Notti Magiche: recensione del film di chiusura della festa del cinema di Roma

Pubblicato il 11 Nov 2018 - 9:18am di Francesco Salvetti

Arriva nelle sale il film di chiusura della Festa del cinema di Roma “Notti Magiche”, diretto da Paolo Virzì con Giancarlo Giannini e Andrea Roncato.

Semifinale dei mondiali del 1990, si gioca Italia-Argentina. La nazionale azzurra ha tutte le carte in regola per accedere alla finalissima. Nel mentre a Roma, dietro un gruppo di persone che sta vedendo la partita sul lungo Tevere, una macchina cade nel fiume, all’interno c’è un uomo. Com’è successo? Chi è stato?

Videorecensione del nostro inviato

Durante la conferenza stampa di presentazione del film, in occasione della tredicesima Festa del cinema di Roma, Paolo Virzì ha introdotto la sua ultima fatica con queste parole: “Questa era una stagione emozionante, che ci era rimasta dentro, che ci ossessionava in certi ricordi e aneddoti. Dopo l’addio di Scola, ho capito che questo film andava fatto, per rendergli omaggio e soprattutto per prenderli in giro, proprio come loro ci hanno insegnato”.
Difficile dargli torto, il mondiale del 1990 per l’Italia è stata una delle più grandi occasioni perse e, a posteriori, questo film ne racconta il fallimento di una generazione che doveva “spaccare il mondo” ma che in realtà poi ha fatto ben poco, rispetto alle potenzialità che aveva. Si, perché i 3 ragazzi protagonisti del film, sono idealmente i 3 sceneggiatori di questo “Notti Magiche”, perché la storia è piena e colma di racconti riguardanti il loro arrivo a Roma, la freschezza della giovane età e il loro muovere i primi passi nel cinema. Proprio quest’ultima affermazione, ci fa collocare idealmente “Notti Magiche” come “La grande Bellezza” di Paolo Virzì, questo parallelismo quasi Dantesco (non a caso Virgilio è il nome del personaggio che li accompagnerà dai personaggi del “Grande cinema italiano”, che non sarà un traghettatore ma bensì una guida che, per come è stata scritta, ricorda i grandi maestri che in questo film vengono omaggiati), come Jep nel film di Sorrentino scendeva negli inferi di una Roma notturna, qui i nostri protagonisti peregrinano da un ufficio a un altro, passando per set e incontri inaspettati.

L’idea di questo film è arrivata subito dopo la morte di Scola, come se questo evento segnasse la chiusura con un passato così glorioso. Ma in realtà tutta questa maestosità, era veramente tale? Cosa si nasconde dietro le luci del cinema? Grazie alle regole del giallo e della ricostruzione di questa morte, viaggeremo da l’avvocatessa Cau (agente di tantissimi attori e produttori), sino a Fellini e Mastroianni, giocando nel trovare chi si nasconde dietro alcuni personaggi dal nome fittizio.

La sfida produttiva di Marco Belardi e di Raffaella Leone non è legata soltanto nel produrre un film così importante, ma soprattutto nell’affidarlo sulle spalle di 3 attori quasi esordienti. Tutti e 3 venivano da piccoli ruoli e si sono ritrovati nel gestire una situazione molto complicata. Nonostante il rapporto sia stato schematizzato con i tipici canoni di situazione che possono legare 2 maschi e 1 femmina, il ruolo più interessante e misterioso è stato affidato a Giovanni Toscano, quello che idealmente interpreta un giovane Paolo Virzì. Sebbene la sua recitazione parta piena di eccessi, nei primissimi minuti del film, non appena calato quell’innaturale entusiasmo, è uscito fuori un potenziale grande talento che dietro un carattere forte, mostra una toccante debolezza.

Il film è un viaggio nel cinema di ieri, un ripasso di storia per capire come siamo arrivati a oggi e cosa possiamo fare per migliorare. Chi ha ucciso il cinema italiano? Non ci resta che scoprirlo dall’8 novembre al cinema.

Info sull'Autore

Laureando in Ingegneria Gestionale presso l'università di Tor Vergata, da sempre appassionato di cinema e inviato per eventi cinematografici per Corretta Informazione.

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