Se questo è terrorismo, che cos’è la violenza occidentale nel mondo?
Due uomini ieri (22 maggio n.d.r) si sono macchiati di un orribile atto di violenza per le strade di Londra, utilizzando quello che sembrava essere un coltello da macellaio per ferire a morte un soldato britannico. L’omicidio è stato rivendicato al grido “Allahu Akbar” da parte degli assalitori che hanno anche mostrato un video in cui uno dei due uomini fa riferimento all’Islam e al desiderio di vendicare e di fermare la continua violenza del Regno Unito contro i musulmani. Gli organi di stampa (incluso il “The Guardian”) e i politici britannici hanno immediatamente descritto l’aggressione come “terrorismo”. Che questo sia stato un atto barbarico e orrendo è evidente, ma considerato il significato giuridico, militare, culturale e politico del termine “terrorismo” è di fondamentale importanza chiedersi: questa parola può davvero essere appropriata per questo atto di violenza?
Per cominciare, molti sostengono che per definire un atto di violenza “terrorismo”, questo debba avere come obiettivo deliberato la popolazione civile. Si tratta della definizione più comune utilizzata da coloro che vogliono distinguere la violenza esercitata dalle nazioni occidentali da quella dei “terroristi”: certo, talvolta uccidiamo civili, ma non deliberatamente, come invece fanno i “terroristi”.
Ma qui, proprio come per la sparatoria di Nidal Hasan nella base militare di Fort Hood, la vittima della violenza è un soldato di una nazione in guerra, non un civile, che si trovava nei paraggi di una caserma dell’esercito. L’assassino ha fatto capire che sapeva di aver colpito un militare, infatti ha detto: “Questo soldato britannico è occhio per occhio, dente per dente”.
Gli USA, il Regno unito e i suoi alleati hanno ucciso ripetutamente civili musulmani nell’ultimo decennio (e anche prima), ma chi difende quei governi insiste sul fatto che questo non sia “terrorismo” perché sono i militari, e non i civili, ad essere gli obiettivi. Come si spiega il fatto che quando le nazioni occidentali continuano ad ammazzare civili musulmani, questo non sia “terrorismo”, che improvvisamente diventa tale quando sono i musulmani a uccidere soldati occidentali? Sorprendentemente, gli Stati Uniti d’America continuano a tenere imprigionate, a Guantanamo e altrove, persone sospette di “terrorismo”, che sono accusate solamente di aver compiuto atti di violenza contro i soldati americani che hanno invaso il loro paese.
È vero che il soldato che è stato ucciso il 22 maggio non era in uniforme e non era impegnato in uno scontro diretto al momento in cui è stato attaccato, ma lo stesso vale per la stragrande maggioranza delle uccisioni perpetrate dagli Stati Uniti e dai suoi alleati nel corso dell’ultimo decennio, in cui le persone vengono uccise nelle loro case, nelle loro auto, al lavoro, quando dormono (in effetti, gli Stati Uniti hanno deciso utilizzare la parola “militante” per definire “qualsiasi maschio in età militare in una zona da colpire”). Infatti, in una recente audizione del Senate Armed Services Committee sulle uccisioni con i droni, il generale James Cartwright e il senatore Lindsey Graham hanno convenuto entrambi che gli Stati Uniti hanno il diritto di uccidere i propri nemici anche mentre sono “addormentati“, senza “doverli svegliare prima di sparare su di loro” per “rendere ciò un combattimento leale”.
Una volta che si dichiara che il “mondo intero è un campo di battaglia” (che include Londra) e si da il via libera – come gli Stati Uniti hanno fatto – all’uccisione di ogni “combattente” (definito nel modo più ampio possibile), allora come può l’assassinio, anche se orribile, di un soldato di una nazione impegnata in quella guerra, essere definito “terrorismo”?
Quando ho chiesto su Twitter quali attributi specifici di questo attacco lo hanno reso “terrorismo”, dato che si trattava di un soldato che è stato ucciso, la risposta più frequente che ho ricevuto è stata che con “terrorismo” si intende qualsiasi atto di violenza volto ad ottenere un cambiamento politico, o più specificamente, per indurre un popolazione civile a cambiare il proprio governo o le sue politiche, per allontanare la paura della violenza. Perché, come abbiamo visto, uno degli aggressori ha affermato che “le uniche ragioni per cui abbiamo ucciso quest’uomo è perché i musulmani stanno morendo tutti i giorni” e ha avvisato: “voi gente non sarete mai al sicuro. Cacciate il vostro governo”, l’intento della violenza era quella di indurre il cambiamento politico, creando così “terrorismo”. Almeno questa è una definizione coerente.
Ma allora non dovrebbe comprendere anche la maggior parte delle azioni intraprese dagli USA e dai suoi alleati in quest’ultima decade? Che cos’è stato l’attacco di “dominio rapido” su Baghdad se non una campagna militare con una imponente dimostrazione di violenza per intimidire la popolazione, affinché smettesse di sostenere il regime di Saddam e si sottomettesse agli eserciti invasori? Questo era lo scopo principale e anche dichiarato.
Questa definizione, inoltre, include i massicci bombardamenti arerei sulle città della Germania durante la Seconda Guerra Mondiale. Potrebbe comprendere anche le milizie macella-civili centroamericane sostenute, anche economicamente, e armate dall’amministrazione Reagan per tutti gli anni Ottanta, le squadre della morte del Bangladesh addestrate e finanziate dal Regno Unito e innumerevoli altri gruppi, sostenuti dall’Occidente, che usavano violenza contro i civili per perseguire finalità politiche. Gli attacchi in corso dei droni americani, poi, hanno avuto indubbiamente effetto, e si potrebbe ragionevolmente affermare che lo scopo è quello di terrorizzare le popolazioni locali, per evitare che proteggano o fiancheggino quelli che l’Occidente ritiene essere nemici.
Le sanzioni brutali imposte dall’Occidente all’Iraq e all’Iran hanno chiaramente lo scopo di terrorizzare la popolazione per far cambiare le scelte politiche del governo e persino il governo stesso. Come è possibile elaborare una definizione di “terrorismo” che includa l’uccisione del soldato britannico di mercoledì scorso senza comprendere anche i molti atti di violenza causati dagli USA e dal Regno Unito con i suoi alleati? È possibile farlo?
So che qualcuno farà finta di non ascoltare questa precisazione importantissima, ma questa discussione non ha nulla a che vedere con il giustificazionismo. Un atto può essere vile, malvagio e privo di giustificazione, senza per forza essere definito “terrorismo”: a dire il vero, la maggior parte delle peggiori atrocità del XX secolo, dall’Olocausto alle stragi indiscriminate di Stalin e Pol Pot e le uccisioni di vite umane su larga scala in Vietnam, generalmente non sono descritte come “terrorismo”. Domandarsi se qualcosa può essere qualificato come “terrorismo” non equivale neppure lontanamente a giustificare o a mitigare l’accaduto. Questo dovrebbe essere scontato, ma so che non è così.
Il motivo per cui è così importante porsi questo interrogativo è che ci sono alcuni termini – se ci sono – che hanno un forte impatto politico, culturale ed emotivo come quello che scatena la parola “terrorismo”. Quando si tratta di azioni dei governi occidentali è un termine che blocca qualsiasi conversazione, in grado di giustificare praticamente qualsiasi cosa vogliano fare i governi. È una parola che viene spesa per innescare guerre, per impegnarsi in azioni militari prolungate nel tempo, per mandare la gente in galera per decenni o per tutta la vita, per condannare i sospetti a esecuzioni senza processi, per nascondere le azioni governative dietro un muro di segretezza, e per plasmare all’istante gli umori del pubblico in tutto il mondo. È importante capire qual è la definizione di questa parola e se è logica e coerente. È molto importante.
Un’ampia documentazione di studi critici dimostra che il termine non ha un significato molto definito né è utilizzato in modo coerente (si veda la penultima sezione qui, e la mia intervista a Remi Brulin qui). È assai difficile sfuggire alla conclusione che, operativamente, a questo punto il termine non abbia alcuna vera definizione, al di là della “violenza esercitata da musulmani per vendicare la violenza occidentale verso i musulmani”. Quando i servizi giornalistici hanno iniziato a dire che “ci sono indizi che farebbero pensare a un atto terroristico” è evidente che quello che intendevano dire realmente era: “ci sono indizi che i responsabili siano stati dei musulmani mossi da rivendicazioni politiche contro l’Occidente” (all’inizio di questo mese un anziano musulmano britannico è stato pugnalato a morte per motivazioni di odio anti-islamico e nessuno ha definito ciò “terrorismo”). Messa in un altro modo, questa parola sembrerebbe avere la sola funzione di legittimare legalmente e in modo propagandistico la violenza delle nazioni occidentali contro i musulmani e al contempo quella di delegittimare qualsiasi violenza di ritorno fatta contro quegli stati.
Un ultimo punto: dopo gli attacchi della Maratona di Boston, ho documentato che gli autori di quasi tutti i recenti attacchi “terroristici” contro l’Occidente, tentati o portati a compimento, hanno indicato come motivazione la violenza continua da parte degli stati occidentali contro i civili musulmani. Senza dubbio l’Islam ha un ruolo importante nel rendere questi individui disposti a combattere e a morire per quella che viene percepita come una giusta causa (proprio come il cristianesimo, l’ebraismo, il buddismo e il nazionalismo portano alcune persone ad essere disposti a combattere e morire per la loro causa). Ma le motivazioni di questi attacchi sono meramente politiche: in particolare, la convinzione che impegnarsi in atti di violenza contro le nazioni occidentali sia l’unico modo per scoraggiare e/o per vendicare la violenza occidentale che uccide civili musulmani.
Si aggiunga l’uccisione a coltellate del soldato di Londra a quella lista che continua ad allungarsi. Uno dei due autori ha affermato che “l’unica ragione per cui abbiamo ucciso quest’uomo è perché i musulmani stanno morendo ogni giorno” e “ci dispiace che le donne hanno dovuto assistere a questa scena, ma nelle nostre terre le nostre donne devono assistere alle stesse scene”. Non mi stanco di dire che mettere in evidenza queste cose non significa affatto giustificare gli atti. Ma questo dovrebbe renderlo tutt’altro che sorprendente.
Su Twitter Michael Moore ha riassunto con sarcasmo la reazione occidentale all’assassinio di Londra in questo modo: “Sono indignato del fatto che non si possa uccidere della gente in altre nazioni senza che essa tenti di uccidere noi!”
La natura umana non ti permette di acclamare il tuo governo quando esporta violenza in svariati paesi del mondo e poi di essere completamente immune da quello che quella violenza restituisce.
LE AMMISSIONI DEI DRONI
Una notizia attinente a tutto questo è che Mercoledì il governo USA ha ammesso per la prima volta quello che tutti sapevano da sempre: che quattro cittadini americani musulmani, compreso un ragazzino nato negli USA che tutti riconoscono completamente innocente, sono stati uccisi con i droni durante la presidenza Obama. Come ha osservato a riguardo Jeremy Scahill – il cui film “Dirty Wars” di prossima uscita indaga le uccisioni americane, sotto copertura, indirizzate contro i musulmani – questo “lascia totalmente inspiegabile perché gli Stati Uniti abbiano ucciso così tanti cittadini non-americani innocenti nelle incursioni in Pakistan e nello Yemen”. Per approfondire, vi prego di visionare il trailer di “Dirty Wars”, di cui vi avevo parlato qualche settimana fa qui
di Glenn Greenwald
Traduzione a cura di Piotr Zygulski
Fonte: The Guardian
23 maggio 2013
AGGIORNAMENTO
Sul Guardian uscito il giorno dopo l’attentato, l’ex soldato britannico Joe Glenton, che ha prestato servizio nella guerra in Afghanistan, titola il suo articolo: “Attacco di Woolwich: sicuramente la politica estera britannica ha avuto un ruolo”, dove spiega:
“Se nulla può giustificare l’uccisione selvaggia ieri a Woolwich di un uomo, dal momento che è stato confermato che la vittima era un soldato britannico in servizio, non dovrebbe essere difficile spiegare perché è avvenuto l’omicidio … Ormai dovrebbe essere palese che, attaccando i musulmani all’estero, occasionalmente si possono avere delle ritorsioni e, come abbiamo visto ieri, persino odio omicida in casa. Dobbiamo riconoscere che, dato il ruolo prolungato che il nostro governo ha scelto di giocare nel progetto imperiale degli Stati Uniti d’America in Medio Oriente, siamo fortunati che questi attacchi siano così pochi e sporadici.”
Questo è un punto talmente ovvio che non penso debba essere ripetuto.