Politica estera e la campagna elettorale

Pubblicato il 19 Feb 2013 - 5:02am di Redazione

Politica estera italiana: esiste ancora?

Un interessante articolo pubblicato da LINKIESTA affronta il grande assente di questa campagna elettorale: la politica estera.

Tale elemento non sembra una novità. In Italia non ci si è mai occupati di politica estera.

Le cose non stanno proprio così. Di politica estera tutti i partiti si sono sempre occupati.

Dalle posizioni filoamericane dei partiti della Prima Repubblica, nonostante alcuni spazi di libertà a loro concesse, che oggi sembrano a noi dichiarazioni quasi sovversive, a quelle filosovietiche del Partito Comunista.

Politica esteraLeggiamo, infatti, dal discorso alla Camera dei Deputati del 6 novembre 1985 del Presidente del Consiglio Bettino Craxi che

«Ebbene, se la questione nazionale palestinese esiste, anche l’azione dell’Olp deve essere valutata con un certo metro, che è il metro della storia. Vedete, io contesto all’Olp l’uso della lotta armata non perché ritenga che non ne abbia diritto, ma perché sono convinto che lotta armata e terrorismo non risolveranno il problema della questione palestinese. L’esame del contesto mostra che lotta armata e terrorismo faranno solo vittime innocenti, ma non risolveranno il problema palestinese. Non contesto però la legittimità del ricorso alla lotta armata che è cosa diversa. Quando Giuseppe Mazzini, nella sua solitudine, nel suo esilio, si macerava nell’ideale dell’unità ed era nella disperazione per come affrontare il potere, lui, un uomo così nobile, così religioso, così idealista, concepiva e disegnava e progettava gli assassinii politici. Questa è la verità della storia; e contestare a un movimento che voglia liberare il proprio Paese da un’occupazione straniera la legittimità del ricorso alle armi significa andare contro le leggi della storia. Si contesta quello che non è contestato dalla Carta dei principi dell’Onu: che un movimento nazionale che difenda una causa nazionale possa ricorrere alla lotta armata».

Per non parlare di Giulio Andreotti che, in un’intervista sulla Stampa del 19 luglio 2006 dichiara:

«Credo che ognuno di noi, se fosse nato in un campo di concentramento e non avesse da cinquant’anni nessuna prospettiva da dare ai figli, sarebbe un terrorista».

La politica estera di Silvio Berlusconi, come è la natura del personaggio non è stata invece mai molto coerente: andando dal suo dichiarato sionismo, all’amicizia con George Bush a quella con Vladimir Putin e Mu’ammar Gheddafi. Come sempre, più che una visione strategica, si sospetta (ma pensiamo proprio di andare vicino al vero) una tutela dei propri interessi.

Paradossalmente, ma non troppo, i partiti italiani del dopo Tangentopoli più vicini agli interessi occidentali, e da essi considerati più affidabili, sono stati i partiti del centro-sinistra, in particolare l’erede del Partito Comunista Italiano.

Si afferma un falso, dunque, quando si afferma e si scrive che i partiti italiani non si sono mai occupati di politica estera. Se ne sono occupati e anche in maniera diversificata e confliggente.

Ma cosa sta succedendo in questa campagna elettorale? Nell’articolo pubblicato da LINKIESTA leggiamo infatti che:

«La priorità data alla visione internazionale viene ricacciata nelle retrovie e la politica estera volutamente relegata in secondo piano, perché giudicata come non fondamentale per il recupero del sistema Paese e il rilancio economico . Negli sporadici casi in cui si parla di politica estera all’approssimarsi delle elezioni, sembra sentire risuonare la domanda “Ma insomma, cosa poter fare nel mondo ha avuto poco impatto persino nelle elezioni americane. Quanto quindi potrebbe importare a noi italiani?”È un vecchio adagio pericoloso perché  incentrato su un fondo di verità: la situazione del Paese è veramente di triste prospettiva e il cittadino tipo, anche quello informato che sente ormai distante la politica estera esaltante di Sigonella, di Craxi e compagnia, vede nei discorsi a sfondo internazionale quasi un  divertissement capace unicamente di togliere attenzione sulle dinamiche, quelle sì “davvero fondamentali” della disoccupazione, dell’alto livello di prelievo fiscale, della macchinosa burocrazia».

Ovviamente rimane in quasi tutti i partiti italiani che si presenteranno alle elezioni l’adesione e la fedeltà agli Usa e una vuota e stanca retorica europeista, ma nulla di più. Non una visione, non uno slancio, non una visione geopolitica chiara. Non è anche questa l’ennesima dimostrazione della decadenza del Paese Italia e, in particolare, della sua classe dirigente costretta a dibattere e litigare sull’IMU?

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