Secondo Tito Boeri coloro che attualmente hanno 35 anni quando usciranno dal mondo del lavoro riceveranno delle pensioni più basse del 25% rispetto agli appartenenti alla generazione precedente, anche se lavoreranno fino ai 70 anni. Questi sono i risultati di una simulazione effettuata dall’Inps su una campione di 5.000 lavoratori che sono nati nel 1980 e presentata dal presidente dell’istituto previdenziale in concomitanza con il rapporto “Pensions at a glance 2015” dell’Ocse.
Allarme dell’Inps, Boeri avvisa: ai 35enni di oggi pensioni a 70 anni e più basse del 25%
Boeri spiega che quando si fa un’analisi di questo tipo si deve tener conto non solo dell’importo dell’assegno percepito mensilmente, ma anche da quanto tempo si riceve: osservando la distribuzione delle pensioni del Fondo lavoratori dipendenti si potrà notare che il 75% sono state erogate prima del compimento dei 60 anni. La simulazione dell’Inps dimostra che per i nati nel 1980 meno del 40% riceverà l’assegno prima dell’età di vecchiaia, che per gli attuali 35enni sarà di 70 anni (quindi inizieranno a percepirla nel 2050). L’importo complessivo delle pensioni sarà inferiore sia perché l’assegno verrà ricevuto per un minore numero di anni, sia perché il tasso di sostituzione rispetto alla retribuzione si abbasserà, arrivando ad una media del 62%.
In sostanza, spiega Boeri, si lavorerà più a lungo (anche per un miglioramento delle speranze di vita) e le pensioni percepite saranno inferiori del 25% rispetto a quelle attuali, considerando il minor numero di anni nel quale verranno percepite. Il presidente dell’Inps aggiunge che, con un Pil che cresce dell’1% e con le possibili interruzioni della carriera, l’importo potrebbe risultare inadeguato. In più, in assenza di qualche strumento di sostegno contro la povertà (come potrebbe essere ad esempio il reddito minimo), con il sistema contributivo potrebbero esserci grossi problemi per coloro che perderanno il lavoro prima di arrivare a 70 anni.
Rapporto Ocse: passi avanti dell’Italia, ma servono altri sforzi
Il rapporto Ocse sottolinea i progressi fatti dall’Italia per quanto riguarda la previdenza (aumento dell’età per l’uscita dal mondo del lavoro e riduzione della spesa per il futuro), ma saranno necessari altri sforzi se si vuole un sistema sostenibile dal punto di vista finanziario. Solo la Grecia ha una spesa previdenziale più alta della nostra e i contributi sul lavoro dipendente rispetto alla retribuzione con il 33% sono i più alti tra quelli dei paesi Ocse. Attualmente i pensionati italiani hanno un tasso di sostituzione rispetto al salario che, in media, sfiora l’80%, mentre il dato dei paesi più sviluppati si ferma al 63%. La riforma del 2011 ha ridotto la generosità del sistema, ma c’è ancora del lavoro da fare. Il consiglio dell’Ocse è quello di stimolare gli over 55 a partecipare al mercato del lavoro: proprio questa fascia di età ha visto il suo tasso di disoccupazione crescere di 15 punti percentuali nel giro di soli dieci anni (dal 31 al 46%).
Il presidente dell’Inps ha aggiunto che gli anziani sono i soggetti che hanno sofferto meno la crisi rispetto alle altre fasce di età: solo il 9,3% di chi ha superato i 65 anni vive in una condizione di povertà, mentre il dato che riguarda la popolazione totale è pari al 12,6%. È evidente che il rischio di povertà si è trasferito dagli anziani ai giovani (ben il 15% dei ragazzi tra i 18 e i 25 anni vive in povertà).
I Sindacati contro nuove strette al sistema previdenziale: c’è solidità, manca equità
I sindacati intanto ribadiscono ancora una volta il loro no ad eventuali nuove misure di stretta per quanto riguarda il sistema previdenziale. Come spiega Vera Lamonica, segretario confederale Cgil, non servono interventi che puntano a fare cassa, ma bisogna restituire al sistema solidarietà ed equità. Concetto ribadito anche dal segretario confederale della Cisl Petriccioli, secondo cui l’Italia è il Paese che negli ultimi 20 anni ha fatto il maggior numero di interventi legislativi per mettere al sicuro la stabilità finanziaria del sistema delle pensioni, trascurando però la sua sostenibilità sociale. Il segretario della Uil Domenico Proietti sottolinea un errore commesso dall’Ocse nel suo rapporto: quantifica la spesa per le pensioni al 15,7%, ma in realtà in quel dato mischia la spesa previdenziale e quella assistenziale.