India: violenza sulle donne

Pubblicato il 29 Apr 2013 - 1:33pm di Redazione

L’India in piazza senza paura

IndiaL‘indignazione monta e le notizie non lasciano il tempo di far placare gli animi in India. Bruciavano ancora le candele accese dalla folla, in piazza a New Delhi, a sostegno della bambina di 5 anni stuprata, seviziata e lasciata in fin di vita dal suo aguzzino quando una nuova tragedia si consumava nello stato meridionale di Karnataka. Una studentessa di 20 anni, dopo aver sostenuto un esame, è stata sequestrata e stuprata da un gruppo di un numero imprecisato di persone che l’hanno uccisa dopo aver sfigurato il suo volto con una pietra. Il cadavere è stato abbandonando seminudo in una zona appartata, firmato con la scritta “Maratha”, la casta dei guerrieri.

Di nuovo la popolazione è scesa per le strade chiedendo la pena di morte per gli autori del crimine. Da dicembre queste manifestazioni si ripetono regolarmente in tutto il paese. Il caso della ventitreenne ribattezzata Nirbhaya – senza paura – morta per le lesioni addominali che un branco di stupratori le aveva causato ha costretto gli indiani a fare i conti con una diffusa piaga sociale sfondando il velo di omertà che da sempre avvolge la questione. In molti hanno iniziato a denunciare le violenze e mentre ogni giorno si aggiungeva un nome alla lista delle vittime il governo teneva buona la folla in cerca di giustizia con la promessa di una legge che inasprisse le pene per il reato di violenza sessuale.

Il progetto di legge, in effetti, è stato approvato lo scorso 19 marzo dal Parlamento indiano e, oltre a prevedere pene più severe per gli stupratori, gli stalker e chi utilizza gli attacchi con l’acido contro le donne, aumenta a 18 anni l’età legale per avere rapporti consensuali. Prevista, anche, la pena capitale ma solo nei casi in cui venga causata la morte o uno stato vegetativo permanente alla vittima.È evidente, però, come la legge non abbia avuto un effetto deterrente. Soprattutto perché nei fatti pare non venga applicata.

Pesanti accuse piovono sulla polizia, incapace di ridurre il numero degli stupri, di assicurare protezione alle donne e spesso corrotta complice degli stupratori. La popolazione indiana pare non essere più disposta a tollerare e la scorsa settimana chiedeva a gran voce, davanti al quartier generale delle forze dell’ordine di New Delhi, le dimissioni del capo della polizia. I suoi agenti, non solo non avevano raccolto la denuncia di rapimento del padre della piccola di 5 anni scomparsa, ma avevano anche cercato di comprare il silenzio della famiglia.

Incomprensibile cosa possa spingere questi uomini a coprire un dramma culturale di tale portata soprattutto nel momento in cui le vittime trovano finalmente il coraggio di denunciarlo. La battaglia contro la violenza sulle donne non può e non dovrebbe essere considerata un affare da femministe, un problema del solo “sesso debole”. È una battaglia di civiltà che riguarda tutti.

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