Ischemia cerebrale: sintomi premonitori, cause, conseguenze, cure e terapia di riabilitazione

Pubblicato il 9 Ott 2017 - 10:58am di Livia Larussa

Come comportarsi in caso di ischemia celebrale? Scopriamo insieme i sintomi, le cause, le possibili conseguenze di un attacco e tempi e modalità di cura. Essere in grado di riconoscere un episodio di ischemia potrebbe fare la differenza tra la vita e la morte. Vale dunque la pena prestare massima attenzione a quanto segue per essere bene preparati nell’infausto caso in cui ve ne fosse necessità. In via di prima approssimazione è bene far presente che quando si parla di ischemia celebrale, ci si riferisce al danno subito dal cervello – o meglio da un’area del cervello – quando non riceve la giusta quantità di ossigeno e nutrienti. Il che si verifica, sostanzialmente, quando il flusso sanguigno incontra un ostacolo, non riuscendo così a irrorare efficacemente l’area celebrale.

I sintomi dell’ischemia celebrale

Riconoscere la natura del malessere è il primo, fondamentale passo, per reagire celermente e nel migliore dei modi ad un attacco ischemico. Quali sono dunque gli elementi a cui prestare maggiore attenzione per essere certi di riconoscere il problema con cui si ha a che fare? In realtà i sintomi dell’ischemia celebrale variano notevolmente in base a tutta una serie di fattori: area del cervello danneggiata, estensione di detta area, violenza dell’attacco e così via. Tuttavia si può affermare che i sintomi più peculiari dell’ischemia sono sempre campanelli dall’allarme attendibili. Mi riferisco in particolare a: senso di intorpidimento di viso e braccia; perdita o riduzione di sensibilità o debolezza muscolare in un lato del corpo; problemi alla vista di un occhio e visione doppia.

Accanto a questi sintomi più caratteristici, non è raro che si manifestino altre forme di malessere quali vertigini, senso di spossatezza, difficoltà a mantenere l’equilibrio, difficoltà nel parlare. Tutte queste manifestazione dell’ischemia intervengono nell’immediatezza di un attacco, e possono avere una durata ridotta, scomparendo autonomamente entro 24 ore – in tal caso l’attacco ischemico è detto transitorio o T.I.A. –, oppure possono protrarsi nel tempo. Nel qual caso, si tratterà di un vero e proprio ictus. In entrambi in casi l’ischemia va trattata da emergenza medica quale è. Anche una T.I.A. rende infatti noto un problema alla circolazione che va assolutamente risolto per scongiurare il rischio di nuovi episodi ischemici.

Cause e soggetti a rischio ischemia

Ma chi sono i soggetti a rischio ischemia celebrale? Per rispondere a questa domanda è necessario individuare le cause che stanno alla base di questi attacchi. Ebbene, trattandosi di un malessere celebrale dovuto ad un rallentamento del flusso sanguigno, la causa principale non può che essere un’ostruzione di un vaso sanguigno. Le ostruzioni possono essere di tipo embolico o trombotico.

Nel primo caso l’ostruzione è dovuta – di solito – ad un grumo di sangue che si forma in altre parti del corpo, trasportato dal flusso sanguigno. Nel secondo caso l’ostruzione è dovuta ad un coagulo di sangue – il trombo – che si forma nello stesso vaso sanguigno.

Uno stile di vita poco sano – scorretta alimentazione, obesità, fumo, vita sedentaria – aumenta il rischio che si formino trombi nei propri vasi sanguigni. Tutti coloro che soffrono poi di patologie legate alla circolazione sono soggetti a rischio – si pensi al diabete e all’iper-tensione arteriosa –. Infine, purtroppo, anche la sola età avanzata può favorire l’insorgere di ischemie celebrali.

Conseguenze di un attacco di ischemia cerebrale, cura e terapia riabilitativa

Adesso che sappiamo qualcosa in più su cosa sia un’ischemia celebrale, come riconoscerla e cosa la determina, è necessario indagare sulle conseguenze che ci si debbono aspettare da un attacco nonché sulle cure e le terapie a cui sottoporsi nella fase di recupero. Ricordando comunque che la migliore cura è quella di cui si riesce a fare a meno, cerchiamo dunque di fare sempre prevenzione e di non esporci a rischi.

Le conseguenze più evidenti di un’ischemia sono: l’emiplegia – o paresi – dell’intera parte sinistra o destra del corpo del soggetto colpito – il lato dipenderà da quale emisfero del cervello ha subito l’attacco –; spasticità dei muscoli, vale a dire la tendenza degli stessi ad irrigidirsi e contrarsi in maniera autonoma. Esistono poi numerosi altre ripercussioni che il soggetto può manifestare a seguito di un’ischemia quali afasia, un disturbo del linguaggio – nel caso in cui fosse stato colpito l’emisfero destro – o il neglet, un disturbo dell’attenzione – nel caso fosse colpito quello sinistro –.

È chiaro che si tratta di condizioni molto difficili da accettare e con cui è piuttosto difficoltoso convivere. Cosa ci si può aspettare dunque dalle cure più immediate e dalla successiva terapia di riabilitazione? La cura che si riceve nell’imminenza di un attacco è la così detta trombolisi: si tratta di un’iniezione tramite la quale si somministrano sostanze trombolitiche – hanno la caratteristica di essere in grado di sciogliere i trombi – che liberano così il vaso sanguigno. Ricevere l’iniezione entro poche ore dall’attacco, argina notevolmente le conseguenze permanenti dell’attacco.

Nel caso invece in cui sia trascorso un lasso di tempo considerevole, c’è la possibilità che i danni subiti dal cervello risultino ormai irreversibili. La prognosi dipende da svariati fattori tra cui lo stato di salute e l’età del soggetto nonché dalla terapia posta in essere. Di grande importanza è dunque la fase successiva, quella di riabilitazione. Questa fase è infatti volta al recupero delle funzioni celebrali compromesse, ma anche alla compensazione delle stesse laddove il recupero non sia più possibile. Convivere con il nuovo stato delle cose – soprattutto in caso di paralisi di aree estese del corpo – non è affatto semplice e richiede tempo e assistenza qualificata. Con un esercizio costante e mirato, riconquistare la propria indipendenza è possibile anche nei casi più gravi.

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