Terremoto Aquila: un triste anniversario

Pubblicato il 6 Apr 2013 - 1:53am di Redazione

Corretta Informazione ricorda l’anniversario del terremoto de L’Aquila del 6 aprile 2009

aquilaQuattro anni sono trascorsi dalla terribile ed indimenticata notte aquilana. Il centro storico è ancora fatiscente. La “zona rossa” è rimasta rossa ed il tristissimo grigiore che la sovrasta, come una densa cappa, è immutato. Stiamo parlando de L’Aquila, capoluogo di regione, e non di uno sperduto paesello appenninico. Stiamo parlando del cuore della città di Federico II che, a tutt’oggi, è ancora sorretto da un intricato reticolo di tubi innocenti (poche altre cose sono rimaste “innocenti”). Stiamo parlando anche di chi un tempo attraversava, soggiornava, lavorava, abitava in quel cuore e che da quattro anni è in un non-luogo.

Oggi, scopriamo che nei tragici momenti de L’Aquila c’è stato un vuoto gestionale sul fronte psicologico, ovvero la “negazione degli eventi e della sofferenza”, così si è espresso Massimo Giuliani, psicoterapeuta e psicologo del Centro milanese di terapia della famiglia. Ma come? Ci si è spellate le mani ad applaudire, grattugiate le corde vocali ad osannare, sventolate le palme inneggianti all’efficienza della Protezione civile e del Gesù/Bertolaso suo profeta, mentre ora ci informano che gli aquilani hanno sopportato menzogne politiche, violenze mediatiche, divieti prefettizi, imposizioni bertolasoiane, deportazioni forzate, illusioni disorientanti, fanfaronate amministrative, miopie programmatiche, regressioni, ingorghi burocratici…

Ci sono voluti quattro anni per capire che gli aquilani sono finiti dentro un tritacarne di proporzioni spaventose. Ora pagano dolorosamente le conseguenze. Il livello dei disturbi post-traumatici da stress (PTSD) è cresciuto. Altrettanto le patologie legate alla depressione che subdolamente nel tempo si sono insinuate nelle menti delle persone. Si riteneva che la fascia sociale che peggio avrebbe sopportato i disagi e gli effetti destabilizzanti post sisma de L’Aquila fosse stata quella degli anziani. In parte è vero. Ma ciò che sorprende è che anche i giovani ne sono stati colpiti. Prova ne è che si è registrato un aumento sensibile del consumo di alcol e di sostanze stupefacenti (cannabis).

Temiamo che chi ha vissuto il trauma nella sua interezza potrà forse lenirlo col tempo. Difficilmente se ne affrancherà del tutto. Il passato è andato in pezzi. Il presente è ordinarietà esistenziale. Non resta che il futuro. Ma il futuro, inutile negarlo, apparterrà alla nuova generazione, a quella nata dopo il 6 aprile 2009 (non ci sembra un’esagerazione) che non avrà memoria del prima, di quanto perso, delle tribolazioni patite, degli affronti trangugiati come veleno, degli inganni perpetrati con subdola perseveranza. Ora, l’importante è che questa nuova generazione la si faccia crescere nel solco delle idee, della fiducia, della volontà e del coraggio. Chi è chiamato a seminare ha l’obbligo e la responsabilità di non pensare a se stesso e di costruire una prospettiva capace di lasciare intravedere un orizzonte certo ed il più luminoso possibile.


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