Emigrazione: cancrena per l’economia calabrese

Pubblicato il 11 Set 2013 - 6:00pm di Ignazio Russo

Crisi ed emigrazione in Calabria

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La Calabria sente notevolmente gli effetti della crisi, molto di più che in altre regioni d’Italia. Il motivo è che, la maggior parte delle forze giovani e produttrici, sono andate via per lavorare nelle città del Nord. Questo indice di emigrazione altissimo, crea gravi problemi di ordine economico e soprattutto sociale, anche perché questo tipo di esodo è, certamente, diverso da quello che la Calabria ha subito negli anni Cinquanta e Sessanta, del secolo scorso. Allora partivano soltanto i capo famiglia, che con le loro rimesse hanno permesso di sviluppare l’attività edilizia e far crescere tutto il suo indotto. Adesso sono i giovani, i diplomati, i laureati che vanno via dalla Calabria assieme a tutto il nucleo familiare.

Questa emigrazione, dunque, impoverisce i già poveri nuclei sociali, specie nei piccoli centri urbani e nei comuni montani, degli elementi migliori e dei più giovani i quali, con l’entusiasmo di cui sono dotati, sono gli unici capaci di smuovere dal pantano dell’apatia le popolazioni locali e di avviare un qualche processo evolutivo. L’emigrazione ha portato quindi, a uno spopolamento dalle campagne, dalle marinerie e dalle botteghe artigiane: luoghi dove, un tempo, l’attività lavorativa era molto redditizia.

In Calabria notiamo che, nella maggior parte dei terreni collinari e montani, permangono gravi condizioni di assenza umana da cui si nota un paesaggio addirittura pauroso: terreni dissestati, pascoli rimboschiti, piante rinselvatichite, case abbandonate, diventate rifugi di animali dove questi si riproducono a dispetto di tutte le leggi di natura. Soltanto qualche anziano pensionato continua a lavorare la terra, ancora, con metodi arcaici e non può competere con quella specializzata e meccanizzata di altre zone. Sulla spiaggia l’attività ittica, un tempo molto redditizia, ha pure tremendamente sentito l’esodo migratorio dei propri addetti ai lavori. Infatti, notiamo che molte barche sono state tirate a “secca“. Altre invece vengono vendute dai proprietari, perché non riescono a gestirle economicamente per l’assenza di pescatori, per cui la “ciurma” non riesce a formasi, per poter impostare un certo tipo di pesca redditizio.

Non è concepibile che con le agevolazioni e gli incentivi che lo Stato ha approntato per questa classe operaia che s’identifica, anche, col territorio delle coste calabresi, si rischia di farla scomparire. È necessario, pure, ridare vitalità all’attività dei piccoli artigiani, dei centri minori della Calabria, che sta quasi scomparendo. Non possiamo dimenticare che, prima dell’emigrazione, essa è stata sempre fonte di reddito per molte famiglie ed anche un valido richiamo turistico. Gli uomini politici e gli amministratori dovrebbero, finalmente, prendere atto di questa triste realtà e agire per tentare di alleviarla. E’ necessario lavorare tenendo sempre presente, come meta, la riduzione progressiva di questa fuga di forze giovani.

Info sull'Autore

Ignazio Russo ha iniziato l’attività di corrispondente con le testate giornalistiche: "Parola di Vita" della Curia Diocesana di Cosenza, "La Calabria", "Corriere della Sibaritide", "Il Gazzettino del Crati", Agenzia di stampa "Rotopress", "Oggi Sud", "Il Tempo", "Il Corriere dello Sport-Stadio". E’ stato anche intervistatore autorizzato dell’istituto "Doxa". Ha collaborato con Luigi Veronelli nella rubrica Gastronomia per "Il Giorno" e con Gustavo Valenti per la rubrica "Paese che vai", prodotto dalla RAI. Attualmente è addetto stampa dell’Associazione professionale cattolica di insegnanti, dirigenti e formatori (UCIM). E’ docente di Scienze Motorie e Sportive ed autore del testo scolastico per i licei e gli istituti superiori “Il movimento è vita".

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