Il sapore del successo, cucina protagonista al cinema con Bradley Cooper: recensione e giudizio

Pubblicato il 12 Dic 2015 - 12:40pm di Francesca Sirignano

E’ nelle sale da novembre l’ultimo film di John Wells “Il sapore del successo” , in inglese Burnt, che ha per protagonista Adam Jones, uno chef con due stelle Michelin caduto in disgrazia a causa dei brutti giri in cui era finito: droga e alcol. Adam, interpretato da Bradley Cooper, è determinato adesso a conquistare la terza stella, indice di perfezione assoluta. Si reca a Londra con l’intento di riunire il vecchio team del ristorante di lusso in cui lavorava precedentemente a Parigi, ma dovrà fare i conti con i nemici che si è lasciato alle spalle e che gli intralceranno il cammino verso il suo obiettivo: il successo.

Recensione del film “Il sapore del successo”

Il regista, grazie anche alla sapiente collaborazione dello sceneggiatore Steven Knight, ha saputo tirar fuori un film che coinvolge lo spettatore fin dall’inizio, facendolo immedesimare nell’ambizione del protagonista, nelle ansie e nella pressione che si respira in cucina quando si è messi alla prova dalla critica e nella dolcezza di Helene, madre costretta a far pagare il prezzo della sua bravura alla figlioletta, lavorando nel team di Adam anche il giorno del compleanno della bimba. La donna, interpretata da Sienna Miller, sarà probabilmente catartica dell’ossessione di Adam, insieme all’analista, interpretata da Emma Thompson che alza notevolmente il livello del cast, la quale deve controllare la stabilità clinica dello chef affinché non ricada nei giri di cui era stato vittima.

La perfezione a cui aspira il protagonista è, infatti, causa di presunzione, topos nel mondo dei Master Chef, che però qui non ha eguali: lo spinge a non ascoltare nessuno, se non la sua testa e a fare della terza stella una vera questione di vita o di morte. Questo atteggiamento gli costerà molto caro, ma solo dopo aver fatto i conti con il suo passato capirà che la collaborazione e la fiducia nel suo team è l’unica scelta possibile per raggiungere il traguardo.

La figura a cui Adam si ispira è Jean Luc, chef del ristorante in cui egli lavorava a Parigi prima di avere la brutta caduta di stile. Egli ricorda tanto il Gusteau di Ratatouille, mentre Helene ha i tratti caratteriali di Colette del medesimo film d’animazione. Il modo in cui il protagonista parla con lei del cibo, utilizzando un vocabolario spesso erotico, fa pensare che fin dall’inizio, forse inconsciamente, c’è tra i due un’attrazione profonda che va oltre la sintonia culinaria.

Un’altra donna che appare nel film è Anna Marie, interpretata da Valentina Favazza, figlia di Jean Luc. Rappresenta il passato di Adam che torna a tratti nel film come uno spettro che lo perseguita e lo minaccia. Ella è forse la parte più malinconica e nostalgica di quel passato, la distrazione che gli è costata la perdita di tutto. Sarà proprio Anna Marie a liberare Adam da una parte di esso pagando il riscatto dei loro sbagli e offrendogli in dono i coltelli del padre, simbolo dell’ammirazione reciproca che provavano i due grandi chef.

I nemici del protagonista sono un altro punto del suo passato interessante da analizzare, gli stessi che lui sceglie affinché facciano parte della sua nuova squadra in cucina, in quanto nonostante i precedenti disguidi ha la consapevolezza che insieme rappresentino la perfezione che è proprio ciò che egli cerca. Mentre inizialmente Michel sembra mettere da parte le vecchie incomprensioni, Reece si conferma nemico di Adam mettendo paglia sul fuoco al gioco della competizione. Nel corso della storia il regista, che ama sorprendere lo spettatore fino alla fine, pare capovolgere la situazione sorprendendo anche il protagonista che in virtù di questo gioco con i vecchi colleghi paga finalmente il prezzo dei suoi errori e da quel momento in poi, proprio quando sembra esser ricaduto nel baratro, è invece veramente libero e pronto a cominciare la scalata verso il successo.

Finale “ad immaginazione”

Il dubbio in cui il pubblico è lasciato alla fine esclude il film dall’essere categorizzato nella convenzionalità e nella scontatezza di un Happy or Sad Ending, lasciando all’immaginazione degli spettatori la possibilità di scegliere il finale che più preferiscono. L’ammissione che l’acerrimo nemico Reece fa ad Adam della consapevolezza che essi hanno del fatto che lui sia il migliore indiscusso, l’unico che può guidarli al successo può essere considerata già una vittoria indipendentemente dal riconoscimento o meno della terza stella Michelin.

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