LA NUOVA COSTITUZIONE DI “NAPISAN”

Pubblicato il 9 Mag 2013 - 7:30pm di Redazione

IL GOVERNO “ALF-ETTA”-NAPISAN: PIU’ BIANCO NON SI PUO’!

“THE WINNER IS…”

Napisan

Giorgio Napolitano! Finalmente il Parlamento è riuscito a partorire un nuovo nome per lo scranno più alto di Roma. Beh, “nuovo” non è forse l’aggettivo più indicato… Diciamo che, quantomeno, la benamata “partitocrazia” ha cavato fuori qualcosa dal cilindro! Certo, non proprio il Bianconiglio… Ma “Italialand” ha ben poco del Paese delle Meraviglie, apparendo piuttosto un gingillo disgraziatamente nelle mani di una classe politica infantile e trastullante… La (ri)nomina quirinalizia ha assunto una valenza propriamente reazionaria, conservatrice, in perfetto stile “ancien régime”. Eppure, in soli due mesi, molto è cambiato: si è assistiti, di fatto, alla trasformazione in senso semipresidenziale della Repubblica e alla nascita del primo governo -per alcuni “fantoccio”- del Presidente! Tutto ciò, è bene ricordarlo, “a Costituzione invariata”… Dove trae fondamento giuridico, dunque, il nuovo assetto politico-istituzionale? Verrebbe da pensare ad una “Costituzione ombra”: una Carta segreta, a metà tra le leggi di Murphy e le tavole mosaiche, i cui principi o massime fondamentali possiamo solo maliziosamente immaginare…

I LEGGE DI NAPISAN:

Se cerchi il futuro, guardati alle spalle…

Il messaggio lanciato, perfino “urlato”, dalla maggioranza degli italiani alle ultime Politiche (dal 25% degli elettori del movimento antisistema di Grillo, come dal 25% di coloro che hanno disertato le urne) è stato forte ed inequivocabile: “vogliamo cambiamento, rinnovamento, pulizia!”. Come il Parlamento -il più giovane della nostra Repubblica- ha risposto a questo grido? Rieleggendo al Quirinale, per un altro mandato settennale, un degnissimo signore di 88 anni. Dopo le elezioni politiche faunisticamente più stravaganti della storia (trasformate in una gara tra lepri, giaguari, grilli e caimani, mentre nei talk show i candidati esibivano le proprie bestiole domestiche), mancava solo ritrovarsi un gattopardo al Colle, 101 sciacalli nel Pd… e 1007 struzzi in Parlamento! Mai disperare: almeno i partiti hanno risposto agli inviti a un ricambio generazionale. Se le risposte, però, si chiamano Letta e Alfano, come non chiedersi se hanno sbagliato domanda???

II LEGGE DI NAPISAN:

Se vuoi galvanizzare i parlamentari, strapazzali… ma non di coccole!

Nel film “Sogni d’oro”, Nanni Moretti strappava una calorosa standing ovation, a un pubblico teatrale fin lì alquanto apatico, intonando un chiaro e forte: “Pubblico di merda! Pubblico di merda! Pubblico di merda!”. In occasione del discorso di re-insediamento di Giorgio II, non pochi increduli spettatori avranno avuto l’impressione di assistere ad un remake improvvisato di quella scena. Più il vecchio Presidente rincarava il suo atto d’accusa nei confronti di una classe politica messa pubblicamente in croce, inchiodata alle proprie responsabilità, più i parlamentari rispondevano commossi con applausi a scena aperta, scorticandosi le mani. “Se mi troverò dinanzi ad assurdità, come quelle appena passate, non esiterò a trarne conseguenze dinanzi al Paese”, concludeva il suo discorso. Ed ecco, in un’Aula Montecitorio sempre più estasiata, riecheggiare in sottofondo una sola invocazione: “Santo subito”!

III LEGGE DI NAPISAN:

Se sei convinto che Berlusconi sia politicamente morto, per non ricrederti, aspetta almeno tre giorni…

Tre giorni: tanti sono bastati al Pd per “concordare di non saper concordare” su altro nome all’infuori di Napolitano! Il tutto con la “viva e vibrante soddisfazione” di Berlusconi, unico vero vincitore della partita per il Quirinale, segnando con scioltezza due gol a porta sguarnita:

– il primo, assicurandosi alla Presidenza, più che un mastino napoletano, un “cagnolino di guardia” della Costituzione (un Presidente “mani di penna”, pronto a controfirmare qualsiasi testo di legge gli si sottoponga e sempre vigile contro ogni “eccesso d’indipendenza” di stampa e magistratura: persino capace di porsi in conflitto con una Procura ed ottenere la distruzione di intercettazioni che lo riguardavano, con ciò conquistandosi la viva e sincera ammirazione di Silvio);

– il secondo, spalancando le porte alla nascita del tanto invocato “governissimo”, di cui la rielezione di Napolitano ha rappresentato solo una prima “prova tecnica d’inciucio” (solo tre giorni dopo il Presidente assegnava a Letta l’incarico esplorativo per la formazione del nuovo esecutivo).

Altro che “non vittoria” (altra genialata comunicativa dell’astro morente della politica italiana, Bersani): le elezioni del 25 febbraio hanno segnato una vera “debacle” per il Pd!

IV LEGGE DI NAPISAN:

Se una rotta conduce alla deriva, sarà certo seguita dal Pd…

La sinistra si è sempre contraddistinta per tratti di puro “masochismo”: una pulsione autodistruttiva sintetizzabile nello slogan “facciamoci del male”. Questa volta, però, il “tafazismo democratico” ha dato la prova migliore di sé in assoluto. Attaccare oggi il Pd è operazione fin troppo semplice, un po’ come sparare sulla Croce Rossa… Ma come rimanere inermi dinanzi all’ennesimo “disastro politico” di un partito capace di collezionare una sfilza di disfatte tali da far impallidire la macchina da guerra del funesto Occhetto? La cosa più di sinistra che Bersani è riuscito ad esternare in campagna elettorale – mentre molti stavano ancora a chiedersi il senso della metafora del passerotto in mano e del tacchino sul tetto…- è stata “smacchieremo il giaguaro”. Come sorprendersi, allora, se la “lepre di Bettola” è finita stordita da un Grillo e sbranata da un Caimano? Passi l’avallo al governo Monti (allorquando al Pd, con un po’ di coraggio in più, sarebbe bastato un ritorno anticipato alle urne per realizzare la sua “mission” storica: polverizzare Berlusconi!); passi la rinuncia a far campagna elettorale (rassicurati da sondaggi preannuncianti una vittoria “a mani basse” del centrosinistra); passi l’orgogliosa riottosità nell’accettare la candidatura Rodotà (come aspettarsi, del resto, che un partito di Sinistra sostenesse una candidatura di Sinistra???). Ma quanto tempo dovrà passare per far dimenticare la “figuraccia” del Pd nel raggiungere una “vaga intesa” su di un nome per il Quirinale?

Il “Titanic democratico”, sotto l’abile guida di un Bersani emulante le gesta di capitan Schettino:

– giovedì 18 aprile, affondava Marini (la cui candidatura, emersa a sorpresa nella notte, cancellava con un “colpo di spugna” la linea politica seguita per 50 giorni dal Partito);

– venerdì 19, affondava Prodi (il cui nome era emerso frettolosamente in mattinata per correre ai ripari, stravolgendo nuovamente quel po’ di logica politica sottostante la candidatura Marini);

– sabato 20, recuperava dagli abissi il relitto di Napolitano (cui ci si è, infine, disperatamente appigliati per mancanza di altre scialuppe!).

Non è chiaro se i parlamentari democratici, molti alla prima esperienza, abbiano scambiato la partita politica per il Quirinale per una partita di battaglia navale… E non è chiaro se, quantomeno, ne conoscessero le regole del gioco, essendosi colpiti ed affondati da soli. In appena quattro mesi (due di campagna elettorale, due post elettorali), Bersani è riuscito a sfasciare un partito che vantava 3 milioni di “fessi” disposti persino a pagare pur di illudersi di contare qualcosa. C’è chi sostiene che “in Italia spesso chi ha le idee migliori è un perdente” (Pier Luigi Celli): anche se così fosse, i segretari del Pd rimarrebbero l’eccezione che conferma la regola

La profezia di Nanni Moretti del 2002 (“Con questi dirigenti non vinceremo mai, non sanno più parlare al cuore, alla testa e all’anima delle persone!”) sembra divenuta una maledizione. Se due indizi fanno una prova, di prove se ne hanno oramai tante da poter pronunciare sentenza:

il Pd vince quando perde le primarie (si vedano le ultime elezioni a Milano, Genova, Cagliari, Palermo, Puglia);

il Pd perde tutte le volte in cui vince le primarie (si veda la disfatta elettorale di Veltroni prima, Bersani poi; non fanno testo i casi Crocetta e Serracchiani, entrambi candidati di rottura che hanno giocato la campagna elettorale tutta “per” il Pd ma “contro” il Pd).

Dal 2002 a oggi, in realtà, qualcosa è cambiato: nel 2008 è nato il Pd, all’insegna del motto “morti due partiti… se ne fa un altro!”.

Cos’è il Pd? Il primo esperimento di “vivisezione politica” della storia: un OPM (“organismo politicamente modificato”) creato dalla fusione a freddo tra le due anime storiche del centrosinistra, quella postdemocristiana e quella postcomunista. Cosa ha rappresentato il “sogno democratico”, in una formula il veltroniano “Yes, we can”? Un’illusione (quella di costruire un partito a “vocazione maggioritaria”) frutto di una presunzione (quella di concepire un “partito-coalizione” in un sistema politico non bipartitico) e trasformatasi presto in un incubo (quello di veder presentato come “nuovo” un partito retto dalla vecchia classe dirigente di Ds e Margherita). Il risultato? Un partito né “pesante” (stile ex Pci) né “leggero” (stile ex Forza Italia), bensì “gassoso”, ovverossia inconsistente: un “amalgama malriuscito”, ebbe modo di definirlo Massimo D’Alema; un “tubetto senza dentifricio”, per Arturo Parisi.

V LEGGE DI NAPISAN:

Avvertenza: occupare a lungo una poltrona può causare dipendenza!

Non mi convinceranno mai a restare”: queste le parole di Napolitano,in un’intervista al Corriere della Sera del 14 aprile scorso. Peccato che, trascorsa una settimana, lo stesso si rendesse disponibile ai partiti per un reincarico.

B&B (Bersani and Berlusconi), in pellegrinaggio su al Colle come fosse Canossa, evidentemente hanno offerto al riluttante Giorgione una prospettiva più allettante di quella di trascorrere i suoi ultimi anni in un anonimo B&B (Bed and Breakfast) sull’isola di Stromboli… In fin dei conti, anche senza vista mare, al Quirinale il clima non è poi così male… ed il servizio gratuito ed “All Inclusive”!

VI LEGGE DI NAPISAN:

Le parole sono importanti: pronunciatele con prudenza!

Golpe!”: questo il primo epiteto venuto in mente a Beppe Grillo per commentare la rielezione di Giorgio II. “Le parole sono importanti”, avrebbe risposto il Nanni Moretti di “Palombella Rossa”, per cui è doveroso precisare che si tratta di un’emerita idiozia, di una sciocchezza: anzi, di un’offesa alla lingua italiana. La ragione? Molto ovvia:

– in primis, nessuna norma costituzionale o regola democratica è stata violata;

– in secundis, il nome di Napolitano è stato indicato da oltre i due terzi dell’Assemblea dei grandi elettori.

Detto questo, è sempre legittimo esercitare il diritto di critica, anche nei confronti del Capo dello Stato. Non è un abominio, così, affermare che il secondo mandato presidenziale costituisce una “anomalia costituzionale” senza precedenti nella nostra storia. Per comprenderlo, non occorre certo leggere il blog di Grillo. Basta rileggersi l’autorevole parere degli ultimi due presidenti della nostra Repubblica ancora viventi:

– Carlo Azeglio Ciampi, rifiutando nel 2006 ogni ipotesi di rielezione, sostenne che la mancata rielezione del Presidente era da considerarsi “una consuetudine significativa da non infrangere”, aggiungendo che “il rinnovo di un mandato lungo, quale quello settennale, mal si confà alle caratteristiche proprie della forma repubblicana del nostro Stato”;

– lo stesso Napolitano, fino al 7 marzo scorso, ebbe modo di dire che “il già lungo settennato al Quirinale corrisponde bene alla continuità delle nostre Istituzioni e anche alla legge del succedersi delle generazioni”, ribadendo, il 14 aprile, che la sua rielezione “sarebbe una non soluzione, perché ora ci vuole il coraggio di fare delle scelte, di guardare avanti. Sarebbe sbagliato fare marcia indietro, ai limiti del ridicolo: niente soluzioni pasticciate e all’italiana”.

Come non giudicare, allora, la rielezione del Capo dello Stato una scelta “ai limiti del ridicolo”, una “non soluzione”: anzi, una “soluzione pasticciata e all’italiana”?

VII LEGGE DI NAPISAN:

Se la Costituzione né funziona né si riforma… basta raggirarla!

La trasformazione del ruolo del Capo dello Stato è un processo storico che si può far risale addirittura alla Presidenza Pertini e si è ancor più palesato sotto la Presidenza Cossiga. Negli ultimi due anni, però, questo processo ha registrato una brusca accelerazione: sotto la presidenza Napolitano, per cause di forza maggiore (la concomitanza di crisi finanziaria e politica), si è assistito ad un’evoluzione della forma di Stato in senso semipresidenziale.

Sintomi di questa “patologia” -tale in quanto sviluppatasi al di fuori dei canoni della Costituzione- sono stati:

– prima, la nascita del governo Monti, un governo tecnico del Presidente;

– poi, la rielezione di Napolitano, in netto contrasto con lo spirito della Costituzione;

– per ultimo, la nascita del governo “Alf-etta, un governo politico del Presidente (formato dietro suo esplicito diktat, assumente come base di programma il rapporto dei dieci saggi di nomina presidenziale e nel quale il Capo dello Stato ha svolto un ruolo decisivo per la formazione della squadra ministeriale).

Piccolo particolare: ad oggi, l’Italia è una repubblica parlamentare ed il Capo dello Stato è di nomina politica. Non è augurabile, allora, che il prossimo presidente della Repubblica sia eletto direttamente dai cittadini, piuttosto che da una combriccola di segretari riunitisi in segrete stanze? Non sono maturi i tempi per una riforma organica della seconda parte della Costituzione? E perché mai delegare tale compito ad una fantomatica “Convenzione per le riforme”, quando in Parlamento già sono presenti due apposite Commissioni Affari Costituzionali?

VIII LEGGE DI NAPISAN:

Se credete nella democrazia rappresentativa e partecipata… avete mai pensato di trasferirvi in Svizzera?

Mai e poi mai con Berlusconi!”: questo l’unico slogan vincente del Pd in campagna elettorale, mentre Bersani già strizzava l’occhiolino a Monti… Oh perbacco! Chi avrebbe mai creduto che, dopo poche settimane, i vice di Bersani (Letta) e Berlusconi (Alfano) si sarebbero ritrovati “fianco a fianco” alla guida dello stesso governo?

Mai e poi mai con Monti!”: questo il messaggio scandito “a caratteri cubitali” da Berlusconi, dopo aver decretato la fine anticipata del governo tecnico… Acciderbolina! Chi avrebbe mai immaginato che, dopo pochi mesi, Pdl e Scelta Civica sarebbero tornati a governare insieme, ricostituendo la stessa maggioranza reggente il governo Monti?

Mai e poi mai senza Monti!”: questa la litania recitata fino alla noia da Casini, pronto a idolatrare l’ex Premier come un salvatore della Patria… Perdindirindina! Chi avrebbe mai scommesso un cent che sarebbe bastata un’analisi post-voto a suggerire a Casini di prendere le distanze dal Professore?

L’Italia è davvero, per dirla alla Montanelli, “un Paese senza memoria, che ignora il proprio ieri”

Con la “doppia mossa” Napolitano-Letta, la “partitocrazia italiota” ha adottato una strategia di difesa ben precisa: barricarsi dentro il Palazzo, non concedere alcun spiffero al vento del cambiamento, sbarrare le porte per silenziare le piazze, sedersi attorno a un tavolo per aiutarsi a rattoppare le vesti a brandelli dei partiti, nel tentativo di ricostruire una “presentabilità perduta”. In tutto questo, qual è il peso della volontà (sovranità) popolare? Il “governissimo” -benservito, sul piatto del Pdl, dai 101 “franchi tiratori” del Pd- è proprio l’appalesarsi della “paura fottuta” dei partiti di sottoporsi al giudizio degli elettori. Come stupirsi se è divenuta consuetudine per gli elettori “disertare le urne” (o votare il M5S…) piuttosto che legittimare una classe politica sempre più “aliena”, marziana, capace di rispondere al malcontento crescente solo “blindandosi” e rafforzando le scorte?

IX LEGGE DI NAPISAN:

Perché invocare una Terza Repubblica… quand’è possibile risuscitare la Prima?

Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”: ancora una volta sembra avveratasi la celebre profezia di Tancredi ne “Il Gattopardo”. “Canti di giubilo” si sono alzati alla notizia della nascita del governo “Alf-etta”. Stampa e tv governativa, all’unisono, hanno esaltato gli elementi di novità, giovinezza, parità di genere del nuovo esecutivo… in perfetto stile telegiornali “Istituto Luce” del Ventennio! Più che incontri segreti, pare che al Palazzo si siano tenute “sedute spiritiche” per risuscitare l’antico, consociativo “spirito Cencelli”, che sembrava sepolto tra le ceneri del ‘900.

Il governo “Alf-etta” costituisce la più intelligente operazione di “alchimia politica” possibile per camuffare quello che ha tutte le caratteristiche proprie di un “inciucio” e occultare la riemersione, dagli abissi della Prima Repubblica, di una “Balena Bianca”! Si direbbe che, dal tentativo della classe politica di “sbiancare” con un colpo di spugna le proprie macchie, è uscito fuori un governo “bianchissimo”: anzi, il più bianco che si può!

X LEGGE DI NAPISAN:

Se vuoi giustificare una porcata, basta non chiamarla per nome, appellandosi a formule di distrazione di massa quali governo di servizio…

Senza giri di parole, la rielezione di Napolitano e la nascita del “governissimo” sono state le “chiavi di porco” utilizzate dalla “banda del buco” dei partiti per scassinare la democrazia, saccheggiandone la sovranità. Alla fine di questo “Romanzo Quirinale”, politici per anni recitanti la parte di acerrimi avversari, gettata la maschera, si sono seduti allo stesso banchetto, dando al Paese il “benservito”. Il governo “Alf-etta” è la personificazione del nuovo compromesso storico, con una non piccola differenza: ieri le parti in causa si chiamavano Moro e Berlinguer, oggi Alfano (ancora alla ricerca del “quid” perduto…) e Letta (un giovane già vecchio, cresciuto al latte del seno dello zio).

Di’ una cosa di sinistra, di’ una cosa anche non di sinistra, di civilità… Di’ una cosa, di’ qualcosa! Reagisci!”: questo l’appello rivolto a un D’Alema d’annata da Nanni Moretti nel film “Aprile”. Per i strani corsi e ricorsi della storia, nell’aprile appena scorso, la cosa più di sinistra che il Pd è riuscito a dire è stata: “Si a Napolitano, no a Rodotà; si a Berlusconi, no a Grillo”. Molti elettori democratici si erano già rassegnati ad ingerire la “pillola Monti”… Nessuno, però, si sarebbe aspetto d’assumere anche la “supposta Berlusconi”. Molti di loro non si chiederanno più “dove ha sbagliato il mio partito?”, bensì “come ho potuto così ingenuamente sbagliare partito?”. Ogni espediente comunicativo, stratagemma lessicale, artifizio retorico si è tentato per addolcire il passivo “bunga bunga” richiesto agli elettori di centrosinistra. Qualche esempio? Nessun accenno al termine “inciucio”, solo “governo di servizio”; vietato parlare di “tradimento elettorale”, solo di senso di responsabilità; un tabù le parole “incoerenza” o “trasformismo”, meglio appellarsi al “dovere verso la Patria”…

Le parole d’ordine più correntemente gettate in pasto agli italiani?

– “Governo subito, governo purché sia”. Ma perché mai, in democrazia, la prospettiva di un ritorno alle urne sarebbe tanto deprecabile?

– “Tornare al voto col Porcellum? Che Dio ce ne scampi”. Verissimo. Ma perché mai dovrebbe ricadere sugli elettori la colpa dei partiti, mostratisi incapaci, in un anno e mezzo di governo Monti, di cambiare la tanto vituperata legge elettorale? E cos’ha impedito al nuovo Parlamento di dedicare i due mesi trascorsi ad approntare subito una riforma elettorale, piuttosto che traccheggiare invano?

– “Il governissimo? Non ci sono alternative”. Niente di più falso. Di alternative ve ne sarebbero state almeno tre: governo di scopo (per la sola riforma elettorale) con chi ci sta, governo di cambiamento Pd-M5S, elezioni anticipate a giugno. Falso affermare che il M5S si è reso indisponibile a qualsiasi ipotesi di governo: l’indisponibilità era, di certo, nei confronti di un governo di minoranza Bersani. Perché lo “smacchiatore di giaguari” non ha subito fatto un passo indietro, perse le elezioni, per facilitare una convergenza con i “pentastellati”? E perché, dopo 55 giorni d’inconcludenti avance, Bersani ha voltato le spalle ai grillini proprio quando questi ponevano sul piatto del compromesso il nome di Rodotà?

– “Grillo? Inimmaginabile come alleato di governo”. Alla fine nel Partito Democratico ha prevalso la logica gattopardesca, tipicamente sicula, del “megghio u tintu canusciuto ca u bonu a canuscise”… Benissimo. Ma come spiegare ai propri elettori d’aver ritenuto il Cavaliere di Arcore (appena cinque mesi fa staccante la spina al governo Monti) un personaggio più serio ed affidabile? E come reagirà la base del Pd, per mesi rassicurata dal mantra bersaniano del “mai con Berlusconi” e “o governo di cambiamento, o voto”? Di certo, i militanti democratici avranno una (anzi 101) ragioni in meno per difendere il proprio partito dall’etichetta “Pd-menoelle”: Pdl, piuttosto, pare ormai acronimo di “Partito di Letta”.

Preferisco che i voti vadano al Pdl piuttosto che disperdersi verso Grillo”, confessava un ingenuo Letta (Enrico) in tempi non sospetti (13 luglio 2012). Per una volta, un dirigente Pd ne ha “azzeccata” una: alle prossime elezioni, difatti, sarà altamente probabile che molti voti andranno al Pdl… piuttosto che disperdersi verso il Pd.

di Gaspare Serra

Fonte: Infosannio.com

A buon intenditor…

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11 Commenti finora. Sentitevi liberi di unirsi a questa conversazione.

  1. giovanni 19 Maggio 2013 at 10:33 - Reply

    Grazie all’autore del post, hai detto delle cose davvero giuste. Spero di vedere presto altri post del genere, intanto mi salvo il blog trai preferiti.

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