Inizierei citando una canzone del suo babbo: che dire di lei ?
Francesca Vecchioni è una donna la cui spontaneità risulta speciale al primo sguardo e al primo ascolto.
Nel caos metropolitano della capitale mi è capitato negli ultimi anni di trovarmela davanti qua o là, sulla copertina di un giornale oppure durante un’intervista televisiva.
Ma, davvero, non mi è mai rimasta impressa per il suo cognome. No, in quei momenti ai miei occhi lei era semplicemente Francesca, con le sue dichiarazioni e le sue idee, divenuta mamma di due splendide bambine e vogliosa di raccontare la propria storia.
Così, domenica scorsa, sommersa da articoli e scartoffie, è stato semplice riconoscerla mentre in un salotto televisivo esprimeva le sue opinioni con eleganza ed un pizzico di imbarazzo. In quel momento la sua presenza nel tubo catodico stava volgendo al termine, a differenza della mia curiosità , che rimase lì, appollaiata tra un ramo e l’altro della mente.
Beata sia la tecnologia quando in pochi secondi riesce a saziare la tua fame di notizie: ho scoperto così che Francesca Vecchioni aveva da pochi giorni pubblicato un libro: T’innamorerai senza pensare.
Il titolo riporta un verso di “figlia”, bellissima canzone scritta dal padre in occasione della sua nascita. Non sono mai stata un’amante delle storie romanzate. Non che sia una zitella acida, anzi, sono sempre stata una persona romantica ma, a differenza di altre donne, preferisco i sentimenti raccontati per esperienze vissute e non per forza ispirati a carrozze e scarpette di cristallo. Penso anche che chi ha avuto modo di conoscere davvero questo sentimento sappia quanto l’amore possa riferirsi non solo alla solita coppia principe-principessa raccontata nelle fiabe, ma anche al rapporto che lega una figlia ad un padre, ed un padre a due nipotine, e due nipotine a due…mamme.
Non so perché, ma sapevo che questo libro non mi avrebbe deluso. Leggendolo si percepisce subito che a scrivere è una donna semplice ma non scontata, capace di ascoltare gli altri, dedicando attenzione alla voce di tutti.
È questo che mi ha spinto ad acquistarlo. Se non si ha neanche una piccola anticipazione su ciò che vi è scritto, si comincia leggendone le pagine con un certo tipo di aspettative per poi scoprire che in fondo è molto più di quanto potessi immaginare.
Capita così che ti ritrovi ad emozionarti, a sorridere e a riflettere, come avessi di fronte a te un romanzo in piena regola, eppure è la vita di Francesca, fatta di seta e cemento, ed è proprio questo a rendere il libro così delicato ed intimo. Un vortice che ti divora e ti restituisce al mondo colmo di positività.
Francesca ha deciso di guardarsi indietro, sino agli anni che hanno anticipato la sua stessa nascita, proprio perché, come lei dichiara, noi nasciamo ancor prima di essere al mondo. Parla dei suoi nonni, dei suoi genitori, raccontando quanto il preciso allineamento di fatti e persone abbiano dato il via ad un effetto domino di eventi e quindi alla sua nascita, crescita e consapevolezza di sé.
Un ping pong adolescenziale tra Roma e Milano, a suon di bischerate e biglietti obliterati, racconta di sbornie tra amici, giorni di coma in ospedale, riunioni di famiglia, ripercorrendo poi le tappe sentimentali che l’han portata dallo sperimentare improbabili stili di bacio(elicottero e farfalla, sempre che siate in grado di immaginare a cosa possano riferirsi) fino al condividere con un’altra donna l’esplosiva voglia di crearsi una famiglia e quindi di diventare mamme.
Esatto, perché qui stiamo parlando di una Lei che ama un’altra Lei. E questo libro è raccontato con una spontaneità tale che invece di Renzo e Lucia ti trovi davanti Giulietta&Giulietta e neanche te ne accorgi.
È un libro che consiglio, da raccontare e regalare a chiunque, giovani o soggetti più vintage, ma soprattutto a chi spesso ascoltiamo nel bar sotto casa mentre spara sentenze su realtà, ahimè, completamente sconosciute a sé stesso/a. Proprio affinché le parole, la cultura ed il sapere diventino l’arma diretta contro l’ignoranza.
Da tempo a capo dell’associazione DIVERSITY, Francesca si fa portavoce proprio delle diversità da cui non tutti riescono a ricavare spunti di crescita personale ma, anzi, solo quel triste pregiudizio imburrato, infornato e distribuito alle menti più fragili e provinciali della nostra società. Combatte a colpi di cultura per i diritti di tutti quelli che continuano a vivere seguendo i canoni altrui e reprimendo la propria identità.
Per chi con sacrifici, forza e sentimento crea qualcosa in cui crede, vivendo però con la paura di vedersi sgretolare tutto tra le mani per colpa di leggi ipocrite e anti-dignità umana. Ricordiamo che qui non si parla del diritto a creare murales sulle pareti di monumenti sacri, ad indossare pellicce di labrador in piazza o chissà quale altro atto vandalico, ma semplicemente del diritto ad amare e preservare ciò che si ama.
Detto questo, credo che alla fine di questa recensione sia chiaro quanto il libro mi sia piaciuto.
Sappiate inoltre che, quando avrete finito di leggerlo, potreste sentire una tremenda voglia di:
1-Richiamare tutti i vostri amici per sbronzarvi in un mega party a bordo di un tram a Roma;
2-Visitare in lungo e in largo Amsterdam;
3-Mettere in pratica il famoso bacio ad elicottero;
4-Rivolgere maggiore interesse ai diritti e alla libertà del prossimo.
Ma soprattutto… avrete voglia di innamorarvi, così…senza pensare.
Ps: Quelle che vedete nella foto che precede la recensione, sono Nina e Cloe, le splendide gemelline nate dal sentimento tra Francesca e la sua ex compagna, Alessandra. Sfido chiunque a trovarsi di fronte a sé i loro occhioni FELICI, pieni d’amore per le loro mamme, e continuare comunque ad osannare una stramba ideologia secondo la quale queste due meraviglie non sarebbero dovute venire al mondo. La società deve svegliarsi, perché in realtà i bambini sanno qualcosa che la maggior parte della gente ha dimenticato e cioè che proprio dove c’è amore e serenità nascono le vere famiglie, quelle di cui questo paese ha realmente bisogno, tutto il resto è solo un noioso bla bla bla.
aRi-ps: Per coloro che, a seguito dei tanti recenti casi di bullismo a sfondo omofobo si ritengono assolti avendo le proprie mani pulite, riporto uno stralcio del libro che mi ha fatto molto riflettere, invitandovi a fare lo stesso:
“ E agli altri, a chi non è toccato direttamente, a chi non ha idea di cosa si stia parlando, insomma agli altri… Ma perché agli altri dovrebbe interessare qualcosa? Dovrebbe. Dovrebbe perché discriminare è peggio di essere discriminati. […] Dovrebbe perché il gruppo di ragazzi che bullizza il bambino effemminato, quello sovrappeso, o quello di colore, o magari quello che sembra frocio perché non gli piace il calcio, è sempre meno numeroso del gruppo degli spettatori. Sono gli spettatori a fare la differenza. È chi sta fermo a guardare e non interviene. È chi fa il pubblico che alimenta le gesta del gruppo: il bullo senza pubblico non ha motivo di esibirsi. Non bisognerebbe preoccuparsi di essere la madre di un ragazzo gay, ma di essere il genitore di quello che lo mena. Perché il problema vero non è l’omosessualità, è l’omofobia.”