Searching: recensione del film con John Cho e vincitore al Sundance Film Festival

Pubblicato il 21 Ott 2018 - 5:32pm di Francesco Salvetti

Arriva nelle sale Searching, il nuovo film con John Cho e vincitore al Sundance Film Festival.

Recensione del film Searching

Riassumere “Searching” in poche parole: “Un padre alla disperata ricerca della figlia scomparsa”. Fortunatamente andando a vedere il film capirete quanto sia superfluo concepire questo film in modo così sintetico e superficiale. La lavorazione di questo film parte da lontano, da un’attenta analisi sul cinema e nel quotidiano, perché se avete visto il trailer non è l’ennesimo riferimento a “Perfetti sconosciuti”, perché qui non si critica la tecnologia e quanto essa abbia influito sulle nostre vite, perché qui funge come la base della narrazione. Il film è completamente incentrato sulle registrazioni dello schermo e sulle connessioni che l’utente ha. Può dar fastidio allo spettatore? No, a noi non ha recato alcun disturbo, magari avrà dato fastidio a chi ha dovuto tradurre tutte le chat e le schermate.

Questa scelta è un rischio, che nel cinema non vedevamo dai tempi di “Hardcore” (film d’azione di due anni fa girato con la camera sul protagonista). Il rischio è figlio di un’attenta analisi della materia “Cinema” dato che a leggere i listini, nelle grandi major aria di novità se ne respira ben poca. Questo esperimento, oltre a un forte abbattimento sui costi gli ha permesso di andare al Sundance e vincere Il premio Alfred P. Sloan (Alfred P. Sloan Prize). Questo premio viene assegnato dal 2003 ed è dedicato all’imprenditore Alfred Sloan. Si assegna ai film che pongono al centro la tecnologia o la scienza o che ne elevano a protagonista uno dei membri delle materie citate in precedenza. Questo rischio cinematografico, si collega anche a un’analisi del quotidiano. I social scandiscono le nostre vite, immortalando tutto tramite un obiettivo e condividendolo ci permettono di conservarne il ricordo di quell’attimo, ma per la realizzazione di un film, quindi strutturare e creare una storia, rendere credibile il tutto è una materia complessa. Gli sceneggiatori, probabilmente con il consulto di un social media manager, hanno costruito un movimento social credibile, reale e realistico non solo nei confronti di un padre alla disperata ricerca della figlia, ma legata a un clamore mediatico dato dai mezzi di comunicazione compresa la televisione. Se desideriamo spaziare i nostri orizzonti e orientare il dibattito legato al film sulle nuove tecnologie, da qui si evidenzia come la tv ha ancora la stessa potenza di un tempo nonostante l’informazione viaggia di pari passo con quella legata ai social.

Questa novità, non è solo legata, a una nuova forma di comunicazione, ma anche in termini recitativi. Gli attori in scena si relazionano con uno schermo, molto spesso in videochiamata, ciò rompe totalmente i loro schemi e soprattutto i loro studi visto che studiano per relazionarsi direttamente con un collega. Questa materia così complessa non poteva che essere fidata ad attori esperti a partire dal capo famiglia che ha il volto di John Cho. Nato a Seul, classe 1972, è conosciuto al cinema per il pubblico internazionale maggiormente per le commedie e con ruoli mai troppo centrali. Per il film di Aneesh Chaganty John è il padre di Margot e, nonostante per quasi tutto il film si approccia con gli altri colleghi filtrato da un secondo obiettivo, quello del telefono, riesce a trasmettere tutto il dolore e la preoccupazione che può provare un padre con la figlia scomparsa, facendo immedesimare lo spettatore nelle sue condizioni.

Il film è ben scritto, sia come sceneggiatura che soprattutto come soggetto, complesso, pieno di colpi di scena e cambi di situazione. Lo consigliamo, perché è un film rischioso e sappiamo possa essere apprezzato dal pubblico italiano.

Info sull'Autore

Laureando in Ingegneria Gestionale presso l'università di Tor Vergata, da sempre appassionato di cinema e inviato per eventi cinematografici per Corretta Informazione.

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