Service tax, analizziamo la manovra del governo Letta con chi la dovrà far digerire ai contribuenti
Parliamo oggi con Silvana Salvietti, ragioniera da più di 30 anni. Non spiegherà teorie economiche ma chiarirà alcuni concetti della recente politica economica italiana, facendo leva sulla propria longeva esperienza a contatto con uno spaccato di contribuenti italiani, in modo che tutti possano comprendere le “complesse manovre” del governo Letta. Innanzitutto grazie per aver scelto di rispondere ai nostri dubbi in merito alla ormai tanto citata e temuta Service Tax.
Allora partiamo dal principio: Quando venne introdotta l’Imu?
Venne introdotta a fine del 2012 dal governo Monti, ma già era nei programmi del governo Berlusconi, anche se in modalità differenti.
In cosa consiste l’imposta dell’Imu?
L’Imu è, o meglio era, un’imposta municipale che andava a colpire il patrimonio immobiliare. Le aliquote applicate variavano a discrezione dell’ente comunale, in base a una tabella ministeriale che indicava i minimi e i massimi applicabili in percentuale, e la riscossione della tassa era in parte a favore dei comuni ma anche, e soprattutto, dello Stato. A differenza dell’Ici, l’Imu andava a colpire anche le prime case e, inoltre, non prevedeva agevolazioni, come nel caso degli immobili abitati a uso gratuito da parenti in linea retta di primo grado: anziché essere considerate prime case, l’Imu le riteneva comunque seconde case.
Passiamo a parlare del presente o comunque del futuro prossimo: Cosa è la Service Tax?
La Service Tax è una manovra politica.
Si spieghi meglio…
È una manovra politica nel senso che la tanto ormai citata abolizione dell’Imu è solamente un’operazione formale, perché dire che l‘Imu è stata abolita non è del tutto vero. L’Imu cambia nome, può essere assimilabile, infatti alla Tasi, una delle imposte di cui consta la Service Tax. La Tasi è un’imposta sul servizio, ovvero viene pagata da chi usufruisce di qualsiasi bene e servizio locale. Questa è una delle grandi differenze rispetto all’Imu: se quest’ultima era un’imposta che andava a colpire il patrimonio, la Service Tax è, invece, una tassa sul servizio, il che comporta un grande cambiamento.
Cioè?
Come pare preveda il decreto legge, perché ricordo che per ora non sono state date disposizioni certe e quindi si parla in termini ipotetici, la Tasi sarà pagata sia dal proprietario dell’immobile che dall’occupante, proprio perché ne usufruisce. Questo è sicuramente un aspetto sul quale riflettere.
Lei considera ciò negativo? Se sì perché?
Lo considero negativo, in quanto in tal modo, nel caso di un affittuario, ma anche di un figlio che usufruisce della seconda casa di un genitore, si vanno ad aggiungere spese che peseranno sul bilancio annuale. In realtà, però, la conseguenza, che secondo me è più grave e anche facilmente prevedibile da parte del governo, è l’incentivo all’evasione fiscale.
Come potrebbe la Service Tax incentivare l’evasione fiscale?
Se io proprietario ho interesse a trovare un affittuario, il che è già arduo dato il mercato immobiliare alla luce della crisi odierna, sono costretto a trovare degli escamotages che, sicuramente, sarebbero condivisi dall’affittuario: ovvero farmi pagare al nero parte dell’affitto, corrispondente alla Tasi.
Per quanto riguarda la seconda parte della Service Tax, cioè la Tari?
La Tari sarà dovuta da chi occupa, a qualunque titolo, locali o aree suscettibili di produrre rifiuti urbani. Il principio secondo il quale verrà applicata sarà “chi inquina, paga!”, almeno secondo le varie circolari informative e per ciò che riportano i giornali online.
Non pensa che il principio “chi inquina, paga” sia difficile da applicare? Come verrà calcolata la Tari?
Sicuramente è difficile calcolare una tassa basandosi su di un principio. Per quello che trapela negli studi commerciali cambierà poco sul modo di calcolare la tassa sui rifiuti; si parla di parametri quali i metri quadrati dell’immobile, il numero degli abitanti di esso e la rendita catastale.
Cosa ne pensa dell’ultimo parametro, della rendite catastali, andrebbero riviste?
Beh sì, in quanto le rendite catastali non sono state aggiornate, considerando l’effettiva e odierna topografia dei nostri centri urbani. Ad esempio, a Genova, immobili che in passato occupavano la zona centrale della città e quindi accatastati in categorie A1(signorile)e A8(ville), si trovano ,oggi, in zone divenute periferiche.
Il decreto Letta non si è occupato solo di Service Tax ma anche di Irpef, cedolare secca e indennizzi assicurativi. Per quanto riguarda l’Irpef?
Allora, l’anno scorso era stata introdotta un’agevolazione per coloro che pagavano l’Imu, che consisteva nel non pagamento dell’Irpef. In breve, per essere chiari, dato che ora è stata “abolita l’Imu”, viene reintrodotto il pagamento dell’Irpef a raggio retroattivo.
A che scopo?
L’abolizione dell’Imu è un costo per lo Stato, che probabilmente sarà compensato proprio grazie all’Irpef, almeno parzialmente. Sono previsti, infatti, altri tagli quali quelli agli esodati e una riduzione della franchigia delle polizze assicurative, cioè anziché detrarre il 19% su 1291 euro si potrà detrarre sempre il 19%, ma su 630 euro, il che implica un aggravio ulteriore sulle famiglie.
Nel decreto emanato a fine agosto si parla anche di cedolare secca, giusto?
Sì. Il decreto interviene in materia di cedolare secca riducendo dal 19% al 15% l’aliquota applicabile ai contratti a canone concordato. Sicuramente la manovra cerca di agevolare il cittadino, però il punto è che va incontro nuovamente solo al proprietario dell’immobile e non all’affittuario.
Un parere personale: lei crede che la Service Tax possa essere la giusta soluzione?
La Service Tax potrebbe essere un’ operazione adeguata se, anzitutto, lo Stato restituisse i servizi per i quali incassa l’imposta e, inoltre, se venisse applicata secondo fasce di reddito. Si pensi alla Tari, ad esempio, la tassazione si basa, tra l’altro, sul numero di abitanti di un immobile, il che implica che lo Stato presuppone che una famiglia di 2 persone produca meno rifiuti di una composta da 4 membri. Questo può essere vero, ma è altrettanto verosimile che se 2 persone hanno un reddito di 50 mila euro annui, mentre la famiglia più numerosa ha un reddito pari alla metà, probabilmente potrà permettersi meno beni e quindi produrre meno rifiuti. La tassazione a fasce di reddito, inoltre, dovrebbe essere applicata comunque, affinché vi sia un’equa distribuzione del carico fiscale. Sa, questo discorso mi fa pensare alle fasce nel caso dell’Irpef.
Perché?
L’Irpef è un esempio di imposta applicata secondo fasce di reddito ma, a mio parere, anche nella definizione delle fasce di reddito ci deve essere una certa logica. Le pare giusto che la fascia di reddito massima colpisca dai 100 mila euro in su, ovvero che una persona con un reddito di 100 mila euro paghi il massimo dell’aliquota così come chi ha un reddito pari a 1 milione di euro? Io non lo credo equo.
Un’ ultima domanda: personalmente, si è fatta un’idea su valide alternative alla Service Tax?
A mio giudizio, in Italia manca una tassazione sul patrimonio. Naturalmente, rimanendo fedele alle mie convinzioni, credo che l‘imposta sul patrimonio andrebbe applicata nel caso in cui si sia proprietari di più di due immobili e tenendo conto della situazione del reddito. Se posso esprimere la mia idea, in quanto cittadina italiana e non come esperta del settore, la mancanza di efficaci, durature e stabili manovre dipende, in primo luogo, dalla mancanza di una volontà politica che operi in tal senso.
Grazie ancora a Silvana Salvietti per le sue delucidazioni in merito alla Service Tax e ai meccanismi dell’economia quotidiana ma, e soprattutto, per aver condiviso con noi e i nostri lettori la sua personale opinione da cittadina.
Intervista a cura di Giulia Staggini