Scuola, un Rom su dieci ci va

Pubblicato il 7 Apr 2015 - 10:12pm di Redazione

E’ questo il dato che esce. Una sociologa ha voluto vedere di persona “studiando” una comunità rom di origine bulgare che vivono in Italia. La scoperta, però, non è piacevole: Se nel loro paese, Bulgaria, il 40% non lavorava, qui solo un misero 6% non fa niente. Lavorano tutti.

Certo, i lavori si possono immaginare: In nero, quel che si trova. Ma per la scuola, niente. Non se ne parla, solo il 20% di loro è iscritto, che non vuol dire che la frequenti, ancora meno di coloro che, effettivamente, vanno a scuola, 10%.

Tra l’altro, poi, di questi 10%, la frequenza si c’è, ma non è assidua. Molte le assenze, oltre il 70% di assenza sul registro delle maestre o professoresse. La sociologa ha riportato tutto ciò sul campo con accurati dati, ma svariate domande le sono sorte: Perché mandare i figli a lavorare? perché da cosi piccoli? perché non fargli vivere l’infanzia come tutti i bambini?.

Secondo la sociologa, nelle grandi città si parla di problema logistico, di difficoltà al raggiungimento della scuola che si trova troppo lontano. Quando si tratta di piccoli paesi, però, la questione è la poca integrazione. Il che comporta la non volontà di iscrivere i figli negli istituti o di mandarli a scuola anche se iscritti.

Ma questo egoismo dei genitori nella poca integrazione e, quindi, della mancata iscrizione a scuola dei figli, blocca il futuro a questi bambini, taglia le ali dell’apprendimento, della cultura, del cambiamento.

Magari non diventeranno fisici o astronauti o magari si chi lo sa, certo è che chiudendo ogni opportunità non vi sarà occasione di evoluzione, integrazione e utilità dei rom.

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