Recensione Spider-Man Homecoming: trama e commento

Pubblicato il 5 Lug 2017 - 9:07am di Francesco Salvetti

La storia ha inizio 8 anni prima, a quel tempo Adrian Toomes si occupò di ripulire la torre di Tony Stark dalle macerie create a causa della guerra degli Avengers contro l’invasione aliena guidata da Loki, fratello di Thor. Adrian spese tutti i suoi risparmi per sostenere la ditta di pulizie, ma venne bruscamente cacciato da una Joint Venture legata al signor Stark. Poco tempo fa, durante la Civil War, il giovane Peter Parker è stato contattato da Tony Stark per mettersi al suo fianco nella battaglia contro Captain America, rilasciato poi dallo stesso Iron Man con la promessa: “Se serve ti richiamiamo”. Oggi sono 2 mesi che nessuno lo cerca, che cosa starà facendo un teenager come lui con i superpoteri? Chi è Peter Parker?

Spider-Man Homecoming: la recensione

Spiderman, eroe dei fumetti nato dalla penna di Stan Lee, finalmente “torna a casa”. Quest’ultima espressione, non a caso è stata messa tra le virgolette, è non solo parte del titolo ma figlia di una storia di diritti che andava avanti da troppi anni.

Come tutti gli eroi della Marvel (società fondata da Stan Lee per tutelare le sue creazioni), vendette ad altre società i diritti per la realizzazione cinematografica di lungometraggi sui supereroi. Alla Universal andarono “Iron Man”, “Thor” e “Captain America”, alla Fox la saga degli “X Men” e i “Fantastici quattro” (recentemente si sono aggiudicati Deadpool) e alla Sony Picture Releasing “Spiderman”.

In seguito all’acquisizione di Marvel da parte di Disney e la conseguente nascita del “Marvel Cinematic Universe”, tra tutti i supereroi presenti si sentiva sin da subito l’assenza di un ragazzo normale, inconsapevole di come possa aver preso i poteri, un rappresentante del pubblico, uno con cui ci si possono immedesimare tutte le persone, non per semplice svago, ma perché Spiderman è uno di loro.

Così dopo 17 lunghissimi anni la Sony ha ceduto, permettendo a Kevin Feige e al regista JonWatts di dare vita a questo nuovo capitolo dell’Uomo ragno.

Definire questo film un reboot è un semplice pregiudizio, non solo perché il regista lo ha espressamente confessato durante la presentazione romana, ma perché la storia del film non è introduttiva. Essendo quello di Tom Holland il terzo Spiderman, hanno dato per scontato come possa aver preso i poteri, ma il team di sceneggiatori si è espressamente concentrato su un’altra domanda: “Cosa farebbe un sedicenne del 2017 con i poteri?”.

Proprio per questo sono andati a scavare su Peter Parker, analizzando la sua situazione scolastica di ragazzo bullizzato da un altro suo coetaneo di origine Indiane, il suo migliore amico paffuto di origine Asiatica e la sua amata di carnagione scura. Già da questi elementi si percepisce la capacità da parte degli sceneggiatori di guardarsi attorno e di rendere naturali, degli elementi che ancora troppo spesso ci sembrano assurdi. Inoltre, la contemporaneità è data da alcuni elementi presenti nel film: tutti sappiamo che Peter Parker è noto per le fotografie, oggi farebbe lo stesso? Assolutamente no, infatti sarebbe uno Youtuber, che usa WhatsApp, che vede le storie di Instagram e che ascolta musica da grandi cuffie. Quest’analisi del protagonista doveva necessariamente essere diversa dai precedenti interpretati da Tobey Maguire e Andrew Garfield, per non rendere questo terzo punto di vista noioso per lo spettatore. Tom Holland, nel metterlo in scena si è ispirato al noto protagonista della saga di Ritorno al Futuro Marty McFly, mostrando l’euforia di un ragazzo comune catapultato in un contesto semplicemente pazzesco.

Quello di cui vi abbiamo parlato in precedenza è il focus del film, la parte più difficile che è stata perfettamente realizzata e portata a termine anche grazie al contributo di buone inquadrature del regista sui ragazzi, soprattutto nei confronti di Liz interpretata da Laura Harrier.

Ma questo “ritorno a casa” non è solo la storia di un ragazzo, ma ci sono altre due situazioni curiose all’occhio di uno spettatore ben attento: Robert Downey Junior e Michael Keaton.

Robert, sebbene sia presente in maggior parte delle locandine, non è protagonista ma c’è. In questo film lo vediamo sotto un aspetto differente. All’inizio della Civil War scavava nel suo passato e nel suo travagliato rapporto col padre andando, nel corso della storia, a reclutare proprio Peter Parker. In questa pellicola viene ripresa quella situazione e sviluppata mettendo a paragone la saggezza di Iron Mane la voglia di farsi valere di Spiderman: il tutto metaforicamente assimilabile a un rapporto padre-figlioin cui Tony si rivede in Peter ponendogli il suo stesso dubbio di Iron Man 3 “Cosa sei senza il costume?”.

L’altro elemento è Michael Keaton, ammirato ne “Il Caso Spotlight”, quando uscì la notizia della sua presenza nel film, destò una reazione anomala nei suoi fan. Noto per aver interpretato il primo “Batman” di Tim Burton era sparito dai radar per qualche anno, sino a che Inarritu non lo rilanciò grazie a “Birdman”, in cui interpretò un ruolo metafora di se stesso, facendo pensare tutto il pubblico a un addio al mondo deiCinecomic. Kevin Feige recentemente lo ricontatta proponendogli un ruolo insolito: un cattivo, ma non uno qualunque, bensì uno del Quarto Stato che lotta contro i poteri forti cercando una vendetta per tutti quelli come lui. Il talento di Keaton lo si nota già dalle primissime inquadrature, dove viene mostrato un disegno degli Avengers e lui regala dei movimenti con la bocca che lasciano intendere come continuerà il suo rapporto con loro.

Il film è altamente consigliato sia perché si scarna dalle due precedenti versioni dando vita a 2 ore di puro intrattenimento, ma soprattutto perché dà una speranza a tutti quei ragazzi che si sentono bullizzati e non riescono a esprimere a pieno tutto il loro potenziale.

Info sull'Autore

Laureando in Ingegneria Gestionale presso l'università di Tor Vergata, da sempre appassionato di cinema e inviato per eventi cinematografici per Corretta Informazione.

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