 

Frasi e filosofie ad uso dei giovani, 1894

– Se si dice la verità si è sicuri, prima o poi, di essere scoperti.

– Essere immaturi significa essere perfetti. 

– L’ambizione è l’ ultimo rifugio del fallito. 

– Amare sé stessi è l’inizio di una storia d’amore che dura una vita.

 

– Nelle questioni di grande importanza è lo stile e non la sincerità che conta. (L’importanza di chiamarsi Ernesto, 1895)

 

Un marito ideale, 1895

– La spontaneità è una posa difficilissima da mantenere. 

– Un buon consiglio diamolo sempre a qualcun altro. È l’unica cosa da farne poiché non è di nessuna utilità per noi stessi.

-Le domande non sono mai indiscrete. A volte lo sono le risposte.

-Quando gli dei vogliono punirci accolgono le nostre preghiere. 

 

– Dietro la gioia ed il sorriso ci può essere un temperamento ruvido, aspro e scaltro. Ma dietro il dolore non c’è che il dolore. (De Profundis, 1895)

 

Interviste e conversazioni: 

– Le lodi mi rendono umile, ma quando mi insultano so di aver toccato le stelle. 

– La serietà è l’unico rifugio dei superficiali.

– La propria vera vita spesso é la vita che non si vive. 

Info sull'Autore

Per mettersi in diretto contatto con Emilia Abbo, inviare un' e-mail a: emilia_abbo@post.harvard.edu

Lascia Una Risposta