Assad e la Siria: qualcuno ne parla ancora?

Pubblicato il 17 Lug 2014 - 3:00pm di Redazione

Assad

In questi giorni ci stiamo abituando a leggere o ad ascoltare le drammatiche notizie che arrivano dalla striscia di Gaza, dall’Iraq e dall’Ucraina. Tre conflitti che stanno provocando la morte di migliaia di persone, la maggior parte civili. Conflitti su cui la comunità internazionale sta dibattendo molto, senza che sia ancora arrivata ad una soluzione. Ma dai giornali o dai notiziari di tutto il mondo è quasi scomparso del tutto il conflitto siriano, che si protrae ormai da oltre tre anni e che ha provocato sino ad ora circa 150.000 vittime.

Tutto inizia nella primavera del 2011, quando dopo le “ primavere arabe” di Tunisia, Egitto e Libia iniziano le proteste anche in Siria contro il regime di Bashar Al Assad. Sommando gli anni da cui lui è al vertice della Siria  insieme a quelli di suo padre Hafiz, gli Assad sono al potere indiscusso nella terra di Damasco da oltre 40 anni. Dopo la fine dei totalitarismi di Ben Alì, Mubarak e Gheddafi, tutti si aspettano la capitolazione della “dinastia” degli Assad. Ma la repressione della ribellione è durissima, e anche a gli occhi di uno sprovveduto appare chiaro che in Siria  gli eventi non saranno simili a quelli delle altre “primavere”. Bashar al Assad può contare non solo su un regime duro e puro, ma anche sull’incondizionato appoggio internazionale della Russia e dell’Iran.

I ribelli costituiscono il cosiddetto “Esercito Libero Siriano“ al cui comando vi è il generale Riad Al Asad, che diserta il suo ruolo dall’esercito nazionale fedele a Bashar per organizzare la rivolta contro Assad. Al Asad inizia a dirigere le sue operazioni dalla Turchia, e tutto questo porta a credere che forse ci sia  lo zampino della Turchia (da sempre geopoliticamente avversa alla Siria degli Assad ) nell’organizzazione e nei finanziamenti dei ribelli. La guerra diviene ogni giorno sempre più feroce. Homs e Aleppo vengono bombardate dal regime, mentre l’Esercito Libero Siriano inizia a diventare preda degli interessi di paesi come il Qatar (che nel frattempo aveva messo gli occhi addosso all’Egitto finanziando i Fratelli Musulmani)  e dell’Arabia Saudita (da cui proviene appoggio finanziario per i gruppi salafiti e legati al fondamentalismo islamico). Contro Assad ed il suo regime iniziano a combattere anche gruppi legati all’integralismo islamico, come la brigata Al Nusra ed altre ancora che vengono accusate di crimini di guerra. Il meglio organizzato di tutti è quello dello “Stato Islamico dell’Iraq e del Levante“, meglio conosciuto come ISIS che attualmente ha sferrato una sanguinosa offensiva alla conquista dell’Iraq.

In tutto questo scenario degno di una oscura ed inquietante partita a scacchi con la morte iniziano anche a diventare sempre più forti i sentimenti di vendetta della popolazione sunnita della Siria, che da sempre non ha mai gradito il fatto di essere comandata dalla famiglia alawita degli Assad. Il tempo passa, i morti aumentano, ed appare chiaro che la primavera araba della Siria è diventata una vera e propria guerra, forse una delle peggiori carneficine nella storia di tutto il Medio Oriente.

Nel 2013 il presidente americano Barack  Obama annuncia che non ci sarà nessun intervento militare contro la Siria se Assadconsegnerà le armi chimiche e batteriologiche”. In realtà Obama era ed è perfettamente consapevole che la fine del regime di Assad potrebbe significare l’instaurazione a Damasco di un governo egemonizzato dal fondamentalismo islamico. Quindi nessun attacco. Assad accetta di consegnare le armi chimiche, ma la guerra continua a farla lo stesso con le armi convenzionali.

Siamo ora nel Luglio 2014, Bashar e i suoi oligarchi sono sempre allo stesso posto mentre a capo dell’ESL vi è ora il generale Abdel Al Bachir, ma  in Siria si continua a morire senza che nessuno sia riuscito a fermare questa orrenda mattanza in cui muoiono ogni giorno bambini, civili ed innocenti. Ma di tutto questo ormai non si parla più. Si parla dei morti solo quando fanno comodo.

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