Festeggia l’opposizione, ma anche a Washington si preparano per il dopo Fidel Castro, mentre L’Avana rafforza i legami con la Corea del Nord
‘Funerale del castrismo‘. Con questo slogan, impresso su una bara nera, l’opposizione cubana festeggia a Madrid quello che spera sia “l’ultimo compleanno del tiranno Fidel Castro“. Al suono della canzone ‘Cadrà, se lo vuoi cadrà’, sulle note di ‘Buon compleanno a te‘, la piattaforma internazionale ‘Cuba Democracia, Ya‘ , in occasione degli 87 anni di Fidel Castro, il 13 agosto, esprime il “desiderio” che l’età e la malattia pongano fine a una Revolucion trasformatasi in un’interminabile dittatura.
”Pensiamo che questo sarà il suo ultimo compleanno, perchè le informazioni sul deterioramento della sua salute sono sempre più insistenti” ci dice Rigoberto Carceller Ibarra, fondatore e presidente di ‘Cuba Democracia, Ya‘. “Il suo crollo fisico e mentale è palpabile ogni volta che lo mostrano in pubblico per un evento a scopo propagandistico. È un momento, questo, che aspettiamo da molti anni”, dice. “Benché possa apparire anticristiano desiderare la morte di qualcuno – aggiunge – non me ne vergogno, perchè si tratta di un tiranno che ha fatto molto male e continua a farlo: il male deve scomparire e qualcuno deve desiderare che ciò avvenga e lavorare a tal fine“. Secondo Rigoberto Carceller Ibarra la volontà di por fine alla dittatura “si sta sempre più estendendo ormai fuori e dentro Cuba, in tutta l’isola“.
Anche a Washington, sia il Dipartimento di Stato che la Cia, si stanno preparando all’ineluttabile morte di Castro e alla probabile uscita di scena del fratello Raul, 82 anni, che lo ha sostituito ufficialmente al timone dopo la malattia. Ma cosa esattamente succederà dopo la morte del Lider Maximo è difficile immaginarlo anche per gli strateghi americani, che per oltre quarant’anni hanno osservato e studiato il fenomeno castrista, e hanno anche inutilmente cercato di eliminare Fidel Castro, reo di aver portato i missili russi a poche miglia dalle coste Usa e di aver tentato di esportare la rivoluzione in America Latina e in Africa.
Ma Fidel Castro, pur con tutti i suoi peccati, anche gravi, rimane un sognatore, e il suo odio nei confronti degli Stati Uniti resta grande. Per questo, non tutti sono rimasti sorpresi il mese scorso quando una nave nordcoreana proveniente da Cuba è stata fermata a Panama, e a bordo sono state rinvenute 240 tonnellate di armi, fra cui missili terra-aria SA-2, parti di caccia Mig e sistemi di difesa radar, diretti a Pyongyang. Il tutto ricoperto da un carico di zucchero cubano. L’Avana si è difesa affermando che le armi ”difensive e obsolete” andavano in Corea per essere riparate e aggiornate: una spiegazione credibile considerato che Pyongyang è famosa per ricostruire vecchie armi sovietiche in cambio di valuta o altri beni che l’embargo rende scarsi. E lo zucchero cubano apparentemente era il pagamento del servizio, insieme forse a parti di Mig ancora utilizzabilI. Ma qualche dubbio resta. Il trasporto è in violazione delle risoluzioni Onu sull’embargo alla Corea del Nord, e ha provocato un’inchiesta internazionale e una messa sotto accusa dell’Avana, proprio nel momento in cui i rapporti con Washington sembravano meno impossibili di sempre: perchè rischiare questo e altro per “riparare” armi quasi inservibili? O è vero, come sostengono certi ambienti della Cia, che gli SA-2 sono capaci teoricamente di portare testate nucleari e, quindi, di minacciare ancora il territorio americano?
Più verosimilmente il gesto di Fidel Castro è la riedizione dell’antica sfida nei confronti di Washington, la sfida che negli anni Sessanta portò il mondo, grazie ai missili sovietici, sull’orlo di una guerra nucleare. Oggi i rischi per gli Usa non sono gli stessi, ma l'”alleanza” evidente e manifesta con la Corea del Nord, ultimo paria della comunità internazionale e avvocato rinnegato di una ‘force de frappe‘ nucleare’ (un’altissima delegazione militare di Pyongyang ha recentemente incontrato Raul Castro all’Avana), segnala un rischio generale per la sicurezza, in quanto potrebbe avvicinare a poche miglia dalle coste Usa il braccio nucleare, già oggi minaccioso, della Corea del Nord. E segnala la volontà di Fidel Castro di non volersi arrendere, malgrado il cambiamento del mondo, e di voler garantire sino all’ultimo il proseguimento della Revolucion. Nessun vero dialogo, dunque, per preparare il dopo-Fidel Castro, ma una Cuba che, se qualcosa non interverrà a far cambiare rotta al Lider Maximo e a Raul, sembra incamminata verso una resistenza che, all’osservatore internazionale, appare impossibile; ma impossibile ormai da troppo tempo per non essere oggetto di dubbi e preoccupazioni.