My name is Malala

Pubblicato il 22 Lug 2013 - 6:00pm di Redazione

Malala all’ONU nel giorno dei suoi 16 anni

MalalaPensavano che i proiettili ci avrebbero messo a tacere, ma si sbagliavano”.

E’ così che ha esordito la piccola Malala Yousafzai all’assemblea dell’Onu, 16 anni appena compiuti ed è già candidata al Premio Nobel per la Pace; oltre ad essere una delle persone più influenti del mondo secondo il Time. Ed infatti i talebani, che hanno cercato di ucciderla durante un agguato sul suo scuolabus con un colpo di pistola alla testa, ne hanno fatto l’icona del diritto universale allo studio contro l’estremismo religioso che vorrebbe la donna a casa dedita alla cura della famiglia; e la realizzazione di sè attraverso l’istruzione e il lavoro non vengono certo contemplate, ma la piccola Malala non si è mai arresa al futuro che un assurdo fanatismo religioso le imponeva.

Aveva solo 13 anni quando divenne celebre per il blog, curato da lei per la BBC, dove  documentava senza filtri come il regime talebano pachistano fosse contrario ai diritti delle donne vietando, tra le altre cose, alle bambine di andare a scuola e raccontava di come occupassero militarmente il distretto dello Swat, di cui lei è originaria.

Per il progetto portato avanti dal gruppo fondamentalista questa bambina sembrava essere più minacciosa di qualsiasi esercito: le parole che scriveva erano piccole scosse che facevano vacillare la sicurezza del regime, poichè Malala non solo raccontava al mondo cosa succedesse davvero, ma esortava le donne del suo paese a ribellarsi e a pretendere diritti finora negati.

Malala è la dimostrazione di come l’istruzione per le donne, e non solo, può veramente fare la differenza: una donna istruita crescerà figli che pretenderanno diritti e democrazia e saranno meno condizionabili e figlie più consapevoli della propria forza e questo i talebani, intenti a cercare di mantenere un ordine sociale basato su madri rassegnate al loro destino che allevano cittadini convinti che quello sia il solo mondo possibile, non possono certo permetterlo e così la decisione di zittirla per sempre; ma Malala non è solo incredibilmente coraggiosa, è anche più forte del loro ferro, e a dirlo è stata lei stessa in un discorso davanti all’assemblea dei giovani dell’ONU, rivolto universalmente, affinchè il diritto allo studio sia concesso a tutti i bambini del mondo perchè “un bambino, un insegnante e un libro possono cambiare il mondo“.

Il lungo applauso dopo le sue parole e gli auguri di compleanno per i suoi 16 anni cantati dalla platea sembrano far intuire che Malala, a combattere questa battaglia, non è più sola.

L’assurdo fondamentalismo che le ha negato la spensieratezza che dovrebbe vivere alla sua età è ben rappresentato da Adnan Rasheed, il leader del gruppo talebano che ha rivendicato l’attentato a Malala. Rasheed ha scritto una lettera dove spiega alla piccola Malala il perchè dell’agguato e, parlando a titolo personale, ammette che  l’attacco sia stato un incidente e fosse evitabile. La speranza che il messaggio sia l’inizio di un dialogo con i talebani, un piccolo miracolo ad opera della delicata forza di Malala, viene presto spenta dal resto della lettera: il leader talebano attacca duramente le scelte di Malala e la sua campagna, secondo lui, diffamatoria e le lancia un appello affinchè “ritorni in patria a studiare il Corano per mettere la sua penna a disposizione del messaggio di Allah“.

La giovana Malala però è decisa a non fermarsi e a continuare la sua battaglia. Che voglia raccogliere l’eredità di Benazir Bhutto e cambiare il volto duro del suo paese?

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