Follia e letteratura:I racconti di Pietroburgo

Pubblicato il 27 Ott 2013 - 11:00am di Redazione

La follia come elemento di liberazione dagli effetti perversi del sistema burocratico

Al termine follia e ai suoi stretti sinonimi “pazzia”, “demenza” si possono adattare diverse cornici interpretative. Ciò può creare delle difficoltà definitorie, soprattutto se tendiamo a circoscrivere i vocaboli in questione a uno specifico ambito analitico. Per farmi un’idea su questo groviglio definitorio ho spulciato diverse definizioni adottate da alcuni dizionari, che raccolgono e spiegano la parola follia all’interno di settori specifici quali, la lingua italiana, la letteratura, la sociologia e la psicologia (Il Dizionario della lingua italiana, Le Monnier,  2002; Dizionario dei temi letterari, Utet,  2007; Dizionario di Sociologia, Utet, 2006 e il Nuovo dizionario di Psicologia, Borla, 2001). Da tutte queste definizioni si può individuare un filo conduttore che ci porta ad affermare che la follia, fin dai tempi classici, è stata associata al concetto di malattia o considerata come un effetto di un’altra malattia. Storicamente, questa «teoria della malattia» si è dovuta confrontare con la teoria religiosa o spirituale che considerava la follia come il risultato di influenze demoniache, a volte anche divine, creando quell’immaginario collettivo di tipo tradizionale costellato dalle figure di demoni, diavoli, fantasmi, mostri e streghe per spiegare il manifestarsi di questi fenomeni invisibili. Questi simboli si ritrovano anche in alcuni classici della letteratura. In particolare, nel XIX secolo, possiamo individuare un elemento che dà origine ad un mutamento nella concezione seicentesca della follia, incentrata sul riconoscimento di una costante presenza dialettica della follia all’interno della ragione. Lo sviluppo della psichiatria come scienza positiva. Questa novità fa sì che la letteratura si focalizzi anche su questioni, più specifiche, relative alle nevrosi e alle psicosi. Tutto ciò ha contribuito a far emergere nell’ambito letterario – in particolare nel genere fantastico – temi legati all’irrazionale e alle forme della devianza mentale. La follia è associata così a sentimenti dicotomici che comprendono sia la paura, sia una forte attrazione nei suoi confronti.

 

FolliaDa “I racconti di Pietroburgo” di N. V. Gogol selezioniamo due racconti: Il naso e Memorie di un pazzo.

Il Naso è un racconto fantastico in cui la narrazione assume toni deliranti dall’inizio alla fine. In una delle solite giornate dell’assessore collegiale Kovalev accade qualcosa di sconvolgente, il protagonista si sveglia senza naso. Dopo molti tentativi per rintracciarlo, dando vita a scene cariche di elementi paradossali e di personaggi «macchietta», un gendarme riporta a Kovalev il naso, acciuffato mentre tentava di espatriare. Un medico cerca invano di riappiccicare il naso al suo posto, ma il problema è risolto dal naso stesso che spontaneamente ritorna sulla faccia di Kovalev.

Memorie di un pazzo è un racconto in forma diaristica, scritto pertanto in prima persona, del progressivo esaurimento dell’impiegato Prospicin, che decide di abbandonare la sua routine d’ufficio per cercare di migliorare il suo ruolo sociale e di conquistare la donna amata. L’elemento progressivo della follia è percepibile dal tempo del racconto, rappresentato dalla data del diario, che non segue una regolarità, fino a scomparire, come se il protagonista non riuscisse più a contestualizzarsi in un tempo e in uno spazio definito. Tutte le situazioni e le questioni narrate sono paradossali e irreali, ma durante il monologo interiore ci sono dei punti in cui Prospicin sembra recuperare una specie di lucidità, ma non si tratta che della quiete prima della tempesta. Infatti, dopo essere stato internato, il protagonista stremato invoca, sulla falsariga dell’Ulisse di Joyce, il rifugio nel grembo dell’unica donna che lo abbia mai amato, la madre, porto sicuro in cui ricevere cure, affetto e comprensione. Ed è proprio nelle ultime battute del “Ci 34 slo MS gdao. Febbraio 349.” che il protagonista esplicita di essere malato, una lucidità che dura per poco, per poi ricadere nelle finzioni della mente:

[…] Ma lo sapete che il bey di Algeri ha un bernoccolo proprio sotto il naso?”[N. V. Gogol, Memorie di un pazzo, p.97].

FolliaIn entrambi i testi si possono riconoscere questi due piani fondamentali: il primo è un realismo con venature fantastiche, legato alla satira dell’apparato della burocrazia russa che “imprigiona” gli impiegati in ruoli rigidi e schematici costringendoli a condurre una vita governata dalla routine e dalle invidie d’ufficio; e il secondo è la finzione, ovvero il racconto di una situazione paradossale e al contempo grottesca, come conseguenza della destabilizzazione e dell’alienazione individuale.

Nell’intreccio tra realtà e finzione Gogol fornisce al lettore gli indizi per poter distinguere gli elementi fantastici da quelli reali, mantenendo sempre alta la tensione tra il comportamento routinario di Kovalev e Propriscin, e la presa di coscienza dell’essere ora in un’altra situazione al di fuori della realtà. La follia in queste opere rappresenta una via di fuga dalla ragione obiettiva, dal raziocinio dei benpensanti e dalla burocrazia, il grado a cui tutto viene sacrificato e da cui tutto dipende: felicità, salute e ricchezza.

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