Stato-Mafia: azione disciplinare per Di Matteo

Pubblicato il 21 Mar 2013 - 7:02pm di Redazione

Sotto accusa anche Messineo nell’indagine sulla trattativa Stato-Mafia

Stato-Mafia

L’indagine sulla trattativa Stato-Mafia non conosce pace. Un altro colpo è stato, infatti, ancora inferto nei confronti della Procura di Palermo.

Il procuratore generale della Cassazione ha promosso un’azione disciplinare nei confronti del pm di Palermo Nino Di Matteo e del procuratore Francesco Messineo, ma per una violazione minore. Nino Di Matteo viene accusato di avere ”ammesso, seppure non espressamente, l’esistenza delle telefonate tra l’ex ministro dell’Interno Mancino e il capo dello Stato Giorgio Napolitano”.

Il magistrato, secondo il procuratore generale della Cassazione, avrebbe ”indebitamente leso il diritto di riservatezza del capo dello Stato” riconosciuto dalla sentenza della Corte Costituzionale che ha accolto il ricorso del Quirinale sul conflitto di attribuzioni con la procura di Palermo.

Al procuratore Messineo, invece, si contesta di non avere segnalato le violazioni commesse da Di Matteo ai titolari dell’azione disciplinare.

Ricordiamo, inoltre, le recenti dichiarazioni di Grasso, ex Procuratore nazionale antimafia, attuale Presidente del Senato e da ciò che si dice probabile futuro Presidente del Consiglio, a proposito della trattativa Stato-Mafia: “La trattativa languiva e ci voleva un altro colpettino… Ero io divenuto oggetto della trattativa,vittima designata. C’è stato, insomma, un momento in cui sono entrato in questo ‘giochino’. Per fortuna sono qui a raccontarla…

Non si riusciva a capire chi fosse il giudice ‘che sta a Monreale’ che doveva subire l’attentato. Io fui chiamato da uomini della Dia per un colloquio investigativo per vedere se riuscivo, come palermitano a individuare il nome del magistrato; quando entrai nel luogo segreto mi presentarono al collaboratore di giustizia come dott. Grasso, e questi si dà una manata sulla fronte e dice ‘lui è, lui è’ e non riusciva più a raccontare perchè davanti aveva la vittima designata”, ha raccontato Grasso, Io lo spingevo per farlo parlare, una scena kafkiana… poi cominciò a raccontare la storia, ossia che si era preparato un attentato in una stradina di Monreale: lì ci stava effettivamente la famiglia di mia moglie e c’era mia suocera malata che io andavo a trovare molto spesso. Lui racconta che avevano ideato l’attentato mettendo l’esplosivo in un tombino coperto da un Fiorino Fiat con il fondo tagliato per lavorare senza essere visti. Poi si è posto il problema del telecomando perchè lì davanti c’era una Banca e temevano che il sistema di allarme potesse influenzare il telecomando (‘qualche volta la Banca fa qualcosa di positivo’, ha ironizzato Grasso). Allora vanno a Catania a prendere un telecomando più potente (per le dighe) e sulla strada del ritorno vengono pure fermati da una pattuglia della polizia ma nessuno si accorge di niente. Dopo qualche tempo viene arrestata tutta la banda in un blitz che coinvolge anche lo stesso La Barbera e gli altri che poi si misero a collaborare”.


 

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