Ragioni Referendum Dicembre 2016: motivi e opinioni, perché votare sì o no alla riforma, chi vincerà per i sondaggi

Pubblicato il 18 Nov 2016 - 11:18am di Ubaldo Cricchi

Poco più di due settimane ci separano dall’importante appuntamento politico con il referendum costituzionale di dicembre 2016: vediamo quali sono le ragioni di questa consultazione, facciamo un riepilogo del contenuto della riforma su cui sono chiamati ad esprimersi i cittadini e scopriamo quali sono i motivi e le opinioni per cui si dovrebbe votare Sì o No; alla fine daremo uno sguardo a chi vincerà secondo gli ultimi sondaggi.

Quesito, data e orario del referendum costituzionale di dicembre 2016

Prima di affrontare il discorso relativo alle ragioni del referendum vediamo alcune importanti informazioni “tecnico-logistiche”: gli italiani potranno esprimere il loro voto domenica 4 dicembre dalle ore 7:00 alle ore 23:00; per votare dovranno recarsi presso la sede indicata sulla tessera elettorale. Sulla scheda si leggerà questo quesito:

Approvate il testo della legge costituzionale concernente disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del Titolo V parte II della Costituzione.
Approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta ufficiale n.88 del 15 aprile 2016?

Si dovrà barrare la casella con il Sì se si vuole approvare la riforma, mentre si dovrà barrare la casella con il No se si vuole respingerla. Ricordiamo che si tratta di un referendum costituzionale confermativo, quindi non c’è un quorum e il risultato sarà valido a prescindere dal numero delle persone che si recherà alle urne.

Ragioni referendum: le novità della riforma

Seguiamo il testo del quesito che abbiamo appena riportato e vediamo quali sono gli aspetti della Costituzione che andrebbe a modificare l’eventuale approvazione della riforma:

Superamento del bicameralismo paritario:
attualmente il nostro Parlamento è formato da due Camere praticamente identiche per poteri e composizione; la riforma punta a risolvere questa equivalenza, assegnando alla sola Camera il potere di dare la fiducia al Governo e di legiferare; il Senato verrà coinvolto solo per le riforme costituzionali, le disposizioni a tutela delle minoranze linguistiche, e i provvedimenti che riguardano le politiche europee, gli enti locali e i referendum.

Riduzione del numero dei parlamentari:
Il Senato verrà rivoluzionato non solo sul piano delle funzioni, ma anche su quello della composizione: la riforma prevede che il numero dei senatori venga ridotto da 315 a 100, la cui elezione non sarà diretta, visto che 5 vengono nominati dal Presidente della Repubblica (e rimangno in carica per 7 anni), mentre gli altri vengono scelti dalle assemblee regionali (21 sindaci e 74 consiglieri regionali). I senatori non riceveranno una nuova indennità, ma godranno di un’immunità identica a quella dei deputati

Contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni:
La riduzione del numero dei parlamentari di cui abbiamo appena parlato va ad aggiungersi ad altre disposizioni (soppressione delle Province e del Cnel, di cui parleremo tra poco, e le novità per consiglieri e gruppi regionali) che dovrebbero permettere una riduzione della spesa pubblica, anche se non è facile capire di quanto.

Soppressione del CNEL:
Il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro è stato indicato spesso dal premier Renzi come l’esempio dello spreco del denaro pubblico: stiamo parlando di un organo previsto dall’articolo 99 della Costituzione che ha la funzione di fornire consulenza tecnica al Parlamento e che ha diritto all’iniziativa legislativa per le materie di sua competenza.

Revisione del Titolo V:
Questa parte riguarda i rapporti tra lo Stato centrale e le autonomie locali. Nel 2001 ci fu una modifica mirata a garantire una maggiore autonomia finanziaria ed organizzativa alle Regioni; la riforma oggetto del referendum di dicembre 2016 rappresenta un cambio di rotta rispetto a quel decentramento, visto che molte competenze torneranno ad essere un’esclusiva dello Stato.

Questi sono i punti principali della riforma, ovvero quelli che vengono indicati dal quesito che si troverà stampato sulle schede elettorali, ma il testo in realtà va a toccare altri aspetti come le modalità di elezione del Presidente della Repubblica e dei giudici della Corte Costituzionale e gli strumenti di partecipazione dei cittadini alla democrazia (referendum e leggi di iniziativa popolare); per saperne di più è possibile ricercare il testo completo della riforma sulla Gazzetta Ufficiale numero 88 del 15 aprile 2016, ma anche i nostri precedenti articoli che parlano delle novità che verrebbero introdotte con la vittoria del Sì.

Opinioni e motivi per cui approvare o respingere la riforma

Come si può capire dalle tante modifiche previste dalla riforma, il voto del 4 dicembre è molto importante: si deve decidere sul futuro della Legge Fondamentale della nostra Repubblica. E come sempre accade, quando si parla di politica il popolo si spacca: in questo caso c’è la divisione tra i sostenitori del Sì e il fronte del No; cerchiamo di capire quali sono le loro opinioni andando a conoscere per qusli motivi si dovrebbe votare a favore o contro l’approvazione della riforma.

Perché votare Sì

  • Il superamento del bicameralismo perfetto metterà fine al tipico ping pong tra le due ali del Parlamento: in questo modo le leggi verranno approvate più in fretta, dando risposte più immediate ai problemi.
  • Solo la Camera potrà dare la fiducia al Governo: l’instaurazione di questo rapporto solido dovrebbe garantire maggiore stabilità.
  • La riduzione dei parlamentari, l’abolizione del CNEL e gli altri interventi previsti dalla riforma permetteranno un notevole risparmio sui costi della politica.
  • I cittadini potranno partecipare di più alla democrazia con l’introduzione dei referendum propositivo e l’abbassamento del quorum per i referendum abrogativi che hanno raccolto almeno 800.000 firme.
  • Il nuovo ruolo del Senato come Camera di compensazione tra potere centrale e autonomie locali dovrebbe garantire una riduzione del contenzioso tra Stato e Regioni.

Perché votare No

  • Il bicameralismo non viene superato, ma solo reso più confuso e rischia di dare origine a nuovi conflitti di competenza sia tra le Camere che tra Stato e Regioni.
  • Il processo di produzione delle leggi in realtà non viene semplificato, visto che è prevista l’introduzione di diverse varianti del procedimento legislativo.
  • I risparmi sui costi della politica ci saranno, ma non saranno così importanti (una riduzione dei deputati, per esempio, avrebbe portato maggiori risultati): le cifre che si sentono in giro non sarebbero credibili, visto che tengono conto dell’eliminazione delle province, che formalmente esistono ancora (proprio perché non sono ancora state cancellate dalla Costituzione) ma che di fatto sono già state superate.
  • Non ci sarà maggiore partecipazione dei cittadini alla democrazia perché l’abbassamento del quorum vale solo per i referendum che raggiungono almeno 800.000 firme e il numero di firme necessarie per la presentazione di una legge di iniziativa popolare viene triplicato (da 50.000 a 150.000).
  • La riforma non è legittima (prodotta da un Parlamento eletto con una legge dichiarata incostituzionale), non è scritta in modo comprensibile e non è innovativa.
  • La combinazione delle novità della riforma con la nuova legge elettorale consegna il potere nelle mani del Governo e di un unico partito.

Chi vincerà? Gli ultimi sondaggi dicono No, ma…

Per sapere chi vincerebbe tra Sì e No se si votasse oggi possiamo dare un’occhiata agli ultimi sondaggi sul referendum costituzionale. Le statistiche elaborate da Demos mostrano il No in vantaggio di sette punti percentuali (41%-34%), ma l’alta percentuale di indecisi (25%) e il recente fallimento dei sondaggi per le elezioni americane spingono i media a non sbilanciarsi troppo. Comunque osservando anche altre elaborazioni sembra che il numero dei contrari alla riforma stia aumentando: per Ipsos il No è al 55% e il Sì al 45% (e sottolinea che un italiano su due non andrà a votare, mentre gli indecisi sono il 13%), mentre per Piepoli il No è al 54% e il Sì al 46% (indecisi 24%).

Info sull'Autore

Sardo trapiantato in Umbria, dopo una lunga gavetta da articolista, posso vantarmi di essere un giornalista pubblicista. Convinto oppositore della scrittura in stile SMS, adoro gli animali e la musica.

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