Verdi e Wagner: due geni a confronto

Pubblicato il 14 Ott 2013 - 9:00pm di Redazione

In occasione del bicentenario dalla nascita di Verdi e Wagner, il mondo rende omaggio ai “rivoluzionari” del melodramma

Verdi

Nonostante siano passati duecento anni, Verdi e Wagner sono più attuali che mai. In occasione del loro compleanno, tutto il mondo è in fermento per rendere omaggio ai due re del melodramma. Nati entrambi nel 1813 uno a Le Roncole frazione di Busseto nel parmense e l’altro a Lipsia, hanno visto per molto tempo i propri destini sfiorarsi ma mai intrecciarsi del tutto. Due personalità simili, ma non uguali, animate entrambe dalla voglia di cambiare le cose, dal sentimento rivoluzionario, dall’amore per la loro terra, dal sogno di una patria unita e dalla passione viscerale per la musica, che li ha portati a realizzare alcune delle opere più intese ed emozionali della storia del melodramma.

Più riservato e schivo Verdi, più esuberante e “cerebrale” Wagner. Nelle loro rappresentazioni la forza della musica, la potenza dei cori, l’ utilizzo della “parola scenica“, l’intreccio di melodia e poesia  e l’uso di allestimenti teatrali imponenti hanno consentito all’ opera teatrale di sublimarsi e diventare la sola ed unica arte capace di lenire i mali del mondo.

Gli ideali risorgimentali e la situazione italiana sono stati il fulcro dell’ opera verdiana, ma non solo. Ai più Verdi può apparire come un compositore solitario, chiuso nel suo paesino, ma invece era profondamente attento alle correnti filosofiche e rivoluzionarie che animavano l’Europa di quegli anni; e ne sono un esempio la “Trilogia popolare” che comprende: “Rigoletto” (Venezia, 1851), “Il Trovatore” (Roma, 1853) e “La Traviata” (Venezia, 1853); liberamente ispirata al romanzo di Alexandre Dumas figlio, “La signora della camelie“. L’opera popolare verdiana mescola alto e basso, vecchio e nuovo, amore e morte, bene e male, mettendo in scena la vita, e l’ amor di patria.

Nel 1871 venne rappresentato per la prima volta in Italia il “Lohengrin” di Wagner al Teatro Comunale di Bologna, subito dopo l'”Aida” di Verdi. Wagner intendeva il dramma come elemento, non solo di introspezione personale, ma anche come l’unico strumento per distaccarsi dall’ ipocrisia del mondo. Notevole peso hanno avuto nella sua rivoluzione teatrale la filosofia di Marx, di Feuerbach, e soprattutto quella di Schopenhauer. Nella “Tetralogia” (“L’oro del Reno“, “La Valchiria“, “Sigfrido” e “Il crepuscolo degli Dei“), la nostalgia di un mondo lontano dove trovare la felicità si fa sentire in maniera molto forte, e la salvezza è possibile solo attraverso la redanzione e l'”eterno femminio“.

La Scala di Milano ha inaugurato la sua stagione teatrale proprio con la messa in scena del “Lohengrin” wagneriano. Molte inziative sono state lanciate per festeggiare Verdi e Wagner, non solo nelle due città natie, ma anche al “Metropolitan Opera” di New York. Tra le altre si segnala l’ iniziativa promossa dal teatro “La Fenice” di Venezia che ha dato il via ad una rassegna delle più celebri opere dei due compositori, si parte con “Otello” di Verdi e con il “Tristan und Isolde” del maestro tedesco.

Se si riscoprissero nuovamente quegli ideali che hanno animato Verdi e Wagner, se si riscoprisse in ognuno di noi il sentimento e la volontà di difendere la nostra terra, di proteggere il nostro territorio, non più dallo “straniero“, ma da noi stessi, forse lasceremo, come hanno fatto i “padri della patria“, un mondo più civile, più rispettoso, più solidale ai nostri figli.

 

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