Un medico in famiglia vince con nonno Libero

Pubblicato il 8 Mag 2014 - 6:00pm di Emilia Abbo

La fiction Un medico in famiglia, giunta alla sua nona edizione, torna alla ribalta, con personaggi più o meno nuovi, e con il mitico nonno Libero che rappresenta i nonni d’Italia, nonché un’ anzianità armoniosamente vissuta

nonno Libero

La fiction Un medico in famiglia, che é arrivata alla sua nona edizione (con un totale di oltre duecentocinquanta episodi) ancora una volta non ha deluso il suo eterogeneo pubblico, raggiungendo finora la quota di quasi cinque milioni di telespettatori. Le varie vicende, che il pubblico ha ben impresse fin dalla prima serie del 1998, sembrano ormai accadere più a degli amici di lunga data che a dei personaggi immaginari. Del resto, gli stessi attori ‘storici‘ ammettono di avere due famiglie, quella della vita reale e quella del set.

La piccola Annuccia, che aveva solo tre anni ai tempi della prima edizione, l’abbiamo vista trasformare nella giovane Anna, fra i primi batticuori e le amicizie più o meno sincere. Dei gemelli Elena e Bobo, ormai in età adolescenziale, abbiamo vissuto con trepidazione l’emozionante nascita, che si svolse in un ascensore bloccato nella seconda edizione. Di Maria Martini abbiamo seguito passo passo la carriera, le crisi esistenziali, nonché la vita sentimentale, dai primi flirt alla vedovanza, fino al secondo matrimonio con il giornalista Marco. Abbiamo visto la pubblica ASL cedere lo scenario a una sofisticata clinica privata, con le relative problematiche che entrambe le realtà comportano.

nonno LiberoIl ‘nuovo‘ medico Lorenzo Martini (interpretato da Flavio Parenti) è un nipote di nonno Libero, che sopraggiunge dagli Stati Uniti per riprendere i contatti con l’ex-moglie e il figlio adolescente Tommy. Ma non solo. A un certo punto la memoria lo riporta a un concitato Pronto Soccorso, quando, proprio nel momento in cui avrebbe dovuto dimostrare più prontezza di riflessi, ha avuto una crisi di panico. Da allora, nonostante la sua ferrea preparazione teorica, Lorenzo non ha più toccato il bisturi. Non è difficile immaginare, anche se non si è ancora giunti all’ultima puntata, che il trauma verrà superato grazie a Sara Levi (ovvero la cognata di Maria Martini) che ha lasciato sia la carriera agonistica che il fidanzato non appena ha scoperto di essere affetta da un grave problema cardiaco, che Sara terrà nascosto ai familiari e che potrebbe essere risolto solo con una rischiosa operazione.

Il dramma umano si dipana quindi lentamente, accanto a quel senso di ‘leggerezza‘ che da sempre accompagna la versione italiana del formatTommy, il figlio di Lorenzo, che vive un rapporto conflittuale con entrambi i genitori, fa prevalere il suo lato più tenero nel momento in cui  si innamora di Giada, la ragazzina albanese che, pur di rivedere sua madre e il suo fratellino, si rende complice di alcuni mascalzoni, tradendo la fiducia della stessa famiglia Martini, che l’ha presa in affido. La ‘catarsi‘ di Giada avverrà quando i suoi ricattatori verranno arrestati e quando leggerà, dinanzi alla suggestiva terrazza del Pincio, una commovente lettera della mamma nel frattempo scomparsa, che la inviterà a lasciarsi voler bene, proprio come fa il paesaggio dinanzi a lei, che la consola e l’abbraccia.

nonno LiberoIl senso dell’accoglienza e il rispetto per le minoranze da sempre caratterizza casa Martini. Tutte le esistenze hanno lo stesso valore in questa fiction, a prescindere dalla provenienza geografica e dal ruolo sociale. La tavola attorno alla quale la famiglia quotidianamente si riunisce diventa simbolo di questa democraticità, dove per l’emarginato o lo straniero si aggiunge sempre una seggiola in più, dove i vari dialetti convivono pacificamente, e dove la colf (che in questa edizione viene rimpiazzata dalla un po’ ingenua e pasticciona Ave) riceve e dimostra lo stesso affetto di una mamma non sempre presente. Quando Anna si innamora del tatuatore Emiliano, il quartiere residenziale di Poggiofiorito (ricostruito negli studi di Cinecittà) crea un ponte con una zona periferica e malfamata della città, a dimostrazione del fatto che se si hanno pure intenzioni, non esistono confini o sogni irrealizzabili.

Il collante della famiglia rimane nonno Libero, che si barcamena e mantiene saldamente il suo ruolo in una famiglia super-allargata, dove il figlio Lele ha avuto ben sei figli come risultato di tre diversi matrimoni. Nonno Libero, soprattutto quando Lele non é presente (il che é generalmente dovuto ai tentativi dell’attore Giulio Scarpati di ‘liberarsi‘ dal suo personaggio) si trova spesso ad affrontare delle responsabilità e dei conseguenti dilemmi, come quello di decidere quanta libertà concedere a dei nipoti minorenni che vivono in una società moderna, ma che necessitano, nello stesso tempo, di una guida tradizionale. La giovanissima  Elena, ad esempio, conosce in ‘chat‘ un certo Edward (pseudonimo tratto dalla serie cinematografica Twilight, meglio conosciuta come ‘la saga dei vampiri‘). Solo in un secondo momento questo amico virtuale si rivelerà un suo compagno di scuola, figlio della rassicurante infermiera Tea. Purtuttavia, il fatto che i tentativi di Elena di incontrare lo sconosciuto Edward non vengano mai osteggiati, ma solo ‘controllati‘ a distanza, rivela come siano sottilmente equilibrati i metodi educativi proposti nella fiction. Non a caso, per la sua interpretazione di nonno Libero, l’attore Lino Banfi venne perfino ricevuto dal Papa Giovanni Paolo II.

Ma che ruolo ha il nonno nella famiglia italiana? E’ davvero come quello rappresentato da Un medico in famiglia?

Secondo un’inchiesta del settimanale Gente (che risale al 2011, e quindi nel pieno della crisi economica) ben sei milioni di nonni collaborano alla crescita dei nipotini, incidendo sul welfare e quindi contribuendo al loro benessere anche nel senso economico del termine. Ma non solo. Sono dieci milioni i nonni che vanno a prendere i nipoti a scuola e che si prendono cura di loro. Le statistiche di Eurispes, in collaborazione col Telefono Azzurro, riportano che tre bambini su quattro (dai sette agli undici anni) affermano di trascorrere molto o abbastanza tempo coi nonni (e considerando che non tutti i nonni vivono nella stessa città dei nipotini, il dato é assai significativo). Poiché quindi i nonni sopperiscono, in un certo senso, al ruolo di una baby-sitter, si suppone che siano anche attivi, dinamici, ‘automuniti‘ e in grado di fronteggiare le nuove tecnologie, come telefonini e Internet. I nonni sono quindi coloro che diventano aiuto-compiti e che giocano alla play-station, ma che condividono anche i propri ricordi del passato. Nonno Libero, ad esempio, parla spesso di quando ha salvato una famiglia di ebrei durante la seconda guerra mondiale e, quindi, rappresenta una di quelle preziose testimonianze che si possono ascoltare, coi loro precisi dettagli, da chi le ha direttamente vissute.

I nonni rivestono un ruolo talmente fondamentale e cruciale che, oltre a riunirsi in associazioni, hanno anche assunto nuovi diritti giurisdizionali. La legge 219/2012 stabilisce che i nonni hanno diritto a mantenere ‘rapporti significativi‘ con i nipoti. Ovviamente ciò non significa invadere il territorio genitoriale, ma mantenere il diritto alla visita, e quindi a trascorrere del tempo con il nipotino, anche qualora sussistano situazioni familiari che tendono a negare o sottovalutare la funzione parentale dei nonni. Questi ultimi, del resto, possono anche diventare affidatari in caso i nipoti minorenni rimangano orfani o vi siano situazioni tali da dichiararne l’adottabilità.

nonno LiberoAnche se i nonni, quindi, ricoprono un ruolo essenziale nell’ambito familiare, a volte il discorso cambia quando cercano diverse forme di gratificazione nell’ambito di una società che tende invece a ‘ghettizzarli‘ in appositi centri ricreativi, in apposite università, in apposite sale da ballo, in appositi luoghi di villeggiatura. Questo secondo aspetto della cosidetta ‘terza età‘ viene magistralmente evidenziato, nella fiction, da nonna Enrica, ovvero l’ex-consuocera che nonno Libero ha inizialmente sposato per ‘salvare‘ la sua pensione di ferroviere, ma che poi è diventata moglie a tutti gli effetti. Alla raffinata nonna Enrica non basta essere nonna, perché si sente più giovane della sua età, si sente trendy, è sempre aggiornata sulle mode del momento, ha sete di mille iniziative e di nuove conoscenze, ama il bridge, le lingue straniere e sogna Parigi, che rappresenta la massima espressione della gioia e della vitalità. La comicità di nonna Enrica, che si esplica sempre con ciò che per lei è ormai ‘inadatto‘, sfuma in un pirandelliano senso dell’umorismo, che nasce dal nostro metterci nei suoi panni, nel comprendere che ogni particolare in lei ‘buffo‘ (quali i cappellini sfiziosi) altro non è che un vano tentativo di rendersi bella dinanzi al tempo che passa, salvo il suo decoroso ricomporsi in uno sguardo malinconico, per evitare il rischio di diventare ‘patetica‘ o, nel migliore dei casi, ‘arzilla‘ (termine che, curiosamente, si addice soltanto alle persone anziane).

nonno LiberoNelle società primitive, il ‘vecchio‘ assumeva doti magiche e sacerdotali, e nella Cina antica era ritenuto capo indiscusso della famiglia. Nei poemi omerici l’anziano è esaltato e nella virgiliana Eneide celeberrima rimane la fuga di Enea da Troia in fiamme con il vecchio padre Anchise sulle spalle. La poetessa greca Saffo, nel VII sec. a.C,  già parlava del dramma dell’invecchiamento femminile, e Platone, nella sua Repubblica (390-360a.C.), delegava all’anziano il potere politico, che implicava anche il comando sui giovani. Il rispetto per l’anziano è presente nell’ebraismo (come rivelano diversi passi della Bibbia) e nell’antica Sparta, dove la senilità significava l’eroica sopravvivenza alle battaglie. Nell’antica Roma repubblicana gli anziani senatori detenevano un illimitato potere (a dispetto delle velleità ‘rottamatorie‘ dei nostri giorni!). Cicerone, nel 44 a.C., in Cato Maior. De senectute, in cui creava un diologo immaginario fra l’anziano Catone e i giovani Gaio Lelio e Publio Cornelio Scipione Emiliano, confutava i luoghi comuni che vigono tuttora sulla terza età, come la decadenza fisica, l’affievolirsi delle capacità intellettive, l’impossibilità di innamorarsi e di ricercare il piacere, la stranezza del carattere, nonché la tendenza alla tirchieria (difetto che la scrittrice francese Simone de Beauvoir, nel suo saggio La vieillesse del 1972, definirà una reazione ansiosa alla mancata gratificazione sociale, che si esplica nella ricerca di una qualsivoglia parvenza di potere).

nonno LiberoCon l’avvento dell’industrializzazione la capacità lavorativa dell’anziano è stata sempre più sottovalutata (e quindi si è maggiormente espressa nei campi delle libere professioni) e il pensionamento, introdotto in Francia all’inizio dell’Ottocento, ha senza dubbio contribuito ad un senso di precoce ‘improduttività‘. I trasferimenti dalla campagna alla città hanno causato la disgregazione di ampli nuclei familiari, e quindi potenziato il senso di solitudine degli anziani. La scrittrice inglese Virginia Woolf, nel saggio Una stanza tutta per sé (1929) evidenziava le mancate gratificazioni, soprattutto sul piano intellettuale, ma anche economico e sociale, delle ‘figlie devote‘, ovvero di quelle donne che, a volte anche costo di rimanere nubili, si prendevano cura degli attempati genitori, assicurando loro una signorile permanenza all’interno delle mura domestiche.

Nei paesi orientali sussiste un grande rispetto per l’anzianità, al punto tale che anticamente si cercava di prolungarla attraverso pozioni e magie. Secondo la filosofia buddista invecchiare significa risvegliarsi da una condizione in cui tutti gli altri sono come addormentati, e raggiungere quindi una sorta di ‘illuminazione‘. L’anziano si sta depurando da uno stato di sofferenza causato dalle passioni della gioventù, e sta quindi effettuando un salto di qualità (proprio come un bruco che si trasforma in farfalla), elevandosi spiritualmente verso quel Tutto che corrisponde a verità e saggezza. La medicina indiana ayurvedica (il cui significato etimologico, dal sanscrito, è ‘scienza della longevità‘)  non auspica un artificiale ringiovanimento del corpo (qual è la nostrana cultura del ‘lifting‘), ma semmai un’armonica evoluzione psico-fisica, che deve compiersi durante l’intero arco della vita.  Sotto questo punto di vista, l’anzianità non è un handicap, ma una naturale stagione dell’esistenza umana, e non meno significativa delle precedenti..

Nonno Libero, a parte qualche problemino di cuore che riesce a gestire brillantemente, per fortuna è partecipe e attivo, ma che cosa avviene quando si verificano situazioni che nella fiction, per fortuna, vengono solo scherzosamente evocate, ovvero quando i nonni non sono più autosufficienti, o gravemente malati?

nonno LiberoUn film che ha saputo trattare con grande maestria tale situazione è La stanza di Marvin (1996), diretto da Jerry Zaks, dove il giovane Hank, interpreto da un esordiente Leonardo di Caprio, è un ragazzo difficile, psicologicamente labile, che riesce a ricostruire un suo equilibrio solo ritrovando le sue radici parentali, e quindi prendendosi cura, assieme alla madre Lee, prima della zia leucemica Bessie e poi dell’invalido nonno Marvin, confinato in un letto e incapace di relazionarsi con gli altri.  La mamma di Hank, interpretata dalla bravissima Meryl Streep, rappresenta quei figli che, soprattutto se vivono distanti o hanno già formato a loro volta una famiglia, non riescono ad assistere i componenti più fragili della famiglia, e quindi si sentono talvolta oggetto di critica, per via di scelte che non hanno a che fare con la loro fondamentale buona fede. Inizialmente Lee fraintende il vero significato di realizzazione personale, pensando che ciò voglia soltanto dire coltivare delle ambizioni o venire a capo con le conseguenze di un divorzio, laddove in un secondo momento comprende che con questo concetto si indica soprattutto una dedizione disinteressata e in nome di un’unità familiare che prescinde dal tipo di legame parentale che sussiste fra gli elementi che la compongono.

Molti genitori, come abbiamo già illustrato, favoriscono un contatto anche quotidiano fra i loro bambini e i nonni, ma soltanto finché questi ultimi sono in grado di occuparsene. Nel momento in cui i nonni diventano troppo anziani o malati, il rapporto coi nipotini automaticamente si dirada, come se questi ultimi potessero in qualche modo rimanerne turbati, o non potessero più vivere pienamente la loro infanzia. Tale atteggiamento è invece controproducente, perché tanto più il nipotino è abituato a frequentare il nonno e tanto più ne sentirà la mancanza nel momento in cui dovrà allontanarsene. Del resto, la vera perdita, e la sofferenza che ne consegue, non è rappresentata da una separazione forzata come la morte, che nulla toglie al sentimento autentico che una persona prova per noi, ma semmai da una separazione che avviene in vita e per mano di coloro di cui più ci si dovrebbe fidare. Dividendolo dal nonno malato, si instillerà nel nipotino l’errato concetto che la vita umana sia alla stregua di un giocattolo, da trattare con cura e considerazione finché  nuovo, e da buttare via non appena diviene logoro e sbiadito.

Ma per quel che riguarda il vispo nonno Libero, per fortuna, questa é un’altra storia.

Info sull'Autore

Per mettersi in diretto contatto con Emilia Abbo, inviare un' e-mail a: emilia_abbo@post.harvard.edu

Lascia Una Risposta