Suffragette, recensione e trama del film che racconta le donne che non si sono mai arrese

Pubblicato il 4 Mar 2016 - 11:55am di Francesco Salvetti

Il movimento delle Suffragette sbarca sul grande schermo, un film che rappresenta una storia contemporanea, mai come oggi, sul riconoscimento di diritti minimi alle persone.

Trama e trailer del film “Suffragette”

Maud Watts, ventiquattrenne operaia, lavora in una umida lavanderia nel cuore di Londra. È l’ inizio del ‘900 ed Emmeline Pankhurst, leader del movimento a difesa dei diritti delle donne, continua senza sosta a guidare le sue “Suffragette” verso il riconoscimento del diritto di voto che fino a quel momento era riservato ai soli uomini. La conoscenza di questo movimento è inevitabile per la giovane Maud, che si renderà conto di quanto sia giusto ciò per cui lottano, ma soprattutto che il suo contributo, come quello di ogni donna, è necessario per la riuscita della causa.

Suffragette, la recensione

Bim Distribuzione e Cinema Srl, dopo averlo presentato al Torino Film Festival e al Festival del Cinema di Londra, portano in Italia “Suffragette” di Sarah Gavron. Film che arriva in Italia in un momento storico molto importante, caratterizzato da dibattiti che vertono fortemente sulle Unioni Civili, con relativa suddivisione tra i sostenitori al riconoscimento dell’amore in tutte le sue forme e chi invece rivendica il concetto di famiglia classica con un padre uomo e una madre donna. Accantonando per un attimo il pensiero di ognuno di noi, è indubbio che queste persone abbiano bisogno di capire se possono o non possono stare insieme, o avere figli.

I diritti civili, come quelli di cui si discute in Italia, sono l’insieme delle libertà e delle prerogative garantite alle persone fisiche. In Europa, tra le prime a lottare per i propri diritti, ci furono proprio le donne inglesi che per almeno cinquanta anni lottarono per ottenere il diritto di voto.

Questo film racconta una grande storia di donne, portata sul grande schermo grazie al lavoro di una sceneggiatrice abile a scrivere di grandi figure femminili: Abi Morgan. Così, dopo “The Iron Lady” e “The Invisible Woman”, Abi Morgan colma quel vuoto narrativo, scrivendo una sceneggiatura non troppo complessa ma che riesce a trasmettere la potenza del messaggio, attorno alla figura di Emmeline Pankhurst e di tutte quelle donne che hanno lottato a fianco a lei.

Se in fase di scrittura la Morgan abbia ridotto al minimo indispensabile i dibattiti e i lunghi sermoni sul perché si debba lottare è per lasciare spazio al talento di Sarah Gavron, permettendole una regia che sostituisce questa mancanza grazie a continue inquadrature del volto della protagonista Carey Muligan, dando una diversa chiave di lettura del “coinvolgimento del pubblico”.

Per il cast artistico le scelte sono state curate minuziosamente. C’è Carey Muligan nel ruolo della protagonista, attrice di quasi 31 anni sulla carta d’identità che interpreta una ventiquattrenne operaia molto espressiva. Helena Boham Carther, storica moglie di Tim Burton, è l’attrice non protagonista che sfrutta in pieno la forza espressa dal suo volto. Brendan Gleesson il cattivo, l’ispettore di polizia che deve incastrare le rivoltose, di lui colpisce il fatto che riesca a dare credibilità ad ogni ruolo mostrando sempre lo stesso look. Infine c’è lei, Meryl Streep: sebbene abbia a disposizione soli sette minuti di scena, riesce con il suo sorriso e la grande dote che ci regala in ogni film a ricordarci: “Never surrender. Never give up the fight”.

Info sull'Autore

Laureando in Ingegneria Gestionale presso l'università di Tor Vergata, da sempre appassionato di cinema e inviato per eventi cinematografici per Corretta Informazione.

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