Recensione Zeta, al cinema il primo film italiano sul rap

Pubblicato il 30 Apr 2016 - 11:49am di Francesca Sirignano

Dopo una ventennale carriera da regista di videoclip musicali, Cosimo Alemà esordisce alla regia cinematografica portando nelle sale “Zeta“, il primo film italiano sul rap. Protagonista Alex, in arte Zeta, interpretato da Diego Germini, e i suoi due amici Gaia e Marco, interpretati rispettivamente da Irene Vetere e Jacopo Olmo Antinori. Tra di essi c’è un legame di forte amicizia, ma non solo: ben presto infatti emerge la presenza di un triangolo amoroso, causa di non pochi problemi che mineranno l’integrità del gruppo. Marco ed Alex insieme formano gli Anti, gruppo musicale sconosciuto che cerca di esordire: il primo produce la musica, mentre il secondo è il cantante del gruppo.

Marco si impegna a trovare un luogo, anche misero, in cui esibirsi per far uscire allo scoperto gli Anti. Alex non si accontenta, pretende un palco vero e sarà accontentato quando durante una serata ruberanno letteralmente il microfono e la scena a Christian Sciuva, in arte Fatt mc. Quella sarà l’occasione di Alex per farsi notare da Sante, produttore musicale, e non ci metterà molto il giovane a pensare se tuffarsi o meno nella nuova avventura che gli viene proposta e  comporterà grandi conseguenze. Così lo vediamo trasformarsi in Zeta, iniziare la scalata verso il successo e pagarne il prezzo interamente. La confusione amorosa di Gaia ben presto lo porterà lontano dai due e Marco, ritrovatosi solo, intraprenderà una pericolosa e malsana strada nella speranza di realizzare il suo sogno.

Recensione del film Zeta, un insieme tra cinema e musica

Cosimo Alemà ha dichiarato il suo intento, nella realizzazione di questo film, di coniugare cinema e musica. Per quanto riguarda il primo punto, la sua attuazione, ben la si può notare nelle contorte dinamiche di amicizia, amore e ambizione che si intrecciano nel film, tutte sullo sfondo della periferia romana, la quale non ha volutamente nessun elemento che la possa rendere riconoscibile così da essere universalmente adattabile a qualsiasi città. Quello che veramente conta è la vita in questa periferia prolifera, malfamata, fatta di ragazzini che per poter inseguire un sogno si vendono allo spaccio, mettendo a rischio la loro vita nella speranza di renderla migliore. È proprio esplorando questi luoghi, a detta del regista, che una grande quantità di realtà va a finire nel film, verso il quale la gente che li abita ha dimostrato grande partecipazione e entusiasmo.

Marco e Gaia incarnano sicuramente la parte cinematografica del film: il primo è la figura per eccellenza dedita al sentimento dell’amicizia, si fosse trovato al posto di Alex probabilmente c’è da pensare che avrebbe fatto una scelta diversa. La delusione scaturita dal “tradimento” dell’amico, per averlo abbandonato nel loro progetto musicale, lo rende un elemento di catarsi e di riflessione nel corso del film, regalando con la spettacolare interpretazione di Jacopo Olmo Antinori quella vena malinconica che arricchisce tutto il complesso.

Gaia è la ragazza di Marco, per la quale la situazione fra i tre, amici da una vita, si complica. La ragazza, infatti, si innamora di Alex dopo che tra i due scappa un bacio per qualche bevuta di troppo. È vero che certe cose succedono, a volte anche involontariamente, ma c’è da chiedersi se la ragazza avesse fatto un passo indietro, dopo quell’avvenimento, e non avesse forzato la mano sui sentimenti di Alex, il quale fedele all’amico Marco l’ha invece sempre allontanata andando contro quello che provava, il giovane avrebbe avuto forse un motivo in meno per allontanarsi dai due e continuare con gli Anti? L’interrogativo rimane aperto, in quanto nel film, come nella vita, le cose vanno come devono andare e questi atteggiamenti sono stati sicuramente necessari al fine dello scioglimento del film.

Il rap

Il secondo punto, quello della musica, è ovviamente rappresentato dal rap, un genere musicale spesso definito generazionale e affiancato alla figura dei giovani, ma che ormai si può dire essere diffuso anche in fasce più adulte. Sicuramente è un tipo di musica non per tutti, ma per quella cerchia, nemmeno tanto ristretta, che usa la musica per comunicare un qualcosa, la maggior parte delle volte se stessi e la propria storia. È questo che fanno i rapper, è questo che vuole fare Zeta ed è per questo motivo che quando gli si presenta l’occasione di “commercializzarsi” e moltiplicare i guadagni, mischiando la sua musica ad una versione pop più orecchiabile e passabile in radio, egli non è soddisfatto, non si piace forse perché quello che ha dovuto sacrificare per arrivare a quel punto vale molto di più di tutti i soldi ed il successo del mondo, vale quello che ha dentro e che vuole esprimere con la sua musica.

Il film ha visto la partecipazione di molte icone di questo genere musicale: Fedez, J-Ax, Salmo, Clementino, Ensi, Briga, Baby K, Lowlow, Tormento, Rancore, Shade, Noyz Narcos, Shablo, Metal Carter, Rocco Hunt. Ognuno, chi più e chi meno, ha contribuito alla realizzazione di questo film portando un po’ di sé e guidando il giovane protagonista nel cuore di questa musica. Salvatore Esposito, altra figura di spicco nel cast del film, ricordato come Genny Savastano della serie televisiva Gomorra, dopo quest’ultima ha rifiutato molte proposte e ha trovato proprio in Zeta la sfida giusta da affrontare essendo un grande fan del rap napoletano ed americano, in particolare di Eminem.

“Il tempo delle mele del 2016”

Quando al regista viene chiesto se si è ispirato a qualche film, magari americano sul rap, nella realizzazione di Zeta, con sorpresa la sua risposta ci lascia un po’ spiazzati quando questa è “Il tempo delle mele“. Sì, proprio Il tempo delle mele del 2016: il regista non è ironico nel rispondere, egli ha sempre pensato a questo film mentre girava Zeta. Se negli anni ’80 la moda era quella delle feste in casa egli ha voluto raccontare la moda di oggi, dei ragazzi che nell’era della tecnologia e delle cuffie nelle orecchie che li isolano dal resto del mondo, si raccontano e comunicano a vicenda tramite le lunghe strofe del rap, musica piena di concetti, come hanno affermato anche Baby K e Rancore durante la conferenza stampa sul film che li ha visti ospiti.

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