Lo SME secondo l’economista Augusto Graziani

Pubblicato il 19 Mar 2013 - 8:29pm di Redazione

La fine dello SME come anticipazione della fine dell’Euro?

Trascrizione del convegno “Pragmatismi, disciplina e saggezza convenzionale. L’economia italiana dagli anni ’70 agli anni ’90” organizzato dal Dipartimento di Economia Pubblica della Facolta’ di Economia e Commercio dell’Università “La Sapienza” di Roma – 9 novembre 1994.

Forse dobbiamo celebrare un de profundis perché io sono tra coloro che pensano che lo SME sia ormai un episodio concluso e, proprio per questo, ne possiamo trarre alcune considerazioni di carattere sintetico su come ha funzionato e che frutti ha dato per l’economia italiana. È discusso se lo SME  sia davvero concluso e quale sia la sua eventuale data di conclusione. Tutti ricordano che le turbolenze monetarie dell’estate del 1992 hanno certamente inferto il colpo mortale allo SME, che aveva raccolto non soltanto i paesi che facevano parte della Comunità Economica Europea, ma anche altri paesi che, pur essendo fuori dalla Comunità, avevano spontaneamente deciso di agganciare la loro valuta allo scudo europeo e avevano, quindi, dato l’impressione che questo sistema dovesse, non solo consolidarsi, ma allargarsi al di là dei confini specifici della Comunità.

Invece, nell’estate del ’92 turbolenze monetarie, movimenti di capitali, la Banca Federale tedesca il 16 luglio rialza improvvisamente il tasso di sconto, l’Italia che lo aveva rialzato pochi giorni prima è costretto a rialzarlo nuovamente in più fasi, prima al 13,75%  e poi al 15%, e, alla fine, il 13 settembre il Comitato Monetario Europeo deve annunciare un riallineamento, il primo riallineamento dopo il 1987. Il governo italiano annuncia un riallineamento molto modesto, 3,50% di svalutazione accoppiato a un 3,50% di rivalutazione del marco. Però, dopo una breve chiusura dei mercati dei cambi le autorità italiane dichiarano di astenersi da interventi ufficiali nel mercato delle valute e la Lira, di fatto, diventa fluttuante, anche se l’Italia formalmente non esce dallo SME.  Con la Lira escono dallo SME la Finlandia, la Gran Bretagna, la Svezia, si hanno svalutazioni ripetute della Peseta, della sterlina irlandese e dello Scudo e quando, dopo un anno di queste turbolenze, si cerca di rimettere insieme lo SME si decide un margine di fluttuazione del 15% al di sopra e al di sotto, che autorizza a dubitare che esista ancora un accordo di cambio. Così, nel giro di pochi mesi, un sistema che sembrava tanto promettente va rapidamente in pezzi.

Lo SME era sempre stato, sin dalla sua origine, nel ’79, molto diverso dal sistema che lo aveva preceduto, quello di Bretton Woods, che era un accordo di cambio, aveva l’obiettivo di instaurare cambi stabili, però lasciava liberi i  paesi partecipanti di controllare i movimenti di capitali in via amministrativa e, in questo modo, ogni paese poteva gestire la politica monetaria in maniera più o meno autonoma. Era quindi possibile tenere bassi i tassi d’interesse e fare una politica di alta domanda globale di piena occupazione. Un certo influsso keynesiano, anche se gli storici dicono che Keynes era uscito sconfitto dalla Conferenza di Bretton Woods, era travasato nel sistema di Bretton Woods. Lo SME parte, invece, con obiettivi molto più ambiziosi, non solo realizzare un accordo di cambio, ma anche realizzare un mercato finanziario unico, con l’obiettivo della libertà dei movimenti di capitali che, infatti, viene realizzato. Anche l’Italia, che è uno degli ultimi paesi a realizzarlo, nel ’90 ammette la piena libertà dei movimenti di capitali.

È evidente che si crea uno spazio finanziario europeo unico, un tasso d’interesse collegato in tutte le piazze finanziarie al quale ogni paese deve adeguarsi. Non è più possibile condurre una politica monetaria autonoma, non è più possibile mettere in prima linea l’obiettivo del sostegno della domanda globale e della piena occupazione, occorre recepire il tasso d’interesse dai vincoli esterni che vengono dai mercati finanziari maggiori. L’equilibrio finanziario prende il sopravvento come obiettivo primario rispetto al precedente obiettivo della piena occupazione.

Questo sistema ha sollecitato – ancora quando era vivo perché adesso che non lo è più, o almeno si discute sulla sua vitalità, i giudizi sono molto più guardinghi – giudizi molto diversi, alcuni molto positivi. Un distintissimo economista italiano e nostro caro collega, il Prof. Luigi Spaventa, si è espresso più volte in termini molto positivi sui risultati e le acquisizioni dello SME, non soltanto in sé, ma anche dal punto di vista dell’economia italiana. Era un sistema che consentiva di avere dei disavanzi nella bilancia commerciale, compensati con importazioni di capitali. Era un meccanismo, quindi, che poteva consentire questa doppia leva degli scambi commerciali e dei movimenti di capitali, di tenere la bilancia dei pagamenti in equilibrio, di tenere il cambio stabile e, attraverso questa stabilità del cambio, generava aspettative di ulteriore stabilità e, quindi, era uno di quei sistemi che si confermano e si realizzano automaticamente generando aspettative di continuità.

Vi sono anche stati giudizi profondamente negativi. Un altro nostro distintissimo collega italiano, il Prof. Pivetti, ha invece messo l’accento sulle ombre dello SME. Le importazioni di capitali è vero che consentivano di sanare la bilancia dei pagamenti, ma il loro costo era quello di tenere tassi d’interesse molto elevati e, quindi, di aggravare lo squilibrio interno del debito pubblico, di mortificare gli investimenti e deprimere l’occupazione e,quindi, a suo avviso si trattava di un sistema che prima o poi sarebbe crollato. Altri economisti di altri paesi si sono anch’essi espressi negativamente: un vecchio economista e docente da tanti anni dell’Università di Berlino, il Prof. Riize, ha più volte scritto, mettendosi in una prospettiva, anche teorica, molto tradizionale che il vero equilibrio si ottiene, non quando si ottiene un accordo di cambio e i cambi nominali sono stabili, ma quando lo sono i cambi reali, cioè tenendo conto del diverso tasso d’inflazione dei diversi paesi. Invece, lo SME garantiva cambi nominali stabili a prezzo di cambi reali continuamente mobili e, quindi, non era, a suo avviso, un sistema di equilibrio, ma un sistema di profondo squilibrio.

SMEChe prospettive adesso che il sistema è sospeso e non sappiamo se darà adito a una sua piena restaurazione o, addirittura, all’instaurazione di una moneta unica europea o a nulla di tutto questo? Credo che dal punto di vista dell’economia italiana sia necessario tenere conto soprattutto della linea politica monetaria, ma politica in generale, seguita dal nostro partner maggiore che è la Germania. La Germania sta costruendo una grande area di influsso economico che trae vantaggio soprattutto dalla caduta del Muro di Berlino. Un’area che incorporerà le repubbliche baltiche , la Polonia, la Boemia, la Croazia, l’Austria che entra nell’Unione Europea, andrà dal Baltico all’Adriatico e sposta repentinamente il centro dell’Europa verso est, mettendone la Germania al centro. Questa grande area germanica entra in conflitto, per ragioni molto serie, nei suoi confini orientali che sono ancora indefiniti. Quanto grande sarà quest’area d’influsso germanica verso est? Lì, il problema serio è il problema, ancora ignoto ma molto promettente, dei giacimenti petroliferi del Mar Caspio e, quindi, della condotta delle repubbliche islamiche che facevano parte dell’Unione Sovietica, ora repubbliche indipendenti.

In un primo momento è sembrato che gli Stati Uniti, attraverso la Turchia, volessero estendere una protezione su queste repubbliche. Si sono tenute conferenze economiche, si è cercato di varare un grande oleodotto che sboccasse dal Caspio direttamente nel Mar Mediterraneo in maniera da evitare il passaggio attraverso l’Unione Sovietica tagliandola fuori. La Russia è tornata al contrattacco appoggiando le repubbliche islamiche e proponendo, invece, un percorso alternativo che sboccherebbe con un oleodotto nel Mar Nero. La posta in gioco è molto grossa perché i giacimenti del Mar Caspio promettono di dare una produzione di petrolio superiore a quella dell’intero territorio della Repubblica russa.  È evidente che qui vengono in conflitto, da un lato la Germania, dall’altro la Russia, dall’altro verso sud la Turchia spalleggiata dagli Stati Uniti. Cosa accadrà di tutto questo, evidentemente, è difficile prevederlo.

La Germania, intanto, altra incognita, dovrà decidere la condotta della sua politica valutaria. Fin ora aveva condotto una politica valutaria molto astuta caratterizzando lo SME con una stabilità dei cambi monetari, ma una continua oscillazione  dei cambi reali. Noi siamo abituati a pensare al fatto che il marco in tutti questi anni, e ancora oggi, si sia continuamente rivalutato rispetto alle altre valute. Questo è certamente esatto in termini nominali, perché tutti i riallineamenti dello SME sono stati, in realtà, svalutazioni delle valute deboli e rivalutazioni del marco. Però, se guardiamo alla questione in termini reali, in realtà la cosa è capovolta. Il marco, rispetto alle altre monete europee, si è sempre andando svalutando perché la stabilità dei prezzi in Germania era tale, e viceversa il tasso di inflazione negli altri paesi era talmente alto che, tenendo conto dei rispettivi tassi d’inflazione, erano le altre valute, quelle dei paesi deboli, che si rivalutavano in termini reali rispetto  al marco e il marco che si svalutava rispetto alle altre valute.

Secondo alcuni, questa era una politica deliberata della Bundesbank che non aveva tanto d’occhio la stabilità dei prezzi monetari interni, come hanno sempre dichiarato, ma aveva piuttosto d’occhio il valore esterno del marco con lo scopo di proteggere le esportazioni di manufatti. […] Non solo rivalutazione reale del marco, ma anche, fin dal 1987, creazione di un’Europa a due velocità. Si crea un nocciolo europeo intorno alla Germania in cui abbiamo stabilità dei cambi, nominali e anche reali. L’Europa a due velocità, quindi, non è un problema che dobbiamo porci per l’avvenire, ma è un fatto che esiste già dal 1987. Intorno, una cintura di paesi deboli – Irlanda, Portogallo, Spagna, Italia, Grecia – rispetto ai quali, invece, il cambio reale fino al ’92 continua a cadere.

Che cosa accadrà adesso? Dal ’92 le cose si sono capovolte e l’Italia ha condotto una politica di svalutazione, ed è anche una svalutazione differenziata perché dal gennaio del ’94 ad oggi la Lira ha cercato di svalutarsi rispetto al marco per proteggere le esportazioni, rivalutando, però, rispetto al Dollaro per evitare l’inflazione importata. Siamo tornati alla svalutazione differenziata di una ventina d’anni fa. Da un lato, c’è un incertezza, perché non è detto che la Germania sia disposta a tollerare questa novità, che ormai, però, sta durando da un paio d’anni, cioè questa svalutazione continua della Lira anche in termini reali. Dall’altro, c’è un altro problema, cioè che questo ritorno a una politica della svalutazione come protezione delle esportazioni e della politica di sviluppo guidata dalle esportazioni è una politica che, da un lato, ha degli effetti diseguali dal punto di vista territoriale sullo sviluppo del nostro paese perché avvantaggia largamente le regioni della piccola e media impresa esportatrici, mentre penalizza tutte le altre regioni che non sono in grado di trarre vantaggio dalla svalutazione. E poi è, ancora una volta, una politica di sostegno all’industria, attraverso la svalutazione e non attraverso l’avanzamento tecnologico.

Per quel che riguarda la politica valutaria la conclusione dello SME e l’avvio verso un nuovo, ancora incognito, sistema di regolamento dei pagamenti europei è densa di incertezze, sia dal punto di vista della condotta delle grandi potenze europee  e sia dal punto di vista di quello che in questo mare, presumibilmente molto agitato, riuscirà a fare l’economia italiana.


 

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