Le tradizionali feste religiose dell’estate romana

Pubblicato il 30 Ago 2018 - 5:02pm di Emilia Abbo

Anche quest’anno nella capitale ci sono state alcune tradizionali feste religiose che si svolgono durante l’estate, e che offrono un diverso sapore alla dispersiva metropoli.  Il 24 giugno la festa di San Giovanni precede quella patronale di San Pietro e San Paolo (29 giugno).  La trasteverina festa de’ Noantri (che inizia il 16 luglio) è poi seguita dalle celebrazioni per la Madonna della Neve il 5 agosto all’ Esquilino. Le cerimonie per la notte di San Lorenzo (10 agosto) si concentrano invece nei pressi dell’omonima basilica al Verano e fra le strade della città universitaria. La lunga estate romana (nel senso climatico del termine) chiude i suoi battenti a fine settembre, con la processione della Madonna del Pozzo, che si snoda dalla grande arteria di via del Corso per confluire nelle stradine intorno alla fontana di Trevi.

La festa di San Giovanni (24 giugno)

La festa di San  Giovanni (24 giugno), pur essendo una delle ricorrenze più sentite ed importanti, nella capitale ha stranamente perso il suo caratteristico spirito popolare, che si esprimeva nell’area della basilica di San Giovanni in Laterano (intitolata sia al Battista che all’apostolo), e che è anche definita ‘madre di tutte le chiese’, poichè le sue origini risalgono al papato di Milziade (310-314) ovvero a quando il cristianesimo era stato appena legalizzato con l’editto di Costantino (quest’ultimo donò al Papa i terreni appartenenti alla famiglia dei Laterani,  dopo che erano stati in un primo tempo confiscati da Nerone). La basilica sorse contemporaneamente al suo battistero, dove si dice che lo stesso Costantino venne purificato dal peccato originale da Papa Silvestro I. Dalla loggia di questa basilica, nel 1300, Bonifacio VIII proclamò il primo giubileo, e l’evento fu raffigurato da Giotto in un dipinto del quale rimane solo un frammento. Durante il giubileo del 1600 venne invece costruito dal perugino Luca Biagi, per volere di Papa Clemente VIII, l’organo più grande d’Europa, che fu utilizzato anche la sera del 24 giugno 1749, quando venne offerto, all’interno della basilica,  il concerto In nativitate S. Ioannis Baptistae.  Lo spartito di questo evento musicale è stato ritrovato di recente dal direttore del coro della basilica, e riproposto al pubblico il 24 giugno del 2016.

La festa romana che celebra la nascita di San Giovanni Battista affonda in una tradizione antichissima e pre-cristiana. Nella Roma pagana il 24 luglio si festeggiava la Dea Fortuna, che venne introdotta dal sesto Re di Roma Servio Tullio, e che era rappresentata con gli occhi bendati e casuale dispensatrice di ricchezza ed abbondanza. La festa del 24 giugno veniva celebrata nel tempio a lei dedicato che si trovava presso il Tevere, nei giardini che Giulio Cesare aveva lasciato alla popolazione romana.  La plebe giungeva in questo luogo e dopo aver fatto sacrifici alla dea trascorreva una giornata fra pic-nic, allegre bevute e gite in barca.

Quando i romani vennero a contatto coi celti (che festeggiavano a loro volta il solstizio d’estate) assorbirono altri elementi, come quello dell’accensione di fuochi nelle campagne, di trarre presagi e di raccogliere piante magiche, che nella festa cristiana si limitano all’ ‘erba di San Giovanni’, ovvero alla pianta curativa dell’iperico, che nel mese di giugno ha la sua massima fioritura.

La festa popolare capitolina fu particolarmente animata durante l’Ottocento,  quando gli abitanti di ogni rione, dopo aver sparso sale e lasciato scope sulla soglia di casa, nonchè facendo un gran fracasso con trombe, campanacci e petardi, giungevano a San Giovanni in Laterano. Secondo la credenza popolare, infarcita di superstizione, le due principali responsabili della decapitazione di Giovanni Battista (Erodiade e Salomè)  sarebbero diventate streghe, e la notte fra il 23 ed il 24 giugno, ovvero durante la notte più lunga dell’anno, avrebbero girato la città con altre ‘colleghe’ per catturare le anime. Un’altra versione della profana leggenda vuole che le malefiche donne quella notte sorvolassero la città per dirigersi verso Benevento, dove avrebbero svolto una danza intorno ad un secolare noce (ed è per questo che in occasione di questa festa si usa raccogliere le noci ancora racchiuse nel loro mallo per preparare il nocino, un liquore digestivo). Come protezione dagli influssi magici, ogni abitante portava con sè anche un fiorellino da benedire, e poi metteva nei cassetti della biancheria delle spighette di lavanda, che viene ancora di questi tempi venduta in piccoli sacchetti per le vie del quartiere. La festa terminava alle prime luci dell’alba, quando giungeva il Pontefice, il quale, dopo aver celebrato la messa, si affacciava alla loggia della basilica lateranense e lanciava al popolo monete in oro ed argento.

Col tempo la tradizionale ricorrenza assunse un sapore più ‘gastronomico’, poichè la notte fra il 23 ed il 24 giugno si usava anche mangiare le lumache, le cui corna rappresentavano ansie e dolori da esorcizzare, ed il cui contenuto del guscio, come avveniva nella mitica cornucopia, era invece simbolo di eterna e rinnovata abbondanza.

La festa di san Pietro e Paolo (29 giugno) 

San Pietro, a cui Cristo diede l’incarico di essere la ‘pietra’ su cui fondare la sua chiesa universale, ed a cui vengono anche simbolicamente affidate le chiavi del Paradiso,  è sepolto nella basilica Vaticana. La sua festa viene celebrata assieme a quella di San Paolo, poichè entrambi vennero martirizzati per ordine dell’ imperatore Nerone. Tuttavia, se San Pietro venne crocifisso nel 64 d.C. nel circo di Caligola, San Paolo venne invece decapitato nel 67 d. C. nella zona delle Tre Fontane, sulla via Laurentina, dove attualmente esiste un santuario mariano ed un’ antica abbazia di monaci trappisti. In questo luogo vennero anche individuati i tre punti in cui si pensava che la testa del martire fosse rimbalzata, facendo sgorgare tre fonti di acqua cristallina (la prima calda, la seconda tiepida, la terza fredda). Il fatto che l’uccisione di San Paolo avvenisse proprio in quest’area (anticamente chiamata ‘Acque Salvie’) è testimoniato dagli Acta Pietri e Paoli, un documento risalente al V secolo di origine greca, e da una lettera inviata dal papa Gregorio Magno al diacono Felice nel 604.

I due santi vengono festeggiati quel giorno anche perchè  questa data è legata all’antica festa romana dedicata al dio Quirino nella quale (in un tempio che si trovava sul monte del Quirinale) venivano celebrati i due gemelli Romolo e Remo, diventati protettori della città una volta ricongiunti in Cielo dopo la morte di entrambi (secondo Plutarco, Romolo venne ucciso da una congiura senatoriale). Papa Leone Magno, nel secolo V, rammentò come i due santi Pietro e Paolo meritassero più onore di Romolo e Remo, che erano stati esempio di rivalità fra popoli (romani e sabini) e di lotta fratricida, quindi i due martiri cristiani vennero eletti come veri pastori evangelici e degne colonne portanti della città, della quale sono entrambi patroni.

Fin dal 258 alcuni vescovi della città il 29 giugno indossano il pallio, una specie di sciarpa di lana bianca che rappresentava l’unione fra la chiesa universale e quelle locali. Quel giorno il Papa bacia il piede della statua bronzea di San Pietro (opera di Arnolfo di Cambio) che si trova all’interno della basilica di San Pietro, e che in questa ricorrenza viene vestita col piviale rosso, ovvero col mantello da pontefice. Già dal pomeriggio del 28 giugno si svolge invece in piazza San Pietro e dintorni l’infiorata, una tradizione che ha quattrocento anni di storia ed in base alla quale fiorai provenienti da ogni parte del mondo compongono suggestivi ed elaborati quadri floreali con disparate tematiche.

Durante il rinascimento la notte del 29 giugno una grande girandola veniva bruciata a Castel Sant’Angelo, mentre l’ esterno dell’ intera basilica di San Pietro (che era collegata alla fortezza da un passaggio segreto chiamato ‘il passetto’) veniva illuminata da tantissime fiaccole. Nel 2006  (in occasione dei cinquecento anni della guardia svizzera pontificia) è stato organizzato per la prima volta uno spettacolo pirotecnico volto a ricordare quella storica tradizione. Dal 2016 i fuochi d’artificio vengono invece lanciati dalle terrazze del Pincio, laddove Castel Sant’Angelo ha invece offerto (nel suo cortile dedicato ad Alessandro VI) un interessante appuntamento musicale.

Al tramonto del 29 giugno si svolge anche la processione che porta con sè, racchiusa in una teca di vetro, la catena di San Paolo, formata da quattordici anelli di ferro, custodita nella basilica di San Paolo Fuori le Mura, che viene indicata come il luogo in cui il santo venne sepolto.  All’epoca questa zona (al secondo miglio della Via Ostiense) era un esteso cimitero a cielo aperto, e si tramanda che fu grazie ad una matrona di nome Lucina se il martire venne onorato con una degna sepoltura. Fu poi l’imperatore Costantino, nel IV secolo, a porre le prima fondamenta dell’imponente basilica, che all’epoca della sua consacrazione (ad opera del Papa Silvestro I) era solo un piccolo edificio a tre navate, nel quale venne trasferita la tomba del santo (tuttora posta sotto l’altare centrale). Nel 391 la chiesa venne ampliata e rimase pressochè invariata fino al 1823, quando subì un devastante incendio. La riedificazione iniziò nel 1825 con Papa Leone XII (il quale emanò un’enciclica) e vi partecipò perfino lo zar Nicola I ed il vicerè d’Egitto.

La basilica di San Paolo onora anche San Pietro, nel senso che questa basilica è nota anche per i ‘medaglioni’, ovvero per i tondi mosaici sullo sfondo dorato che raffigurano tutti i Papi della storia, dei quali San Pietro è stato il capostipite. Questa idea di ritrarre i pontefici consecutivamente ed in ordine cronologico era già presente nell’antica basilica costantiniana, e venne ripristinata nel 1847 grazie a Papa Pio IX.

Il 29 giugno la zona intorno alla basilica di San Paolo si anima come una vera e propria fiera di quartiere, con bancarelle, ‘biergartner capitolini’ nonchè tanti palloncini luminescenti per i più piccoli, che faranno da sfondo ai fuochi d’artificio delle 23, gioiosamente attesi anche da coloro che sono appiedati e con i bus deviati, e che non si sono demoralizzati nemmeno dinanzi alla nutrita fila per accedere alla messa delle 18, con il suo suggestivo coro. Il vescovo celebrante quest’anno ha paragonato i due santi alle due colonne portanti di una chiesa, che coi loro rispettivi architravi cercano ‘spazi con Dio e comunicazione con gli uomini’.

Anticamente le celebrazioni religiose per San Pietro e San Paolo erano svolte il giorno 29 laddove il 30 giugno  veniva dedicato ad una scampagnata fuori porta, durante la quale si poteva sostare nelle osterie pagando solo una specie di tassa (lo scommodo) e portando da casa il fagottino con le vivande.

La Festa de’ Noantri (dal 16 luglio)

L’antica festa de’ Noantri (ovvero ‘ di noialtri’) riguarda il quartiere romano di Trastevere e si estende per circa tre settimane. Questa tradizionale manifestazione religiosa continua ad attirare centinaia di romani provenienti da ogni parte della città, ed anche molti turisti, parecchi dei quali si uniscono al popolo cittadino poichè incuriositi dalla grande aspettativa della gente ed anche dalla chiusura del traffico, che riguarda anche autobus e tram per circa un’ora o due.

Le origini di questa festa risalgono al 1535, quando la statua della Madonna, scolpita in legno di cedro, venne rinvenuta alla foce del Tevere da alcuni pescatori provenienti dalla Corsica (non a caso, una confraternita corsa ha partecipato alla suggestiva celebrazione cantando nella propria lingua). La Madonna Fiumarola è anche chiamata ‘Madonna del Carmine’ poichè venne donata ai carmelitani della basilica di San Crisogono, e poi collocata in un oratorio fatto appositamente costruire da Scipione Borghese. Nel 1980, per esigenze di natura urbanistica, la venerata effigie venne trasferita nella chiesa di San Giovanni dei Genovesi, e poi nella chiesa di Sant’Agata, che è la sua ‘dimora’ attuale. La festa de’ Noantri inizia quindi il 16 luglio, il giorno della Beata Vergine del Monte Carmelo, e si estende poi per circa due settimane.

Una novità di quest’anno è stato il fatto che la coronata statua, sabato 21 luglio, è stata portata in processione per le via di Trastevere (sul suo massiccio e pesantissimo baldacchino) con un abito firmato Gattinoni, e personalmente vestita dal popolare stilista Guglielmo Mariotto, che ha preso anche lui parte al religioso corteo affiancando la prima cittadina Virginia Raggi. Come ha sottolineato Mons. Gianrico Ruzza durante l’omelia della messa delle 16, 30 a San Crisogono, questa scelta non è stata certamente fatta per dare un tocco di mondano glamour ad un evento così  sacro, ma semmai per ricordare che anche Maria è un simbolo di femminilità, ovvero rappresentativa di una grazia materna che fa parte di ogni donna e che sopravvive nei secoli, seppur non sempre rispettata  dall’universo maschile. Non a caso, sulla cintura dell’abito in seta (bianco come una nuvola e con un gran mantello di velluto rosso ricamato in oro) è stata apposta questa frase: ‘homines dolent violentia adversus mulieres’. Il vivace corteo religioso è passato anche nei pressi di Piazza San Cosimato, dove sono riprese le proiezioni cinematografiche (quella sera si attendeva il classico Disney ‘Bianca e Bernie’) nonostante  la gran difficoltà, da parte degli indipendenti organizzatori (provenienti dal vicino cinema America) di ottenere nuovamente il permesso comunale per occupare il relativo spazio pubblico.

Sempre alla presenza delle autorità, si è poi arrivati alla festa conclusiva di domenica 29  luglio, che racchiude il momento forse più emozionante di questo evento. Verso il tramonto, al primo accendersi delle luci sul Tevere, la Madonna Fiumarola arriva sulla sua barchetta, partita circa due ore prima dal circolo canottieri Lazio di Fiumicino. La statua viene sempre accolta da un’animata folla, che già dal primo pomeriggio inizia ad assieparsi alla rigenerante ombra dei platani che costeggiano il Lungotevere. Se lo scorso anno la tanto attesa statua è riuscita a sorvolare immune i fondali bassi causati dalla siccità  (l’allerta della capitaneria di porto aveva tenuto tutti fino all’ultimo col fiato sospeso), quest’anno invece non era del tutto escluso che la pioggia, coi suoi improvvisi temporali, avrebbe potuto rovinare la festa.

Invece, una volta approdata e salita su Ponte Garibaldi (Calata degli Anguillara) la Madonna Fiumarola (che in questo frangente è adorna di azzurro-come lo scorso anno- oppure di bianco-come quest’anno) ha iniziato ad avviarsi, con la multitudine dei fedeli al seguito, verso la Basilica di Santa Maria in Trastevere,  attraverso bancarelle, street-food, tavolini affollati ed esibizioni di artisti itineranti (con anche il popolare ‘festival’ della canzone romana).

La basilica di Santa Maria in Trastevere venne edificata da Papa Callisto I (217-222) nel luogo in cui sgorgò olio dal terreno, e resa nel suo attuale splendore soprattutto grazie al Papa Innocenzo II (1130-1143).  Quando i Papi tornarono da Avignone, per un periodo soggiornarono anche in questa basilica, sul cui catino absidale si raffigura una processione, che però secondo l’avvalorata tesi dello studioso Ernst Kitzinger non ha nulla a che fare con questa in onore della Madonna Fiumarola, bensì con le celebrazioni che venivano svolte in epoca medioevale per la festa dell’ Assunta, ovvero quando l’immagine del Salvatore che si trovava a San Giovanni in Laterano veniva portato fino a Santa Maria Maggiore, facendo tappa per la chiesa oggi intitolata a Santa Francesca Romana. Il fatto che le figure rappresentate abbiano in mano il canto dei cantici, lo stesso che veniva intonato durante quella storica processione, avvalora questa tesi.

In onore della Madonna Fiumarola (che, essendo la domenica dedicata alla Sacra Famiglia, quest’anno era seguita anche dalla statua di San Giuseppe col bambino) la basilica di Santa Maria in Trastevere ha aperto i suoi battenti ancor più splendida e luminosa del solito, ed il Monsignore celebrante, prima della solenne benedizione, si è rivolto ai noi fedeli, che siamo amati ed accettati da Maria anche con le nostre debolezze individuali. Ha poi invitato la città, come lo scorso anno, a mantenere quello spirito di accoglienza per cui si è sempre distinta. Maria, del resto, è tenuta in grande considerazione anche dai musulmani (che la conoscono soprattutto per via della sura coranica intitolata ‘Maryam’) e diventa quindi collante fra religioni diverse nonchè promotrice di fratellanza universale. La Madonna Fiumarola, nello specifico, è stata ritrovata in  mare, e come tale rappresenta quel mare nostrum in cui non solo si affonda nella disperazione ma che diventa anche una speranza di salvezza e riscatto.

Lunedi 3o luglio la Madonna Fiumarola è tornata ‘a casa’ nella chiesa di Sant’ Agata, dove dopo la messa delle 8,30 è stata svolta la tradizionale distribuzione delle rose benedette, e dove rimarrà fino alla prossima estate.

La Madonna della Neve (5 agosto)

La tradizionale festa della Madonna della Neve coinvolge il quartiere Esquilino, e la leggenda vuole che una notte dell’agosto 358 d.C. sia apparsa a Papa Liberio l’immagine della Vergine che gli chiedeva di costruire un tempio a Lei dedicato nello stesso luogo in cui avrebbe trovato della neve fresca. Il Papa pensava quindi che avrebbe dovuto aspettare i mesi invernali, laddove il giorno dopo, il 5 agosto, si gridò al miracolo, poichè  il colle Esquilino comparve imbiancato. Papa Liberio predispose quindi subito l’edificazione di una chiesa mariana (finanziata da un ricco patrizio che aveva avuto la stessa visione del Pontefice), che verrà ricostruita da Papa Sisto III per celebrare il concilio di Efeso del 431, nel quale venne riconosciuta la natura sia umana che divina di Cristo, e quindi Maria divenne ‘madre di Dio’. Gli eretici ariani non volevano, tuttavia, ammettere che Gesù fosse figlio di Dio, quindi proclamarono un anti-papa, ed il sanguinoso scontro fra fedeli scismatici si verificò proprio all’interno della prima basilica fondata da Papa Liberio. Il mosaico che raffigura l’arco trionfale di Efeso fu voluto da Papa Sisto III proprio come segno di riconciliazione cristiana.

Trentaquattro anni fa un architetto di nome Cesare Esposito ha voluto ricreare l’illusione del soprannaturale avvenimento della neve in agosto, cosicchè da allora, il quinto giorno di questo mese, il quartiere si veste a festa per attendere la nevicata artificiale che si verifica con lo sfondo della basilica illuminata da suggestivi effetti di luce.

All’interno di Santa Maria Maggiore esiste un mosaico di Filippo Rasuti nel quale Gesù, accanto a Maria, fa cadere la neve dall’alto. Al termine dei solenni vespri pomeridiani delle 17, che sono stati presieduti da Mons. Piero Marini, si verifica una cascata di petali di fiori da un’apertura nel soffitto della basilica, che vengono poi raccolti e distribuiti ai fedeli, che con animato entusiasmo si accalcano nei pressi dell’altare principale.

Santa Maria Maggiore racchiude anche l’ amata immagine della Madonna Salus Populi Romani (un’ icona bizantina -protettrice della città – attribuita a San Luca) oltre alla preziosa reliquia della mangiatoia di Gesù Bambino, e prima della ‘nevicata’ notturna è stato distribuito un libretto illustrato, Miracolo a Roma (con introduzione di Dacia Maraini e Claudio Strinati) che ripercorre la storia di questa tradizione anche posando uno sguardo architettonico sull’intero quartiere.

Come è stato spiegato durante l’ omelia della messa delle diciotto, al centro del miracolo c’ è un sogno, un’apparizione notturna di Maria, che però non dove indurci a considerare la madre di Cristo come una donna soltanto celeste, immateriale rispetto al resto dell’umanità. Maria era anche una ragazza in carne ed ossa, umile, semplice, parte di una comunità di austeri benpensanti, ed ella stessa ha avuto bisogno di un’apparizione angelica per riabilitare la sua immagine pubblica e la sua reputazione presso il suo sposo Giuseppe. Maria ha avuto in soccorso un angelo, un angelo custode che tutti noi cristiani, in quanto purificati dal battesimo, possiamo invocare in aiuto nei momenti difficili, senza rimanere delusi.

La purezza della neve, che cade innocentemente dal cielo (e che è anche collegabile all’ acqua che giunge, attraverso gli acquedotti, nel cuore della città mantenendosi incontaminata) continua a richiamare, in un’epoca ancora lacerata da discordie e da varie forme di guerra, una folla multietnica, del quale lo stesso quartiere è simbolo, e che vede in questa festa un’occasione di amicizia e condivisione.

L’ atteso spettacolo serale all’aperto (che si è protratto fino alle 23, 30, e che è stato intervallato da ben quattro suggestive ‘nevicate’) incarna l’ idea di una romanità che si fa garante di diritti umani. In questo frangente ogni tipo di barriera cade per dar spazio ad un linguaggio comune ed universale, fatto di musica, di famosi brani di opera lirica, di popolari canzoni (come la mitica ‘Tanto pe’ cantà’) ed anche di teneri racconti (come quello di un gatto randagio che alla fine si rende conto di essere, tutto, sommato, più benvoluto dalla gente rispetto ad un affamato vagabondo che fruga fra i rifiuti). Quest’anno la festa è stata dedicata a Papa Giovanni Paolo II, che durante il suo pontificato prese personalmente parte all’evento, e con fare scherzoso disse che la basilica da ‘liberiana’, era diventata ‘siberiana’. In onore di Papa Wojtyla, oltre all’inno polacco, è stata recitata una sua poesia, intitolata ‘ Fanciulli’, e che è proprio un invito (soprattutto in tempi di manipolazione politica e mediatica) a non perdere la percezione di quel che è giusto e di quel che è sbagliato, una capacità che nasce dall’immediatezza e dall’innata purezza dell’infanzia:

Crescono improvvisamente dall’amore, e poi di colpo adulti

tenendosi per mano vagano nella grande folla

(cuori catturati come uccelli, profili sbiaditi nel crepuscolo).

So che nei loro cuori pulsa l’intera umanità.

Tenendosi per mano siedono zitti sulla riva.

Un tronco d’albero, terra al chiaro di luna: triangolo che arde

nel sussurro incompiuto. 

Non si è ancora levata la nebbia. I cuori dei fanciulli in alto

sopra al fiume. 

Sarà sempre così, mi domando, quando si alzeranno di qui e

andranno via?

O altrimenti: una coppa di luce inclinata tra le piante

in ognuna rivela un fondo ancora ignoto.

Quello che in voi ebbe inizio, saprete non guastarlo,

separerete sempre il bene dal male?

La notte di San Lorenzo (10 agosto)

Il dieci agosto, notte delle stelle cadenti (ovvero delle meteore chiamate Perseidi) è anche la notte di San Lorenzo, ed il piazzale del Verano, che ospita l’omonima basilica cappuccina in cui sono custoditi i resti del santo, si anima di luci, concerti, bancarelle e tavoli all’aperto. Dopo la messa delle 19, 30  l’antica statua di San Lorenzo viene portata in processione per le vie della città universitaria, e poi, verso le 10,30, al suono della banda musicale, rientra in basilica, dove molta gente è in attesa per la solenne benedizione e per onorare la reliquia mostrata ai fedeli. Alle 23, nel piazzale (e soprattutto nei pressi dell’alto obelisco ottocentesco sovrastato dalla statua del santo) la gente si affolla per assistere agli spettacolari fuochi d’artificio, la cui prodigalità è stata anche quest’anno a dir poco sorprendente.

San Lorenzo è stato uno dei sette diaconi di Roma, e fu vittima delle persecuzioni avvenute sotto l’imperatore Valeriano nel 257.  Il martire venne sepolto nel terreno (fundus Veranus) che una matrona romana di nome Ciriaca donò al clero.  L’ imperatore Costantino intorno al 330 decise poi di edificarvi una basilica, poi ricostruita per volere di Papa Pelagio II (579-590). Accanto a questa venne poi edificata una chiesa mariana per volere di Sisto III intorno al 435.  A partire dal 1217, con Papa Onorio III, questa seconda chiesa venne ampliata incorporando anche la prima ‘maggiore’ di Costantino, tuttora identificabile dal piano più rialzato con dieci colonne che contraddistingue la navata centrale di San Lorenzo al Verano. La facciata offre ancora i dipinti duecenteschi che illustrano la vita di San Lorenzo e Santo Stefano, ed alla chiesa si connettevano anche diversi oratori, come quello di Sant’ Abbondio e Sant’ Ireneo.  Il bombardamento del 19 luglio 1943, che motivò anche l’inedita uscita dal Vaticano di Papa Pio XII, accorso sul piazzale della basilica per sostenere spiritualmente il suo popolo ferito, causò l’irrimediabile perdita delle mura e del porticato che si estendeva fino alla porta Tiburtina. In questa basilica volle essere sepolto Pio IX, anche se questo avvenne con tre anni di ritardo, nel luglio 1881, a causa delle manifestazioni dei liberali laici che volevano impedire un tranquillo trasferimento della salma da San Pietro a San Lorenzo.

Nel centro della capitale esiste un’altra importante chiesa dedicata al santo,  San Lorenzo in Lucina, che in epoca romana era una casa privata poi consacrata al culto già prima del VI secolo. Questa chiesa custodisce, oltre al crocefisso miracoloso di Michelangelo, anche la graticola sulla quale, in base alla testimonianza di Ambrogio nel De Officis Ministrorum,  il santo venne bruciato su carboni ardenti dopo aver indicato i poveri come ‘veri tesori della chiesa’. La sua esecuzione avvenne tre giorni dopo la decapitazione di Papa Sisto II, presso il quale officiava, e che era stato suo maestro anche ai tempi in cui studiava teologia e filosofia a Saragozza.

Giovanni Pascoli, nella poesia 10 agosto, si rivolge al santo, accomunando le stelle cadenti alle lacrime da lui versate ed alla ferita ancora aperta per la morte del padre, avvenuta il 10 agosto 1868 (Ruggero Pascoli venne ucciso da un ignoto malfattore mentre tornava da un mercatino, portando in dono due bambole alle sue bambine):

San Lorenzo, io lo so perchè tanto

di stelle per l’aria tranquilla 

arde e cade, perchè sì gran pianto 

nel concavo ciel sfavilla.

 

Ritornava una rondine al tetto:

L’uccisero: cadde tra i spini:

ella aveva nel becco un insetto:

la cena de’ suoi rondinini.

 

Ora è là, come in croce, che tende

quel verme a quel cielo lontano;

e il suo nido è nell’ombra, che attende,

che pigola sempre più piano.

 

Anche un uomo tornava al suo nido:

l’uccisero. Disse: Perdono

e restò negli aperti occhi un grido:

portava due bambole in dono…

 

Ora là, nella casa romita, 

lo aspettano, aspettano invano:

egli immobile, attonito, addita

le bambole al cielo lontano.

 

E tu, Cielo, dall’alto dei mondi

sereni, infinito, immortale,

oh!, d’un pianto di stelle lo inondi

quest’atomo opaco del male!

(1896)

 

La Madonna del Pozzo (26/27 settembre)

Anche se l’estate, purtroppo, volge al termine con la fine delle ferie (o delle vacanze scolastiche), penso che sia comunque opportuno menzionare un’altra importante festa mariana, quella che si svolge verso la fine di settembre in onore della Madonna del Pozzo, venerata in una cappella all’ interno della chiesa di Santa Maria in Via, che si trova nei pressi di Largo Chigi, e che viene già nominata in manoscritti risalenti al 955.

La cappella in cui viene custodita la medioevale effige mariana risale invece al 1256, e venne fatta edificare (a proprie spese) dal nobile cardinale romano Pietro Capocci(imparentato anche con i  Colonna, gli Orsini ed i Cenci) che difese con le armi il papato dall’imperatore Federico II, ed al quale si deve anche l’apertura di un ospedale dermatologico intitolato a Sant’Antonio abate (ed in seguito incorporato nell’ omonima chiesa sull’ Esquilino che dal 1928 è dedicata al rito bizantino dei russi cattolici).

L’attuale cappella mariana di Santa Maria in Via era inizialmente una stalla del cardinal Capocci, e si narra che la notte fra il 26 ed il 27 settembre 1256  un membro della sua servitù avesse fatto cadere il dipinto mariano nel pozzo, cosicchè  l’acqua iniziò a straripare ed a far imbizzarrire i cavalli nei loro recinti. Il quadro era salito velocemente a galla, ma scivolava tra le mani di chiunque tentasse di prenderlo, finchè soltanto il cardinale, convocato dalla sua agitata servitù, riuscì finalmente a riprenderlo ed a metterlo in salvo. Solo a quel punto l’acqua tornò ai normali livelli. Il giorno dopo giunse sul posto il Papa Alessandro IV, che riconobbe il carattere soprannaturale dell’evento e che acconsentì a trasformare l’originaria stalla in una cappella. Quella sera la Madonna venne portata in processione, e da allora questo rito si ripete ogni anno per le vie del centro che confluiscono intorno alla Fontana di Trevi.

In questa cappella mariana, anche chiamata ‘la piccola Lourdes di Roma’, giungono ogni anno migliaia di fedeli per bere l’acqua che proviene dal miracoloso pozzo, e che viene distribuita in tanti piccoli bicchierini da un infaticabile sacrestano. Al lato del pozzo (che si trova a destra dell’altare) pregò anche Giovanni Paolo II in occasione della sua visita pastorale nel 1994. Durante l’ omelia quaresimale, Papa Wojtyla creò una sorta di collegamento fra l’immagine biblica del deserto di Israele ed il purificante sollievo dell’acqua offerta dalla Madre di Cristo.  Le grazie ricevute dalla Madonna del Pozzo vengono periodicamente illustrate in un opuscolo che l’ordine dei serviti (presente in questa chiesa fin dai tempi del mediceo Papa Leone X)mette a disposizione dei visitatori, che possono anche esprimere la loro preghiera accendendo un lumino rosso.

Dedico questo articolo a mia madre, la Sig.ra Elda Alide Corti.  

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Per mettersi in diretto contatto con Emilia Abbo, inviare un' e-mail a: emilia_abbo@post.harvard.edu

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