Il capolavoro di Jan Vermeer in Italia

Pubblicato il 5 Feb 2014 - 6:07pm di Emilia Abbo

La ragazza con l’orecchino di perle, il famoso capolavoro di Jan Vermeer, è giunto in Italia, ridestando la comune curiosità sulla misteriosa identità della ragazza del quadro

Vermeer

Migliaia di biglietti sono stati già venduti per la protagonista di un famosissimo quadro, La ragazza con l’orecchino di perla, l’opera del pittore olandese Jan Vermeer, che risale al 1665. Il quadro, per la prima volta, é giunto in Italia, e potrà essere ammirato in una mostra, a cura di Marco Goldin, che si terrà dall’8 febbraio al 25 maggio a Bologna, a Palazzo Fava,  e che é intitolata ‘Il mito della Golden Age. Da Vermeer a Rembrandt. Capolavori dal Mauritshuis‘.

Il dipinto, a olio su tela (44 cm di altezza e 39 cm di larghezza), ritrae una fanciulla che si volge a guardarci con languidi occhi grigio-celesti. Il volto é illuminato da una luce proveniente dall’alto, che evidenzia il naso dritto e sottile, nonché la rosata coloritura delle labbra socchiuse. Lo sfondo é completamente scuro, quindi non offre alcuna indicazione sull’ambiente circostante, anche se qualcuno vi ha voluto vedere l’atelier dello stesso pittore, illuminato dalla luce naturale proveniente dalla finestra. Il grande orecchino di perla risalta anche grazie al colletto bianco ed al copricapo della fanciulla, ovvero un panno giallo annodato sopra la nuca che le scende fino alle spalle ed é tenuto fermo da un’ ampia fascia di stoffa azzurra che le cinge la fronte. Questa fascia azzurra é dipinta col costoso pigmento ‘blu oltremare‘, ottenuto dal lapislazzulo, e steso con la tecnica del ‘bagnato su bagnato‘, ovvero applicando un colore fresco su un altro non ancora asciugato (un metodo che non permetteva lunghe interruzioni). La ragazza indossa una modesta giacca marrone, la cui rigidità é resa dalle ombrature, e in evidente contrasto sia con l’esoticità del ‘turbante‘ (che in realtà é ‘costruito‘ con un tipo di camicia che andava di moda all’epoca) e sia con la preziosità dell’orecchino di perla. Poiché le perle coltivate ancora non esistevano, venivano usate quelle che si formavano naturalmente nelle ostriche e negli altri molluschi, e che erano importate dall’oriente. Tuttavia, la grandezza della perla sembrerebbe incompatibile a una formazione spontanea, quindi si é pensato che il pittore si fosse ispirato ad un finto gioiello. Oltre alle perle vere esistevano infatti quelle di vetro verniciato, molte delle quali giungevano da Venezia.

Jan Vermeer non dipinse molte opere, e alcune di queste perirono irrimediabilmente sotto i danni del tempo, cosicché ne sono rimaste  soltanto trentasei. Inizialmente l’artista dipingeva ambiziosi soggetti biblici o mitologici, che rivelano anche un’ influenza della pittura italiana. Nel 1656 comincia invece a ritrarre semplici e quotidiane immagini di vita domestica, come ad esempio La lattaia o La merlettaia, che illustrano quell’umile e tuttavia sacra laboriosità che era a fondamento della società calvinista olandese. Dipinse anche paesaggi cittadini, come la famosa Veduta di Delft (1660).

Jan Vermeer applicava il colore a puntini vicini (pointillé), e dal momento che non esisterebbero disegni preparatori, alcuni studiosi, come ad esempio David Hockney, sostennero che il pittore si avvaleva della camera oscura. Questo strumento ottico, precorritore della moderna fotografia, si basa su un fenomeno di cui parlava già Aristotele nel IV secolo a.C. e che venne descritto anche da Leonardo da Vinci (che lo applicava per disegnare paesaggi) nel Codice Atlantico del 1515. Come é risaputo, bastava praticare su una scatola chiusa (oppure su una parete vera e propria) un foro (detto stenopeico) e applicare su quest’ultimo una lente regolabile, per ottenere, sulla facciata opposta della scatola stessa, un’immagine fedele e capovolta a quella esterna, ovvero a quella che l’artista voleva raffigurare sul foglio o sulla tela. Il vantaggio di questo procedimento era una maggiore precisione, poiché gli oggetti, nella camera oscura, apparivano perfettamente messi a fuoco e quindi, oltre ad evitare problemi prospettici, si potevano anche cogliere dei dettagli che altrimenti sarebbero sfuggiti. Anche gli affascinanti effetti di luce che Vermeer riesce a creare si ricollegherebbero all’uso della camera oscura.

Intorno al 1665 l’ autore dipinse diverse tronie, un genere di arte popolare presente nella pittura olandese del Seicento. Se il ritratto raffigurava volti di personaggi reali, le tronie si riferivano a tipi convenzionali, che erano spesso frutto di fantasia. L’intento del pittore, nella tronia, era quello di studiare espressioni facciali, oppure di volgere l’attenzione non tanto sulla persona in sé, quanto su una sua specifica caratteristica. È quindi assai verosimile che anche il nostro quadro, che ora desta così tanta curiosità e suggestione, nelle originarie intenzioni avesse a cuore non tanto la protagonista del dipinto (che é stata perfino definita ‘la Gioconda d’ Olanda‘), quanto sull’orecchino di perla che indossa (anche la Fanciulla con cappello rosso, che risale al 1665, aveva probabilmente il medesimo intento).

L’ipotesi che la ragazza del dipinto fosse inventata (o che fosse stata forse ispirata dalle opere del contemporaneo Michael Sweerts, che dipingeva soggetti analoghi) viene rafforzata dall’ inventario dei beni del pittore, che fu stilato dopo tre mesi dalla sua scomparsa, e che menziona ‘due tronie dipinte con foggia turca‘. Tenendo conto che il capricapo della ragazza si ispira all’ abbigliamento dell’impero ottomano, di cui la Turchia faceva parte, siamo indotti a pensare che con questa notazione ci si riferisse proprio a La ragazza con l’orecchino di perla, che Vermeer avrebbe quindi tenuto con sé fino all’ultimo giorno della sua vita. D’altra parte, vent’anni più tardi, nel 1696, ventun quadri di Vermeer vennero venduti all’ asta dei beni di Jacob  Dissius (1653-1695), uno stampatore di Delft, che aveva ereditato questa collezione dal suocero, Pieter Van Ruijven (1624-1674), che li aveva a sua volta acquistati dallo stesso Vermeer, del quale fu anche mecenate.

VermeerFra queste opere, compaiono tre tronie, fra cui una ‘in abito antico, e di straordinaria maestria‘. Anche in questo caso, se ci si riferisce a La ragazza con l’orecchino di perla, la fanciulla raffigurata non é collegabile ad alcuna persona realmente esistita, laddove si smentice l’ipotesi che l’autore non si separò mai dal suo dipinto. Pertanto, in assenza di attendibile documentazione, non é possibile stabilire chi sia la ragazza del quadro. Nel 1999 la scrittrice Tracy Chevalier (sulla scia di Marta Morazzoni nel 1986) scrisse un romanzo (da cui é tratto il film del 2003, interpretato da Colin Firth e Scarlett Johansson) nel quale la protagonista del dipinto viene identificata alla giovane domestica Griet, che Vermeer coinvolse nella sua passione artistica, e che venne licenziata a causa della gelosia della moglie del pittore. L’americano Benjamin Binstock (nel suo controverso saggio Vermeer’s Family Secrets. Genius, Discovery and the Unknown Apprentice) suppone che sia stata invece la figlia maggiore del pittore, Maria, non solo a posare per lui, ma anche a svolgere una specie di apprendistato segreto presso il padre, diventando addirittura la reale autrice di alcuni dipinti a lui attribuiti.

Jan Vermeer, del resto, era un tipo alquanto enigmatico, ed é anche per questo che veniva soprannominato ‘la sfinge di Delft‘.  Delft, la fiorente località in cui il pittore viveva, si trovava vicino a Rotterdam, ed era nota (oltre che per una maiolica dal colore azzurro e bianco), anche per aver accolto le spoglie del cinquecentesco principe Gugliemo d’Orange, fautore della guerra independentista contro la Spagna, e dei suoi discendenti. Jan Vermeer nacque nel 1632, ed era figlio di un tessitore di seta, locandiere e mercante di opere d’arte. Nel 1653 sposò Catherina Bolnes, per amore della quale si convertì al cattolicesimo, e con la quale ebbe quindici figli, tre dei quali li perse in giovane età. Decano della Gilda di San Luca, una corporazione di pittori, nel 1672 Vermeer si trovò in difficoltà finanziarie, anche a causa della crisi economica causata dall’invasione francese in Olanda, che fece crollare l’interesse per le opere d’arte. Solo tre anni dopo, all’età di quarantatré anni, Vermeer morì a causa di una malattia, lasciando la numerosa famiglia in stato di povertà. Sepolto nella chiesa vecchia (Oude Kerk) di Delft, cadde nell’oblio per molto tempo, seppur fosse uno dei più importanti esponenti dell’ epoca d’oro olandese. Il disconoscimento fu tale che il quadro Diana e le sue ninfe, ad esempio, venne attribuito ad un altro autore. Vermeer fu riscoperto gradualmente nel XIX secolo anche grazie all’articolo che lo scrittore francese Théophile Thoré pubblicò sulla reputata Gazette des Beaux – Arts.

Anche La ragazza con l’orecchino di perla, di conseguenza, risentì della sottovalutazione del suo autore. Messa all’asta nel 1881 all’Aia, soltanto lo storico d’arte Victor de Stuers si accorse che l’opera, seppur in grave stato d’incuria, era pregiata, quindi fu acquistata da un suo amico a un prezzo irrisorio, vale a dire soltanto due fiorini, oltre ai trenta centesimi di commissione d’acquisto. Il fortunato acquirente, che si chiamava Arnoldus Andries des Tombe, apparteneva a un’illustre famiglia, ed era sposato con la  nobildonna Carolina Hester de Witte van Citters. La loro residenza, aperta al pubblico, era allestita a museo. Des Tombe, che scomparve nel dicembre 1902,  donò il quadro alla vicina pinacoteca Mauritshuis, accanto ad altri undici dipinti. Da allora La ragazza con l’orecchino di perla non ha più cambiato dimora, tranne che per due occasioni:  nel 1995 per essere esibito alla National Gallery of Arts di Washington, e nel 2000  per raggiungere il Giappone, ovvero il museo municipale d’arte di Osaka. Quest’ anno, poiché la  Mauritshuis é ancora chiusa per restauri, l’opera potrà essere ammirata anche in Italia, accanto ad altri capolavori, sia di Jan Vermeer (come Diana e le sue ninfe) che di altri famosi pittori olandesi secenteschi, come ad esempio Frans Hals, Rembrandt Van Rijn e Pieter Claesz.

 

Si rammenta, per coloro che volessero comprare i biglietti ancora disponibili, che il sito al quale collegarsi é www.lineadombra.it e il numero telefonico é 0422 429999. Il servizio é sollecito ed assai cortese.

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Per mettersi in diretto contatto con Emilia Abbo, inviare un' e-mail a: emilia_abbo@post.harvard.edu

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