Referendum Costituzionale 2016, data di ottobre: quando si vota, in cosa consiste, perché Sì o No

Pubblicato il 20 Giu 2016 - 1:22pm di Ubaldo Cricchi

Archiviato il discorso relativo alle Amministrative 2016, il prossimo appuntamento degli italiani con le urne è quello relativo al Referendum Costituzionale: i cittadini infatti ad ottobre dovranno dire Sì o No alla cosiddetta riforma Boschi; vediamo quando si vota, come funziona la consultazione, quali sono i punti chiave della riforma e perché votare Sì o No.

Data e funzionamento del Referendum Costituzionale di ottobre 2016

Quando si terrà il Referendum Costituzionale? L’unica cosa certa è che si voterà ad ottobre; qualche giorno fa il ministro Boschi aveva detto che la data ufficiale non era ancora stata fissata, ma che comunque la consultazione si sarebbe tenuta nei primi del mese. Secondo alcuni rumors il giorno più probabile è il 2 ottobre (fino a qualche tempo si pensava più al 16 ottobre). Trattandosi di un referendum di tipo costituzionale bisogna sottolineare che non è previsto un quorum: questo vuol dire che l’esito della consultazione sarà valido a prescindere dal numero dei votanti. A differenza di quanto abbiamo visto un paio di mesi fa con il Referendum Trivelle, l’astensione non può essere considerata un’alleato del No.

Il testo su cui gli italiani dovranno esprimersi è lungo e abbastanza complesso e contiene diverse novità sul funzionamento dello Stato: vuole la fine del bicameralismo perfetto, modifica i rapporti tra Stato e Regioni e cambia diverse altre cose come il meccanismo di elezione del presidente della Repubblica e l’istituto del referendum. Insomma, l’impatto che avrebbe l’introduzione di questa riforma sarebbe enorme, per questo il Referendum Costituzionale viene percepito come la partita più importante dall’attuale Governo, il cui destino è strettamente legato all’esito finale della consultazione.

Le novità della riforma

Cerchiamo di capire quali sono i cambiamenti previsti dal testo della riforma costituzionale e i motivi che possono spingere il cittadino a votare Sì o No:

      • Niente più bicameralismo perfetto. Solo la Camera dei Deputati svolgerà il ruolo di assemblea legislativa e potrà esprimere il voto di fiducia al governo. I sostenitori della riforma sottolineano il fatto che un cambiamento del genere comporterebbe una maggiore velocità nel processo legislativo: l’attuale bicameralismo perfetto (unico caso in Europa) allunga l’iter con il meccanismo della navetta (il testo fa avanti e indietro tra Camera e Senato anche più volte); chi invece critica la riforma afferma che darebbe troppo potere all’esecutivo e che il cambiamento potrebbe portare tanta confusione (conflitti di competenze tra Camera e Senato) da rallentare, anziché accelerare, l’approvazione delle leggi.
      • Il nuovo Senato dei 100. Il Senato verrà completamente stravolto: il numero dei Senatori passerà da 315 a 100 e sarà composto da 74 consiglieri regionali, 21 sindaci e 5 persone nominate dal presidente della Repubblica (e poi ci sono i senatori a vita, ovvero gli ex presidenti della Repubblica); i componenti del nuovo Senato non riceveranno un’indennità aggiuntiva, ma potranno godere dell’immunità parlamentare. Il nuovo Senato dei 100 avrà competenza legislativa per le riforme costituzionali, le leggi elettorali degli enti locali e sui referendum popolari e le ratifiche dei trattati internazionali in merito all’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea; inoltre si dovrà esprimere sulle leggi di bilancio (ma l’ultima parola spetta alla Camera) e ha 30 giorni di tempo per deliberare a maggioranza assoluta sulle modifiche da apportare ai disegni di legge già approvati dalla Camera. I sostenitori della riforma affermano che in questo modo si riduce il numero dei parlamentari (cosa su cui tutti sembrano essere d’accordo da anni) e che in questo modo il Senato può svolgere al meglio le sue competenze legate alle Regioni. I critici invece sottolineano il fatto che la riforma non stabilisce come debbano essere scelti i consiglieri regionali e i sindaci che faranno parte del nuovo Senato (il tutto viene rimandato ad una successiva legge ordinaria) e non gradiscono la conferma dell’immunità  parlamentare.
      • Riforma del titolo V. Molti poteri assegnati alle autonomie locali torneranno allo Stato: ambiente, sicurezza sul lavoro, energia (trasporto e distribuzione), gestione dei porti e degli aeroporti, ordinamenti professionali, politiche per l’occupazione.
      • L’elezione del Presidente della Repubblica. I 630 deputati e i 100 senatori eleggeranno il Capo dello Stato: nei primi tre scrutini servono i due terzi dei componenti, dal quarto al sesto la maggioranze richiesta scende ai tre quinti, mentre dal settimo bastano i tre quinti dei votanti.
      • Novità per referendum e leggi popolari.Il numero di firme necessarie per proporre un referendum sale dalle attuali 500.000 a 800.000; dopo la raccolta delle prime 400.000 ci sarà il parere preventivo di ammissibilità da parte della Corte Costituzionale. Cresce anche il numero delle firme richieste per la presentazione di una legge popolare, dalle 50.000 attuali a 150.000; è prevista anche l’introduzione nella Costituzione dei referendum popolari di indirizzo e propositivi.
      • I giudici della Consulta. La scelta dei 5 giudici della Consulta non sarà affidata al Parlamento in seduta comune: il Senato ne nominerà due e la Camera tre. Per l’elezione ai primi due scrutini sono necessari i due terzi dei componenti, poi la maggioranza richiesta scende ai tre quinti.
      • Abolizione per Province e Cnel. Il testo della riforma costituzionale prevede l’abrogazione completa dell’articolo 99 riguardante la costituzione del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (con nomina di un commissario per la liquidazione e la ricollocazione presso la Corte dei Conti del personale); prevista anche l’abolizione delle Province e la premialità per le Regioni virtuose.
      • Ricorso preventivo alla Consulta per le leggi elettorali. Le leggi che disciplinano l’elezione dei componenti del Parlamento potranno essere sottoposte alla Corte Costituzionale per un giudizio preventivo di costituzionalità su richiesta di almeno un quarto dei deputati o un terzo dei senatori.
      • Equilibrio di genere nella rappresentanza. Il testo della riforma prevede l’inserimento di un nuovo comma all’articolo 55: le leggi sulle modalità di elezione dei parlamentari promuovono l’equilibrio tra uomini e donne nella rappresentanza.

Perché votare Sì

Alcuni dei vantaggi derivanti dall’approvazione della riforma li abbiamo appena visti, ma cerchiamo di ricapitolare il tutto e vedere perché si dovrebbe votare Sì al Referendum Costituzionale di ottobre:

      • L’addio al bicameralismo perfetto riduce i tempi del processo legislativo;
      • l’instaurazione del rapporto di fiducia tra Governo e Camera (unica ala del Parlamento a potersi esprimere sulla fiducia) garantisce una maggiore stabilità e governabilità;
      • la riduzione del numero dei parlamentari e l’abolizione del Cnel porteranno importanti risparmi;
      • i referendum propositivi e di indirizzo rappresenterebbero un vero strumento di democrazia diretta;
      • il nuovo Senato farà da collante tra il governo centrale e le amministrazioni locali, riducendo i contenziosi tra Stato e Regioni.

Perché votare No

Abbiamo già fatto qualche accenno anche agli svantaggi e ai dubbi sollevati da chi critica il testo della riforma, ma vediamo perché si dovrebbe votare No al Referendum Costituzionale:

      • il bicameralismo in realtà non viene superato, ma solo reso più confuso, dando origine a conflitti di competenze non solo tra Camera e Senato, ma anche tra Stato e Regioni;
      • il processo di produzione delle leggi non viene semplificato affatto, anzi, le nuove regole porterebbero a sette procedimenti legislativi differenti;
      • i costi della politica non si dimezzano: i risparmi derivanti dalla riforma si asseterebbero al 20%, ma con il rialzo delle indennità per i funzionari parlamentari potrebbe essere ancora più basso;
      • c’è meno spazio per la partecipazione diretta dei cittadini, visto l’aumento del numero di firme richiesto per leggi e referendum popolari;
      • tra riforma e Italicum non viene garantita la sovranità popolare;
      • garantirebbe l’immunità parlamentare ad amministratori regionali e locali.

Tante novità, un solo voto: i sondaggi

Al di là del Sì o del No, molti sottolineano il fatto che un testo che porta così tanti cambiamenti non dovrebbe essere sottoposto ad un unico quesito: sono troppi gli argomenti in ballo e qualche cittadino potrebbe ritrovarsi d’accordo con alcune novità e in disaccordo con altre, ma avrà un solo voto a disposizione per promuovere o bocciare in toto la riforma. Secondo gli ultimi sondaggi di Euromedia Research gli italiani sono ancora molto indecisi su come schierarsi al Referendum Costituzionale: il 37,6% degli italiani infatti non ha deciso se andare alle urne e cosa votare; quasi alla pari invece il fronte del Sì e del No, con quelli contrari alla riforma che sono in leggero vantaggio (32,5% – 29,9%).

Info sull'Autore

Sardo trapiantato in Umbria, dopo una lunga gavetta da articolista, posso vantarmi di essere un giornalista pubblicista. Convinto oppositore della scrittura in stile SMS, adoro gli animali e la musica.

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